Antoine Deltour passò alla stampa 28mila pagine che rivelavano gli accordi segreti tra il governo del Granducato presieduto dall'attuale presidente della Commissione Juncker e 350 multinazionali. Obbiettivo: non pagare le tasse in Europa. La federazione giornalisti europei: «È una vergogna che si decida di perseguire chi ha agito nell'interesse generale».

«Ero alla ricerca di file di training nel network aziendale perché avevo deciso di lasciare il lavoro quando mi sono imbattuto in una cartella, che era facilmente accessibile da chiunque in azienda, che conteneva centinaia di decisioni fiscali, che ho copiato». Così ha detto a Le Monde Antoine Deltour la gola profonda che ha passato alla stampa 28mila pagine riguardanti gli accordi per aggirare le tasse tra 350 corporations e il governo del Lussemburgo. Deltour ha spiegato di essere rimasto di stucco nello scoprire come gli accordi abbiano consentito ad alcune multinazionali di pagare tasse in percenutale ridicola – in alcuni casi l’1%.

Il dossier diffuso da Deltour, ex dipendente di PriceWaterhouse&Coopers (PwC) è passato alla storia come LuxLeaks ed è la rivelazione più clamorosa sulle modalità attraverso le quali le multinazionali aggirano le tasse prima dei Panama Papers.

Contro Deltour è cominciato oggi il processo per furto, violazione del segreto professionale e accesso non autorizzato a un database. La pena massima a cui potrebbe essere condannato è dieci anni di prigione. La verità è che senza quella fuga di notizia non avremmo saputo degli accordi tra Lussemburgo e le corporation e l’Unione europea, che in questi mesi si sta muovendo per far pagare le tasse sui profitti fatti nei singoli paesi, alle multinazionali che le aggirano, non avrebbe mosso un dito.
Oggi, invece, la Commissioni sta adottando misure che costringeranno le varie Apple, McDonald e Amazon a pagare quanto devono. Tanto è vero che Deltour ha anche vinto il premio Cittadino europeo assegnato dal Parlamento di Strasburgo e che una petizione in suo favore ha raccolto 115mila firme (oltre che 20mila euro per le spese legali).

 

Assieme a lui a processo anche il giornalista che ha ricevuto le carte, Edouard Perrin. Il tema, ancora una volta, è come proteggere chi rivela notizie scomode, che si tratti di carte che testimoniano l’evasione e la fuga di capitali a quelle che rivelano come alcuni governi raccolgano segretamente dati e comunicazioni di tutti noi.

Le 28mila pagine di LuxLeaks hanno rivelato come l’amministrazione lussemburghese, all’epoca guidata dall’attuale presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker abbia negoziato segretamente con le multinazionali dei pacchetti per far aggirare le tasse che sebbene in Lussemburgo siano fissate al 29% vengono abbassate con stratagemmi di trasferimento di fondi, assunzione di perdite da parte di filiali straniere – che diventano sgravi per le sedi lussemburghesi – tutti perfettamente legali nel Granducato membro dell’Unione europea. Tra le imprese coinvolte nei LuxLeaks ci sono Ikea, Amazon, Fiat, Finmeccanica, Apple, Heinz, FedEx, Gazprom. Ma l’elenco è molto lungo. Lussemburgo, che è un Paese piccolo, guadagnava nell’incamerare poche tasse da molte compagnie e dal volume di affari generato dalla quantità di servizi di cui queste hanno bisogno, gli altri Paesi europei ci perdevano- perdono – in raccolta fiscale.
La federazione europea dei giornalisti ha commentato l’apertura del processo dicendo che «È una vergogna che le autorità del Lussemburgo decidano di perseguire un giornalista che ha agito nel nome dell’interesse pubblico. Le autorità dovrebbero immediatamente far cadere le accuse contro Perrin».