I dieci anni del social media da 140 caratteri e qualche parola che non usavamo prima che il mondo venisse intasato dal rumore di fondo dei nostri post

Dovendo scegliere una parola per descrivere la vita prima del trionfo di internet e dei social media, fra tutte sceglierei: “silenzio”. Non perché il mondo fosse effettivamente silenzioso 10 o 12 anni fa, ma perché mancava il brusio costante del vociare di sottofondo dei social, la maggior parte di noi non avevano attivato un piano internet sul proprio cellulare, che dopotutto non era ancora proprio uno smartphone, non esistevano WhatsApp, Telegram &Co. Non c’era messenger e amori, relazioni e amicizie non erano costantemente minacciate dai “visualizzato alle”.

Oggi Twitter compie 10 anni, Facebook è un pochino più vecchio e ne conta 2 in più, MySpace ci ha provato, nato nel 2003 era il precursore di un’era che non ci aspettavamo, o per lo meno non ci aspettavamo così, ma che non è riuscito a vincere sulla concorrenza e che presto si è spopolato in favore della più rassicurante creatura di Zuckerberg dove postare era semplice, non potevi personalizzare il layout del tuo profilo, ma dopo tutto avere “troppa personalità” è impegnativo e non è da tutti, e soprattutto con MySpace richiedeva almeno qualche conoscenza html di base e un discreto gusto estetico.
In poco più di un decennio i social network hanno cambiato il nostro modo di vivere. E hanno imparato tutto su di noi, sulle nostre abitudini, su quello che ci piace. Ci hanno costretti a usare un linguaggio nuovo fatto di anglicismi e di termini rubati al marketing. Ecco un elenco di parole che prima del grande boom di Twitter & Co. non esistevano.

A sign displays the Twitter logo on the front of the New York Stock Exchange ahead of the company's IPO in New York, November 7, 2013. Twitter Inc could face volatile trade in its debut Thursday on the New York Stock Exchange, analysts said, but they remained enthusiastic after the money-losing social media company priced its IPO above the expected range. The microblogging network priced 70 million shares at $26 on Wednesday evening, above the targeted range of $23 to $25, which had been raised once before. The IPO values Twitter at $14.1 billion (8.8 billion pounds), with the potential to reach $14.4 billion if underwriters exercise an over-allotment option. REUTERS/Lucas Jackson (UNITED STATES - Tags: BUSINESS SCIENCE TECHNOLOGY) - RTX153RU

TT ovvero l’ossessione di essere in Trending Topic

La TT è la classifica dei 10 temi più discussi su Twitter. Essere in trending topic è il sogno di politici, adolescenti e giornalisti. E seguire l’agenda dettata dalla classifica TT è fondamentale per acquisire followers sul social da 140 caratteri.

Hashtag mania

L’Hashtag ( abbreviato in ht) è nato proprio su Twitter come strumento per definire l’argomento di discussione e la sua utilità è strettamente connessa alla definizione di una classifica TT. Presto quel cancelletto posto di fronte a una parola è diventato un vero e proprio feticcio tanto da generare una vera e propria hashtag mania con effetti più o meno svariati che hanno dato vita ad altrettanto svariate categorie umane di utenti. Per esempio ci sono i nerd qche uando parlano di un tema ht lo accompagnano con un gesto delle mani che vorrebbe riprodurre il cancelletto, gli analfabeti digitali che si sono lasciati coinvolgere ma che vivo quel # come un segno piuttosto oscuro e quindi lo usano sia all’inizio che alla fine della #parola# (che non si sa mai), oppure #attaccando#tutte#gli#hashtag#della#frase. Non mancano inoltre i creativi, quelli che gli ht li inventano #maingeneresonocosechevoiumaninonpotetecapire. Apprezziamo comunque lo sforzo. Non dimentichiamo inoltre che, come ogni feticcio che si rispetti, il # segno dimenticato della tastiera appena diventato un re dell’ortografia web è dilagato anche su maglioni e t-shirt, imperversando in programmi tv e addirittura nei titoli di qualche giornale o rivista. Che non si sa bene a cosa serva stampato da qualche parte, ma alla fine meglio metterlo perché va di moda.

Followers, quanto piaci?

In italiano seguaci, sono quelli che più o meno ricambiati, scelgono di seguirti su Twitter. Ne hai pochi? Beh non sei nessuno, ne hai tanti, tantissimi? Wow, allora sei…un influencer.

Influencer, quanto ci importa della tua opinione?

Una volta venivano definiti Opinion Leader. Sono i nuovi vip dell’era del digitale, persone comuni che con l’avvento del web 2.0 sono, più o meno misteriosamente, diventate personalità da seguire. E vista l’enorme quantità di followers che sono riusciti sono in grado, almeno sulla carta, di orientare le discussioni e di fare entrare un tema nell’ambitissima TT.

Social Media Manager, il lavoro che non c’era

I social ci hanno portato anche dei nuovi lavori, uno di questi è appunto il social media manager, amichevolmente detto dagli addetti ai lavori “social media coso”. La missione del sm manager è quella di monitorare e gestire i profili twitter e le pagine facebook dei propri clienti, sviluppare strategie social e cercare di scalare la classifica dei temi più discussi e in tendenza (in questo caso può assumere anche la definizione di Social media strategist).