Gli indizi del sempre più stretto legame tra Pd e Ala in effetti sono molti. Ormai anche fuori dalle aule parlamentari che hanno visto voti di fiducia, assenza strategiche, stampelle utili a disinnescare una volta la minoranza dem. A Roma, a Milano e a Torino l’aiuto di Verdini sarà informale, senza una lista neanche civica (anche se per Fassino ci sono i Moderati di Portas che candidato ex forzisti, ex leghisti e uomini di Cl), cominciano ad arrivare apparentamenti ufficiali

C’era, non c’era. Ma certo che c’era. Il verdiniano Ciro Falanga era al vertice di maggioranza sulla prescrizione. Dopo che il capogruppo Luigi Zanda aveva negato (e il dem Felice Casson l’aveva smentito: «Era lì»), è lo stesso senatore di Ala a confermare: «Certo che sono andato al vertice», dice a Repubblica, «sono in commissione Giustizia del Senato, sono avvocato, sono il responsabile giustizia di Ala. Mi hanno invitato i colleghi del Pd per mettermi a parte del testo base sulla prescrizione. Che male c’è?». Nessuno, si figuri. Peccato che la linea ufficiale del Pd sia quella di negare ancora l’ingresso di Verdini in maggioranza. «Si è sollevato un polverone…», dice Falanga incredulo, che non capisce proprio perché la minoranza del Pd non ci voglia credere che quello tra verdiniani e Pd è solo «coordinamento parlamentare». Troppi indizi ci sono invece per Miguel Gotor: «Si è passati», dice il bersaniano, «da un ruolo ombra a uno sempre più manifesto. Si tratta di una strategia di avvicinamento, che ha avuto un passaggio molto furbo nella fiducia sulle unioni civili, quando Verdini ha bussato alla porta della maggioranza da sinistra».

E se il dato positivo è che il dibattito sulla prescrizione sembra almeno andare avanti – visto anche l’inedita apertura dei 5 stelle che si sono astenuti in commissione permettendo al testo base, che prevede due anni in più di prescrizione per i reati di corruzione, di cominciare l’iter – gli indizi del sempre più stretto legame tra Pd e Ala in effetti sono molti. Ormai anche fuori dalle aule parlamentari che hanno visto voti di fiducia, assenza strategiche, stampelle utili a disinnescare una volta la minoranza dem (come il sì sulla riforma costituzionale) un’altra Angelino Alfano (con il sì sulle unioni civili, come dice Gotor, «da sinistra»). C’è la difesa del verdiniano D’Anna sul caso del sindaco di Lodi (che ha fatto saltare Enrico Rossi). E ci sono le amministrative, soprattutto, con le loro alleanze della discordia.

Perché se a Roma, a Milano e a Torino l’aiuto di Verdini sarà informale, senza una lista neanche civica (anche se per Fassino ci sono i Moderati di Portas che candidato ex forzisti, ex leghisti e uomini di Cl), cominciano ad arrivare apparentamenti ufficiali. Cosenza, Grosseto, Napoli, che sta decidendo in queste ore, non senza problemi. A Cosenza il candidato del Pd è il consigliere regionale Carlo Guccione, tramontata l’ipotesi Lucio Presta. Guccione sarà leader di una coalizione composta dai democratici, dai socialisti, dall’Italia dei Valori, da una serie di liste locali e centriste e, appunto, dai verdiniani di Ala. Lì dovrebbero proprio avere il loro simbolo, con un Ala tricolore su fondo blu. A Grosseto la veste sarà invece civica, Passione per Grosseto è il nome, in sostegno del vincitore delle primarie dem Lorenzo Mascagni. Stesso travestimento dovrebbe esser indossato a Napoli, dove il sostegno di Verdini è prezioso per l’orfiniana Valeria Valente, che rischia di arrivare quarta.