Il premier uscente vince ma perde molti consensi. Crescono le forze di destra ed entrano per la prima volta in Parlamento gli estremisti nazionalisti di Nostra Slovacchia

Gli slovacchi hanno votato. E hanno scelto Robert Fico, il premier anche detto “l’Orbán slovacco” (pochi giorni fa, su Left.it, abbiamo delineato un breve profilo del leader). Anche se con quel 28,3% raggiunto dal suo Smer-Sd (molto meno del 34% annunciato dai sondaggi) il premier uscente non ha i numeri per assicurarsi il governo del Paese. Adesso l’ex comunista cecoslovacco dovrà trovarsi una maggioranza in un Parlamento pieno di forze di destra: il centrodestra del Sas (Libertà e Solidarietà), i conservatori di Oľano Nova, i nazionalisti dell’Sns e persino l’estrema destra di ĽS Naše Slovensko (Nostra Slovacchia) che con l’8% e 14 deputati entra per la prima volta nel Parlamento slovacco. Mentre il Siet di Radoslav Procházka, dato dai sondaggi come il principale competitor di Fico (con una previsione del 14,5%), si è fermato al 5,6%.

All’orizzonte si prospetta una nuova alleanza con le destre del Paese. Il che non sarebbe una novità per Fico che, per essersi alleato con la destra, nel 2006, venne sospeso dal Pse. E la (ulteriore) virata a destra della Slovacchia riguarda il gruppo di Visegrád (del quale la Slovacchia fa parte insieme a Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), che riguarda le politiche migratorie di quell’area e quindi dell’Unione. Del resto, la questione migranti è stata al centro della campagna elettorale e ha influenzato non poco il risultato slovacco, con il partito di Fico fermo sulla posizione di gestire la crisi con mezzi più severi in sintonia con il primo ministro ungherese Orbán. No alle quote obbligatorie di accoglienza dei migranti – un “sopruso dell’Unione europea”, secondo il governo slovacco, perché impone a un paese di ospitare un numero definito di migranti senza il consenso della popolazione. Poi, la questione della sicurezza nazionale al centro della propaganda di Fico che lega le migrazioni di massa al terrorismo internazionale.

Nel Paese permangono gli squilibri territoriali (con le zone nord-orientali più arretrate e meno beneficiate dagli investimenti) e la crescita economica registrata negli ultimi anni continua a non tradursi in benessere diffuso. Insomma, il disagio sociale resta. E la xenofobia lo cavalca.
Ultima nota. Smentiti i sondaggi anche per quanto riguarda la previsione di astensionismo (alle scorse elezioni europee ha raggiunto quota 87%). Questa volta, il 60% degli slovacchi si è recato alle urne.

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