La Danimarca è una prigione per Amleto che a un certo punto dello spettacolo vediamo essere trascinato via in manette. Una prigione è la casa reale funestata, più che dal fantasma del padre, il re ucciso, dalla coppia diabolica composta dalla madre di Amleto, Gertrude (Anastasia Hille) e dal tirannico Claudio (Ciarán Hinds). A renderla opprimente è una vuota ritualità fatta di banchetti, di giochi sadici, fatui, violenti che alla fine riducono i commensali a delle stolide e inerti presenze. l'attore inglese Benedict Cumberbatch (noto anche comeSherlock Holmes in Sherlock.) in questo spettacolo diretto da Lyndsey Turner si presenta come un principe di Danimarca dotato di una buona dose di auto ironia, prigioniero sì, ma non di stesso e delle proprie nevrosi. Nella scena iniziale lo vediamo solo, mentre ascolta vecchie musiche da un grammofono, sfogliando l'album di famiglia. Per poi gettarsi sul cappotto del padre, finendo così per indossare un destino che non è il suo. Ma in questo spettacolo, che ha debuttato con molto clamore l'estate scorsa al Barbican di Londra (e che il 19 e il 20 aprile approda nelle sale cinematografiche italiane grazie a Nexo Digital), Cumberbatch riesce a mostrarci molteplici facce di Amleto nella cui testa rimbombano molte voci, ma che nella sua bella interpretazione lotta per non impazzire, ribellandosi alla madre fredda e anaffettiva che piange lacrime di vetro. Un Amleto quello di Cumberbatch, sensibile, introverso, ma niente affatto tremebondo, anzi energico e deciso della scena in cui la affronta davanti al cadavere di Polonio, ucciso per sbaglio pensando che fosse Claudio, lo zio usurpatore del trono che Gertrude ha sposato dopo un solo mese in gramaglie. È una delle scene più forti e riuscite di questo allestimento che la stampa inglese ha criticato per la spettacolarità di alcuni effetti visivi e soluzioni che strizzano l'occhio al pubblico più giovane. E che tuttavia, a nostro avviso, non risultano mai eccessive o dissonanti, semmai aggiungono una nota rock, come quando sotto la redingotte Amleto spunta una maglietta con stampato il ritratto di Ziggy David Bowie. Mentre sulla schiena ha scritto a lettere cubitali "The King". Magro allampanato, con un volto pensoso e una voce limpida, Benedict Cumberbatch è un Amleto introspettivo, senza manierismi e dalla forte presenza scenica. Lo spettacolo trasmesso in diretta a settembre dal National Theatre e che ha già raggiunto un pubblico straordinariamente ampio in Europa è aiutato anche dalla efficace scenografia di Es Devlin: la reggia di Claudio e Gertrude evoca l'opulenza tetra di una dittatura in declino, fa pensare ai fasti del regime di Ceausescu o alla caduta dei dei negli ultimi festini dei gerarchi nazisti. Nel secondo tempo le scene di interni si riempiono di terra scura, tutto ad un tratto sembra cadere a pezzi, le foglie hanno invaso il salone dei banchetti, le sedie sono rovesciate e il pianoforte è scordato ma Ofelia (Sian Brooke) si ostina a suonare, anche se ormai pare del tutto disturbata e fuori di sé. Quasi per magia in questa casa coloniale con righiere di ferro e soloni immensi compaiono castelli di carta e teatri nel teatro che aprono sipari inaspettati e spostati a vista dagli stessi attori. Soluzioni non nuovissime, si dirà, ma che fanno immediatamente apparire la reggia del re come un inquietante teatro di marionette, in cui Amleto con tutti i suoi dubbi, appare come l'unica presenza viva e reale. L’appuntamento rientra nella campagna Shakespeare Lives, un programma internazionale che, nel 2016, celebra il lavoro di Shakespeare e il segno che ha lasciato sulla cultura. E' promosso dal British Council, l’ente culturale britannico, per i 400 anni della morte del Bardo che ricorrono il 23 aprile Gli eventi e le pubblicazioni per i 400 anni dalla morte di Shakespeare Anche in Italia sono numerosi gli spettacoli e le pubblicazioni per ricordare quel 23 aprile 1616 quando a Stratford-on-Avon, (dove era nato nel 1564) moriva il grande poeta e drammaturgo inglese, ma soprattutto per celebrare la strordinaria vitalità della sua opera e dei suoi personaggi. Il 21 aprile alle 21 al Teatro Argentina l'anglista e scrittrice Nadia Fusini presenta il suo nuovo libro Vivere nella tempesta ( Einaudi) in cui rilegge il significato di questa commedia con cui Shakespeare prese idealmente condedo dal pubblico, rappresentando la scoperta del nuovo mondo come apertura e ampliamento di uno spazio interiore che diventa teatro dell'immaginazione.(Leggi l'intervista a Nadia Fusini su Left del 9 aprile intitolata Shakespeare sulle rotte dei migranti). Un altro importante studioso italiano del Bardo, Paolo Bertinetti pubblica una nuova edizione di Macbeth, nella collana teatro di Einaudi, sottolineando nell'introduzione come il genio di Shakespeare si manifesti soprattutto come capacità di indagare la psiche umana e la pazzia. «La forza delle immagini- scrive Bertinetti - discende e fa tutt'uno con la densità del verso di Shakespeare. Con l'intensità della sua dizione poetica». Non moltissimo si sa della vita di Shakespeare e molte sono state le leggende che si sono diffuse sul suo conto. Perfino dubitando dei suoi autografi e arrivando a congetturare che fosse un umanista italiano o un autore collettivo. Per sfatare le leggende Laurie Maguire e Emma Smith dell'università di Oxford hanno scritto il libro Trenta grandi miti su Shakespeare, pubblicato in Italia da O barra O in cui si sfata l'idea che Shakespeare non fosse istruito e che fosse sempre rimasto nel suo Paese, che il Bardo fosse un plagiario, che i ruoli femminili fossero interpretati da ragazzi-attori e molto altro. A riprova di quanto la figura di Shakespeare nei secoli abbia colpito la fantasia, non solo del pubblico, ma anche di grandi scrittori Castelvecchi, per l'occasione, pubblica la biografia del Bardo scritta da Victor Hugo. Tante anche le opere ispirate a Shakespeare o che gli rendono omaggio. Fra queste suggeriamo La tempesta di Sasà (Chiarelettere) in cui l'attore Salvatore Striano racconta come sia stato proprio l'incontro con il teatro shakespeariano a salvargli la vita, offrendogli la possibilità di ricominciare dopo un'adolescenza difficile nei quartieri più duri di Napoli e l'esperienza del carcere a Rebibbia. L'attore e scrittore prenta il libro il 23 aprile alla Libreria Pallotta a Roma. E ancora: numerosi incontri sono dedicati ai 400 anni dalla morte di Shakespeare e di Cervantes nella rassegna Maggio dei libri, che si dipana in varie città italiane dal 23 aprile al 31 maggio. L'Università di Roma e Roma Capitale nel programma Shakespeare 2016 promuovono una serie di iniziative dedicate alla pervasiva presenza di Roma antica nell’opera del grande drammaturgo, in una rassegna che si svolge fino al 20 april tra cinema e teatro, concerti e mostre accompagnano il convegno internazionale dedicato ai suoi drammi romani, coinvolgendo diversi luoghi della Capitale.

La Danimarca è una prigione per Amleto che a un certo punto dello spettacolo vediamo essere trascinato via in manette. Una prigione è la casa reale funestata, più che dal fantasma del padre, il re ucciso, dalla coppia diabolica composta dalla madre di Amleto, Gertrude (Anastasia Hille) e dal tirannico Claudio (Ciarán Hinds). A renderla opprimente è una vuota ritualità fatta di banchetti, di giochi sadici, fatui, violenti che alla fine riducono i commensali a delle stolide e inerti presenze. l’attore inglese Benedict Cumberbatch (noto anche comeSherlock Holmes in Sherlock.) in questo spettacolo diretto da Lyndsey Turner si presenta come un principe di Danimarca dotato di una buona dose di auto ironia, prigioniero sì, ma non di stesso e delle proprie nevrosi. Nella scena iniziale lo vediamo solo, mentre ascolta vecchie musiche da un grammofono, sfogliando l’album di famiglia. Per poi gettarsi sul cappotto del padre, finendo così per indossare un destino che non è il suo. Ma in questo spettacolo, che ha debuttato con molto clamore l’estate scorsa al Barbican di Londra (e che il 19 e il 20 aprile approda nelle sale cinematografiche italiane grazie a Nexo Digital), Cumberbatch riesce a mostrarci molteplici facce di Amleto nella cui testa rimbombano molte voci, ma che nella sua bella interpretazione lotta per non impazzire, ribellandosi alla madre fredda e anaffettiva che piange lacrime di vetro. Un Amleto quello di Cumberbatch, sensibile, introverso, ma niente affatto tremebondo, anzi energico e deciso della scena in cui la affronta davanti al cadavere di Polonio, ucciso per sbaglio pensando che fosse Claudio, lo zio usurpatore del trono che Gertrude ha sposato dopo un solo mese in gramaglie. È una delle scene più forti e riuscite di questo allestimento che la stampa inglese ha criticato per la spettacolarità di alcuni effetti visivi e soluzioni che strizzano l’occhio al pubblico più giovane. E che tuttavia, a nostro avviso, non risultano mai eccessive o dissonanti, semmai aggiungono una nota rock, come quando sotto la redingotte Amleto spunta una maglietta con stampato il ritratto di Ziggy David Bowie. Mentre sulla schiena ha scritto a lettere cubitali “The King”. Magro allampanato, con un volto pensoso e una voce limpida, Benedict Cumberbatch è un Amleto introspettivo, senza manierismi e dalla forte presenza scenica. Lo spettacolo trasmesso in diretta a settembre dal National Theatre e che ha già raggiunto un pubblico straordinariamente ampio in Europa è aiutato anche dalla efficace scenografia di Es Devlin: la reggia di Claudio e Gertrude evoca l’opulenza tetra di una dittatura in declino, fa pensare ai fasti del regime di Ceausescu o alla caduta dei dei negli ultimi festini dei gerarchi nazisti. Nel secondo tempo le scene di interni si riempiono di terra scura, tutto ad un tratto sembra cadere a pezzi, le foglie hanno invaso il salone dei banchetti, le sedie sono rovesciate e il pianoforte è scordato ma Ofelia (Sian Brooke) si ostina a suonare, anche se ormai pare del tutto disturbata e fuori di sé. Quasi per magia in questa casa coloniale con righiere di ferro e soloni immensi compaiono castelli di carta e teatri nel teatro che aprono sipari inaspettati e spostati a vista dagli stessi attori. Soluzioni non nuovissime, si dirà, ma che fanno immediatamente apparire la reggia del re come un inquietante teatro di marionette, in cui Amleto con tutti i suoi dubbi, appare come l’unica presenza viva e reale.

L’appuntamento rientra nella campagna Shakespeare Lives, un programma internazionale che, nel 2016, celebra il lavoro di Shakespeare e il segno che ha lasciato sulla cultura. E’ promosso dal British Council, l’ente culturale britannico, per i 400 anni della morte del Bardo che ricorrono il 23 aprile

Gli eventi e le pubblicazioni per i 400 anni dalla morte di Shakespeare
Anche in Italia sono numerosi gli spettacoli e le pubblicazioni per ricordare quel 23 aprile 1616 quando a Stratford-on-Avon, (dove era nato nel 1564) moriva il grande poeta e drammaturgo inglese, ma soprattutto per celebrare la strordinaria vitalità della sua opera e dei suoi personaggi. Il 21 aprile alle 21 al Teatro Argentina l’anglista e scrittrice Nadia Fusini presenta il suo nuovo libro Vivere nella tempesta ( Einaudi) in cui rilegge il significato di questa commedia con cui Shakespeare prese idealmente condedo dal pubblico, rappresentando la scoperta del nuovo mondo come apertura e ampliamento di uno spazio interiore che diventa teatro dell’immaginazione.(Leggi l’intervista a Nadia Fusini su Left del 9 aprile intitolata Shakespeare sulle rotte dei migranti). Un altro importante studioso italiano del Bardo, Paolo Bertinetti pubblica una nuova edizione di Macbeth, nella collana teatro di Einaudi, sottolineando nell’introduzione come il genio di Shakespeare si manifesti soprattutto come capacità di indagare la psiche umana e la pazzia. «La forza delle immaginiscrive Bertinetti – discende e fa tutt’uno con la densità del verso di Shakespeare. Con l’intensità della sua dizione poetica».
Non moltissimo si sa della vita di Shakespeare e molte sono state le leggende che si sono diffuse sul suo conto. Perfino dubitando dei suoi autografi e arrivando a congetturare che fosse un umanista italiano o un autore collettivo. Per sfatare le leggende Laurie Maguire e Emma Smith dell’università di Oxford hanno scritto il libro Trenta grandi miti su Shakespeare, pubblicato in Italia da O barra O in cui si sfata l’idea che Shakespeare non fosse istruito e che fosse sempre rimasto nel suo Paese, che il Bardo fosse un plagiario, che i ruoli femminili fossero interpretati da ragazzi-attori e molto altro.

A riprova di quanto la figura di Shakespeare nei secoli abbia colpito la fantasia, non solo del pubblico, ma anche di grandi scrittori Castelvecchi, per l’occasione, pubblica la biografia del Bardo scritta da Victor Hugo. Tante anche le opere ispirate a Shakespeare o che gli rendono omaggio. Fra queste suggeriamo La tempesta di Sasà (Chiarelettere) in cui l’attore Salvatore Striano racconta come sia stato proprio l’incontro con il teatro shakespeariano a salvargli la vita, offrendogli la possibilità di ricominciare dopo un’adolescenza difficile nei quartieri più duri di Napoli e l’esperienza del carcere a Rebibbia. L’attore e scrittore prenta il libro il 23 aprile alla Libreria Pallotta a Roma. E ancora: numerosi incontri sono dedicati ai 400 anni dalla morte di Shakespeare e di Cervantes nella rassegna Maggio dei libri, che si dipana in varie città italiane dal 23 aprile al 31 maggio. L’Università di Roma e Roma Capitale nel programma Shakespeare 2016 promuovono una serie di iniziative dedicate alla pervasiva presenza di Roma antica nell’opera del grande drammaturgo, in una rassegna che si svolge fino al 20 april tra cinema e teatro, concerti e mostre accompagnano il convegno internazionale dedicato ai suoi drammi romani, coinvolgendo diversi luoghi della Capitale.