Ci sono alcune cose che non tornano nelle parole con cui i renziani e i dem in generale difendono il maxi emendamento con cui Matteo Renzi si appresta a riscrivere la legge Cirinnà

Ci sono alcune cose che non tornano nelle parole con cui i renziani e i dem in generale difendono il maxi emendamento con cui Matteo Renzi si appresta a riscrivere la legge Cirinnà, stralciando la stepchild adoption che – è sempre bene ricordare in premessa – è l’adozione del figlio biologico o adottivo del partner e non la vera e propria adozione, che sarebbe rimasta comunque privilegio di coppie e sposi eterosessuali.

Ciò che dicono in sostanza dal Pd (dove per mesi hanno assicurato che la stepchild sarebbe rimasta, in quanto fondamentale per la legge), lo sintetizza perfettamente Mario Lavia nel suo pezzo su l’Unita: «Meglio meno ma meglio, come diceva Lenin». È questo il succo di quando scrive anche la senatrice Francesca Puglisi (già bersaniana, poi renzianissima): «Mi ha convinto nel ritrarci dalla battaglia parlamentare», dice, «il timore di azzardare, di peggiorare la situazione delle famiglie arcobaleno se solo uno dei tanti emendamenti pessimi presentati fosse passato nel voto segreto».

Hanno fatto propria, insomma, Puglisi e colleghi una preoccupazione che si è fatta strada in effetti anche del movimento Lgbt, nelle ultime ore: siccome i tribunali già stanno riconoscendo la stepchild a colpi di sentenze, approfittando del vuoto normativo, una legge che fosse più restrittiva di quanto già riconoscono i giudici (in alcuni casi non è neanche la sola adozione speciale, tipica della stepchild, ma quella piena) avrebbe spinto o obbligato i giudici a cambiare direzione. Anche quelli della Cassazione che devono esprimersi proprio nei prossimi giorni su un caso di una coppia rientrata dagli States con un figlio. Pensate – dicono dal Pd e non solo – a cosa sarebbe successo se il parlamento avesse approvato uno degli emendamenti sulla gestazione per altri che si proponevano di punire fino a togliere i minori a chi fosse ricorso all’«utero in affitto» anche nei Paesi in cui è perfettamente legale.

Ho risposto ad un post di Dario Ballini D’Amato e con lui rispondo a chi mi sta scrivendo la propria delusione per lo…

Pubblicato da Francesca Puglisi su Lunedì 22 febbraio 2016

E detta così la preoccupazione è sensata. Il punto è che in Parlamento i numeri, sulla carta, se il Pd avesse tenuto fermo il suo gruppo, ci sarebbero stati per fare una legge senza mortificazioni di sorta (senza ulteriori mortificazioni, visto che come abbiamo detto all’inizio, la stessa stepchild è un compromesso rispetto alle adozioni, e le stesse unioni sono un compromesso ipocrita rispetto al matrimonio egualitario).

Lo spiega bene Roberta Carlini, condirettrice di Pagina99. Che scrive: «È vero che se il M5S avesse tenuto fede alle sue promesse, la legge sarebbe potuta passare rapidamente e senza modifiche, anche senza i voti dell’Ncd e di quella parte degli stessi democratici contrari alla parificazione delle coppie gay a quelle etero nella possibilità di adottare il figlio del partner. Però, anche dopo il voltafaccia dei grillini (motivato su basi di tecnica parlamentare, non nel merito), si poteva andare al voto articolo per articolo, emendamento per emendamento, e giocarsi la partita punto su punto». Troppo rischioso? Però funziona così: «Ciascuno in parlamento si sarebbe preso la responsabilità di quel che votava, e di qua, nel mondo fuori, avremmo saputo chi ringraziare, o incolpare, per il proprio voto o il proprio ostruzionismo».

Quello che omette la difesa dei dem, dunque, e che omette Matteo Renzi è che è il Pd che non ha voluto (con la vittoria del fronte cattodem) la stepchild. Così come è il Pd che avrebbe voluto la temutissima stretta sull’«utero in affitto». È stato Matteo Renzi a dire che lo avrebbe voluto rendere «reato universale». È stata Anna Finocchiaro ha presentare una mozione in questo senso. Non i 5 stelle, non Alfano da solo. Se il Pd avesse imposto al suo gruppo la disciplina chiesta su altri volti sensibili (sono veramente più “etici” i voti sulle unioni del voto sull’articolo 18 o sulla riforma costituzionale?), tutto sarebbe andato per il meglio, o tutto comunque sarebbe andato come il Parlamento avrebbe deciso. E poi gli elettori avrebbero potuto regolarsi per i loro prossimi voti. Cosa che invece la mossa del Pd rende difficile: la legge più conservatrice d’Europa porterà la loro firma, ma diranno che è colpa degli altri.