Sconfitta in West Virigina, Clinton continua ad avere un ampio margine di vantaggio per numero di delegati - e un problema con i maschi bianchi. Quasi metà di chi sceglie Sanders, vorrebbe un presidente meno di sinistra di Obama. E non vorrebbe Hillary

C’è una parte dell’elettorato democratico a cui Hillary Clinton proprio non piace. Quella parte, consistente, continua a votare Bernie Sanders nonostante questi non abbia quasi nessuna possibilità di arrivare alla nomination. È successo di nuovo in West Virginia (e in  Indiana la scorsa settimana). Bernie ha preso il 51,4% dei voti contro il 36% di Hillary, ricordando alla ex senatrice di New York quanto difficile resti per lei raccogliere i consensi dei lavoratori bianchi maschi: Indiana e West Virginia, come un’altra parte consistente degli Stati vinti dal senatore del Vermont hanno quella come componente cruciale dell’elettorato che partecipa alle primarie.

La sconfitta per Clinton è l’ennesimo campanello d’allarme per una campagna che fatica a trovare un’identità forte e che ha la fortuna enorme di trovarsi di fronte un partito repubblicano che ha scelto un candidato outsider che non piace a una parte importante della base del Grand Old Party. I sondaggi nazionali in una sfida Clinton-Trump, assegnano infatti la vittoria a Hillary con un certo margine – che in alcuni Stati sarebbe più grande se a correre contro il miliardario newyorchese fosse Sanders.

Il candidato della sinistra democratica ha ribadito che la sua corsa prosegue e che lotterà fino all’ultimo voto, ma a meno di una improbabile vittoria in California, dove il voto delle minoranze, favorevole a Clinton, pesa molto, non ha speranze di ottenere la nomination. La sua corsa è comunque destinata a dare altri mal di pancia a Clinton: non solo continua a perdere nonostante sia la nominata de facto (succedeva anche a Obama, ma contro di lei, ma è un fenomeno raro), ma le prossime primarie, per la demografia e composizione sociale favoriscono Bernie. La campagna del senatore del Vermont continua però a produrre effetti sulle posizioni della sua rivale: ieri Hillary ha presentato una proposta di espansione di Medicare, l’assicurazione medica pubblica per gli anziani over65, un programma che resta molto popolare tra tutti gli americani. Per contrattaccare sull’idea di Sanders di creare un sistema sanitario in stile europeo, Clinton propone di consentire alle persone che hanno passato i 50 di potersi iscrivere al sistema pubblico – ovvero pagando quello, che è più equo e meno caro, invece dell’assicurazione privata. È l’ennesimo spostamento a sinistra per Hillary (che a dire il vero la riforma sanitaria la propone da quando Bill faceva il presidente).

C’è però un aspetto interessante della vittoria di Bernie in West Virginia, Stato ex minerario, montanaro, povero, bianco e piuttosto conservatore. Il 41% dei partecipanti alle primarie ritiene che il prossimo presidente debba essere meno liberal (ovvero meno di sinistra) di Obama, quello stesso 41% ha votato al 51% per Bernie. Segnale che in senatore raccoglie voti anche tra coloro che non ne sposano l’ideologia ma che preferiscono lui a Clinton perché: a) lei proprio non piace e non si fidano; b) è una donna. Gli elettori di sinistra hanno votato in maggioranza Sanders, ma questa non è una sorpresa.

L’altro elemento interessante degli exit polls è che poco meno di un terzo circa degli elettori che hanno scelto Sanders dice che nella sfida tra lui e Trump voterebbe quest’ultimo. Un segnale di come il successo del senatore sia anche dovuto al fatto di essere outsider e di usare toni fuori dagli schemi come il miliardario. Quest’ultimo, però, su certi elettori ha più presa perché le spara più forti e più improbabili.