Arresti tra gi attivisti europei che aiutano i rifugiati e li incoraggiano a rivoltarsi. Il programma di ricollocamento europeo langue e l'Italia protesta con l'Europa per la chiusura del Brennero. La crisi dei rifugiati non accenna a esaurirsi e i governi europei non sanno far altro che chiudere le frontiere sperando di non venirne coinvolti

Ci risiamo, la polizia macedone ha usato lacrimogeni contro i rifugiati che cercano di passare il confine a Idomeni per la seconda volta in tre giorni. E le autorità greche hanno fermato cinque attivisti che aiutano le persone a cercare di trovare strade per passare. Non è un bello spettacolo, quello offerto dall’Europa nell’indifferenza dei governi. L’accusa agli attivisti è quella di incoraggiare le proteste delle persone che da settimane sono ferme a Idomeni perché così facendo solleciteranno una risposta dei governi europei.

epa05256869 Refugees pull barbed wire fence during a protest demanding the opening of the borders, at the refugee camp in Idomeni, on the border between Greece and the Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM), 13 April 2016. Two Greek police squads were deployed along the fence in the buffer zone at Idomeni in an attempt to prevent refugees to reach the fence. Currently an estimate 100 refugees are scattered in the fields next to the fence. A few days earlier Macedonian police had thrown tear gas at refugees trying to tear down the fence and get into FYROM.  EPA/KOSTAS TSIRONIS

Probabile anche che, almeno i giovani maschi, si rivoltino da soli all’idea di rimanere fermi in un paesino di confine dopo essere fuggiti dalla guerra. Ma certo, ci sono anche gli attivisti, ma il problema esiste a prescindere dalle proteste o dalla rivolta sobillata da militanti pro-diritti tedeschi, britannici o di altri Paesi.
Il governo greco aveva avvertito che con la chiusura delle frontiere balcaniche e l’accordo con la Turchia, la Grecia si sarebbe trasformata in un campo profughi. Ed è questo quel che sta avvenendo: le richieste di asilo delle persone fuggite dalla Siria, che prima speravano di poter fare domanda in Germania o in altri Paesi nordici, ora vengono fatte all’interno dei confini greci. E le autorità sono travolte sia dalle domande che dalla necessità di gestire i flussi e le persone bloccate dove non vorrebbero rimanere.

Intanto l’Italia protesta con l’Unione europea per la chiusura del Brennero. Il rischio è quello che anche da noi si vengano a creare delle piccole o grandi Idomeni. «Le misure annunciate» dall’Austria «inducono a chiedere con estrema urgenza la verifica da parte della Commissione della loro compatibilità con le regole di Schengen» hanno scritto al commissario Ue Avramopoulos i ministri degli Esteri Gentiloni e dell’Interno Alfano sottolineando che «la decisione di ripristinare i controlli interni con l’Italia non appare suffragata da elementi fattuali».

Resta poco efficace il programma europeo di ricollocazione approvato a ottobre, così segnala lo stesso commissario europeo all’immigrazione. I progressi fatti sono «nel complesso insoddisfacenti»: «pochi» sui ricollocamenti, mentre sui reinsediamenti sono «buoni». Così il secondo rapporto della Commissione Ue sui migranti. «Gli sforzi sui ricollocamenti devono aumentare in modo marcato per rispondere all’urgente situazione umanitaria in Grecia e per evitare qualsiasi peggioramento della situazione in Italia», ha dichiarato Avramopoulos.

epa05248140 A refugee woman is seen through barbed wirefence during a protest demanding the opening of the borders at the border line between Greece and FYROM at the refugee camp of Idomeni, Greece, 07 April 2016. Migrants who refuse to apply for asylum are to be deported to Turkey, in accordance with a tit-for-tat agreement between the European Union (EU) and Turkey on the refugee and migration crisis.  EPA/KOSTAS TSIRONIS

Loris De Filippi, presidente di Medici senza Frontiere Italia denuncia la polizia macedone: «Negli scontri – ha detto – almeno 200 persone sono rimaste ferite da gas lacrimogeni e altre 37 da proiettili di gomma sparati ad altezza non di uomo, ma di bambino». E questo è quel che rimarrà di questa crisi: mentre i governi sono lenti ad applicare progetti concordati a livello europeo, si affrettano a chiudere le frontiere e non chiedono conto delle violazioni dei diritti umani a Idomeni e altrove. In questi mesi abbiamo assistito al programma di ricollocazione naufragato, all’accordo illegale con la Turchia e a poco altro. L’Europa, ancora una volta, è ferma a Idomeni.