Il testimone di giustizia Ignazio Cutrò anuncia che si darà fuoco perché si sente abbandonato dallo Stato. Del resto antimafiosi bisogna imparare a sembrarci, senza rischiare di denunciare qualcuno, così da ottenere tutti i benefici riuscendo a non farsi nemmeno una mezza tacca di nemico

Quindi alla fine il testimone di giustizia Ignazio Cutrò ha deciso di darsi fuoco. Oltre ad avere denunciato la mafia di Bivona (profonda Sicilia) deve lottare con un governo che riesce a fare addirittura peggio dei precedenti. Per quello che riguarda la protezione testimoni Renzi e compagnia bella (nella persona del grigio viceministro Filippo Bubbico), il cosiddetto centrocentrocentrocentrocentrosinistra riesce a fare peggio del governo di centrodestra. Del resto una Rosy Bindi come presidente della Commissione Antimafia (sfanculata da un Vincenzo De Luca, per intenderci) è la perfetta fotografia di un imbarazzo istituzionale che investe una delle squadre meno preparate degli ultimi trent’anni. Va bene così: per Renzi la mafia è al massimo una pisciata fuori dal vaso di qualcuno del M5S e anche i valorosi antimafiosi di centrosinistra, che si dicevano pronti a denunciare il proprio partito, sono rientrati nei ranghi come pecorelle quasi smarrite.

Al massimo si aggira in giro per la “società civile” (che è ormai il cassonetto dell’umido della politica) qualche politico autonominato “civile” che con far direttorio ambisce ad una fetta in commissione per non sparire nel gorgo delle bucce sbucciate da Renzi. La Commissione Antimafia finge di indagare sulla mafia nell’antimafia (che alla fine è tutta zuppa che bolle intorno al PD) mentre si dimentica della tanta antimafia non convenzionale che continua ad agire gratuitamente. Gratis. Pensa te che coglioni, in un campo in cui piovono soldi per un passaggio minimo in odore di eroismo e santità.

Così mentre i testimoni di giustizia impazziscono per l’incuria di Stato si corre tutti a celebrare Lea Garofalo, testimone di giustizia pure lei, che lo Stato aveva deciso di abbandonarlo da un pezzo, preferendo i parenti mafiosi piuttosto che una coltre di protezione pronta ad additarla come esaltata pazza piuttosto che proteggerla. Del resto antimafiosi bisogna imparare a sembrarci, senza rischiare di denunciare qualcuno, così da ottenere tutti i benefici riuscendo a non farsi nemmeno una mezza tacca di nemico.

L’antimafia trasformata in sculettamento è il gradino più basso che ci si potesse aspettare: questi si fregiano di avere inventato «l’antimafia moderata» che non rompe le scatole a nessuno, come una ciambella con un buco che non si nota, come un governo di pseudosinistra che conia azioni di destra.

Però commemorano tutti. Anche Peppino Impastato, se serve per aprire la bocca stupita di qualche classe di liceo dentro la frigidità del parlamento. Senza sapere, poveri loro, che Peppino sarebbe andato fiero a prenderli tutti a calci nel culo, questi antimafiosi paramassoni e inetti, che esibiscono un tesserino parlamentare come unico certificato di coraggio. E intanto il Paese gocciola coraggiosi che si arrendono, che alzano la mano perché non ce la fanno più: e al nucleo di protezione esultano per essere riusciti a tagliare le spese.

Tagliano il coraggio e lo chiamano guadagno. Chissà come ridono, quegli altri.

Buon giovedì.