Le persone che dichiarano di non frequentare mai luoghi di culto sono passate dal 17,2 al 21,4%. Ma c'è un altro dato interessante da sottolineare: che non sono solo i ventenni italiani a perdere la fede, ma anzi - rispetto al 2006 - oggi sono anche le persone tra i 55 e i 59 anni a disertare i luoghi di culto, che hanno perso il 30% di fedeli all'interno di quella fascia di età.

Non è più solo il prezioso rapporto sulla secolarizzazione in Italia redatto da Critica liberale a documentare, di anno in anno, la progressiva disaffezione degli italiani verso la religione cattolica e i suoi riti.  Comincia ad essere una realtà ben presente anche nelle ricerche del Censis, dell’Istat e di altri istituti di indagine. In particolare la progressiva secolarizzazione del Bel Paese emerge in modo lampante da una ricerca Istat (diffusa dal quotidiano La Stampa). Questo in sintesi: mentre dieci anni fa una persona su tre ( il 33,4%) dichiarava di frequentare luoghi di culto almeno una volta alla settimana, la percentuale oggi è scesa al 29%.  Le persone che dichiarano di non frequentare mai luoghi di culto sono passate dal 17,2 al 21,4%. Ma c’è un altro dato interessante da sottolineare: che non sono solo i ventenni italiani a perdere la fede, ma anzi  – rispetto al 2006 – oggi sono anche le persone tra i 55 e i 59 anni a disertare i luoghi di culto, che  hanno perso il 30% di fedeli all’interno di quella fascia di età. Ma anche fra i 60-64enni  si registra un calo pare al 25%.

Nonostante tutto questo. O forse proprio per questo, ovvero perché la Chiesa sta perdendo rapidamente terreno in Italia, l’offensiva vaticana si fa più massiccia in tv. Anche sulle reti pubbliche italiane, complice un servizio pubblico genuflesso.  Basti dire che – come documenta il V rapporto sulle confessioni religiose e tv redatto da Critica Liberale (con la collaborazione di una agenzia che ha fatto un lavoro scientifico analizzando 7 tv lungo tutto l’anno) – le trasmissioni dedicate ad argomenti religiosi hanno subito un incremento da 355 a 380 ore. Appuntamenti fissi  continuano ad essere trasmissioni settimanali di taglio agiografico fin dal titolo: “A sua immagine”, “Sulla via di Damasco”, “Le frontiere dello spirito”. Senza contare che la tv pubblica  fa a gara con quella privata in Italia per trasmettere l’Angelus, messe di Natale e non solo.

Di tutte le trasmissioni a tema religioso prese in esame dalla studiosa Valeria Ferro nell’ultimo anno emerge che « l’11,5%  ha analizzato la figura di Papa Francesco e solo l’1,7% (pari ad un’ora nell’anno) ha trattato le vicende relative agli scan­dali vaticani, dai casi di pedofilia e agli illeciti finanziari». I soggetti confessio­nali invitati in tv «hanno privilegiato i temi legati alle questioni religiose (25%), alla figura del Papa (17%) e per il 12,5% si sono occupati di miracoli».  Paghiamo il canone anche per vedere «trasmissioni che spesso si occupano di fenomeni straordinari legati alla fede cattolica, raccontando – sottolinea Valeria Ferro –  di guarigioni inspiega­bili, di apparizioni e di altri eventi prodigiosi, come fa, ad esempio, “Storie vere”, a dispetto del titolo!».  Il problema dunque non sono solo le fiction che raccontano i santi o le serie tv in stile Don Matteo che in un anno sono raddoppiate (da 311 a 603) sulle reti generaliste, ma anche i programmi di intrattenimento che si spacciano per programmi di informazione. Un esempio per tutti per quanto riguarda la Rai:  Porta a Porta. Il programma di Bruno Vespa su Raiuno ha aumentato consi­derevolmente le puntate in cui si è oc­cupata di questioni religiose. «Si è pas­sati, infatti dalle 13 del 2012­ 13 e le 15 della scorsa stagione alle 34 dell’anno in esame», rileva Ferro nel saggio che  apre l’ampio dossier annuale pubblicato dal trimetrale Critica Liberale diretto da Enzo Marzo «Ai temi religiosi sono state dedicate 11 ore e mezza nel 2012­ 13, 7 ore lo scorso anno e 15 ore e 40 minuti nell’ultima stagione. I soggetti confes­sionali ospitati nel salotto buono di Raiuno sono stati 142 nel 2012­ 13, 67 durante la scorsa stagione».

Insomma la stagione televisiva 2014­ 2015 ha confermato la centralità della reli­ gione cattolica sia nei programmi di informazione sia in quelli di fiction. «Un elemento nuovo, rispetto alle sta­gioni precedenti, è costituito dalla maggiore presenza di soggetti confes­sionali e di temi legati all’Islam nelle trasmissioni di approfondimento», ma fa notare Valeria Ferro, soprattutto « nel contesto di terrorismo e di crisi internazionali».  E se da una parte  l’Islam viene criminalizzato collegandolo tout court al terrorismo, dall’altra le tv pubbliche si fanno megafono delle campagne di propoaganda cattolica messe in atto dal Vaticano di papa Francesco, omettendo di dire che il Giubileo è stato un totale flop.

« I dati contenuti in questo quinto rapporto sono veramenta scandalosi e mostrano quanti programmi di propaganda cattolica ci siano in Tv in Italia», ha denunciato Enzo Marzo direttore di Critica liberale e componente della società Pannunzio per la libertà di informazione presentando la ricerca alla Camera.«Quello che noto è che più aumenta la secolarizzazione,  più aumenta l’invasione mediatica del Vaticano che condiziona il mondo politico italiano. L’ insipienza e incapacità politica del mondo non clericale nel reagire mi pare però altrettanto evidente. Le vittime dovrebbero rispondere. Dobbiamo assolutamente cercare di fermare questa deriva».

« Bene ha fatto la Uaar a fare un esposto all’Agcom sulla base di questi dati; i cittadini devono cominciare a organizzarsi, visto che manca la volontà politica di intervenire. Bisogna cominciare a fare dei ricorsi- ha detto Andrea Maestri di Sel -. Ciò che emerge da questo quadro è che vengono violati i principi della pluralità e il principio della laicità dello Stato, che è un cardine. La laicità dello Stato è un principio ribadito di recente anche da una bella sentenza del Tar di Bologna quando ha invalidato  l’autorizzazione alla benedizione pasquale di aule scolastiche. Dobbiamo farci sentire come cittadini per far valere questi principi e diritti fondamentali».

@simonamaggiorel