Undici Stati al voto, nel partito repubblicano è una guerra totale di tutti contro tutti. Riuscirà Rubio ad emergere come l'anti Trump? In campo democratico toni pacati e lavoro delle campagne: Clinton ha un vantaggio enorme nel Sud, dove gli afroamericani sono la maggioranza dell'elettorato democratico. Sanders spera in alcuni Stati chiave

Ci siamo, oppure no. È il SuperTuesday, gli americani, repubblicani e democratici vanno a votare per scegliere il loro candidato in undici Stati. Normalmente chi esce in testa dal test del SuperMartedì è il nominato del suo partito. Probabilmente andrà così anche stavolta, ma di certo la guerra interna al partito repubblicano e la corsa democratica (che la seconda è più pacata della prima) non finiranno domani.

democratici

I numeri

Ad oggi nella corsa democratica sono stati assegnati 156 delegati, oggi se ne assegnano 859, in tutto marzo 2123, poi, fino a giugno, altri 1600 circa. Per la nomination ne servono 2383.

In campo repubblicano ne sono stati assegnati 133 e oggi se ne assegnano 595. Per la nomination ne servono 1237.

Sanders ha buone possibilità di riuscita in Colorado, Massachusetts, Minnesota, Oklahoma e nel suo Vermont (300 delegati in totale). Clinton ha un vantaggio grande nei sei Stati del Sud, dove l’elettorato afroamericano pesa molto: Alabama, Arkansas, Georgia, Tennessee, Texas e Virginia. Se dovesse ottenere risultati simili a quelli della South Carolina, dove il distacco rifilato a Bernie è stato di 45 punti, avrebbe un vantaggio enorme: difficilmente Bernie sarà così avanti negli Stati dove è più forte lui. Ma certo il senatore del Vermont potrebbe guadagnare più voti tra i latinos e i neri in Texas e Virginia. In sintesi: Hillary uscirà più forte, ma se Sanders ottenesse qualche risultato a sorpresa la corsa continuerebbe ad avere un candidato probabile vincitore ma resterebbe interessante.

In questi giorni è stato interessante osservare chi visitava quale Stato: ce ne sono con molti delegati in palio e altri con meno, i candidati devono ragionare su ipotesi diverse: cercare di coltivare il popolo che hanno, anche se sono meno i delegati in ballo o cercare di avanzare come in posti come in Texas?

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Quanto vantaggio manterrà Donald Trump?

Le polemiche recenti su un retweet che citava Mussolini (poi cancellato) e il sostegno non rinnegato di un capo del Ku Klux Klan lo penalizzerano oppure, come capitato fino a oggi, non cambieranno nulla nella sua corsa? In questi ultimi giorni per TheDonald sono arrivati alcuni appoggi molto pesanti (il governatore del New Jersey Chris Christie, molto criticato anche da suoi sostenitori importanti, un senatore dell’Arizona fieramente anti immigrazione, un governatore in pensione) ma anche alcune prese di distanze che lo rendono un candidato potenzialmente debole contro i democratici. Il senatore Sasse del Nebraska ha detto che se trump fosse il nominee, il nominato, lui si darà da fare per cercare un altro candidato, l’ex senatore Coleman lo ha definito “ineleggibile” e Marco Rubio, suo avversario, lo ha attaccato – ricambiato – con parole di tono trumpiano: “si bagna il pannolino”, “si mette lo spray abbronzante” “ha le mani piccole e non ci si può fidare di quelli con le mani piccole”. Comunque vada per i repubblicani sarà un bagno di sangue destinato a durare fino alla convention.

Rubio o Cruz: chi arriva secondo?

Continuano ad ottenere percentuali simili (e quindi ad annullarsi a vicenda) oppure uno dei due riesce finalmente a diventare l’alternativa di partito a Trump? Se il ruolo toccasse a Cruz, in fondo, sarebbe un guaio simile a Trump per il Grand Old Party: il senatore del Texas è troppo conservatore. Se invece Rubio uscisse molto bene dal SuperTuesday, potrebbe provare a incalzare Trump: dietro di lui pioverebbero i milioni di quei miliardari preoccupati dall’ipotesi di una candidatura Trump. Non sarebbero pochi. A oggi, nei sondaggi nazionali, TheDonald è avanti di 25 punti e ha radunato circa 25mila persone a un comizio in Alabama (sono tante). Gli inseguitori sono appaiati attorno ai 20 punti. Per Rubio e Cruz è cruciale vincere negli Stati di appartenenza, non è detto sia facile. Oggi tocca a Cruz, la Florida di Rubio vota il 15 marzo. Poi ci sono John Kasich e Ben Carson, che se domani si ritireranno come probabile, favoriranno Rubio, il primo, e Cruz, il secondo.

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 Da sapere: contano i delegati, non le percentuali

i numeri contano più delle percentuali. Alle convention si vince eleggendo delegati. E siccome ogni Stato ha le sue regole, l’importante non è solo vincere, ma anche, a seconda del luogo, ottenere una percentuale importante, arrivare secondi, eccetera. Ci sono Stati che distribuiscono i delegati solo ai candidati che superano una certa soglia percentuale, altri che usano il proporzionale, altri ancora che usano la seconda scelta per attribuire i delegati di quei candidati che non hanno superato una soglia (se sei sotto il 10% vieni escluso e per i voti che ai preso si contano le seconde scelte fatte dagli elettori). Infine, dopo marzo, le primarie repubblicane assegnano i delegati con il metodo winner takes it all: il primo dello Stato prende tutto. Questo rende le cose più complicate perché in teoria, se qualcuno uscisse molto forte da marzo ma arrivasse secondo ovunque da aprile in poi, il suo avversario potrebbe anche raggiungerlo.donkey-elephant