L'indagine per abuso d'ufficio nei confrotni del sindaco di Parma arriva a pochi fgiorni da quella sul primo cittadino 5 stelle di Livorno. Così la "questione morale" del Pd passa in secondo piano. E a farne le spese potrebbe essere Virginia Raggi

Ostenta tranquillità Federico Pizzarotti. E parla di un atto dovuto, utile per chiarire la vicenda. Non è inattesa la notizia dell’indagine per abuso d’ufficio a carico del sindaco di Parma in relazione alla nomina del direttore del Teatro Regio. Ma è comunque sale sulle ferite per il Movimento 5 stelle, già alle prese con l’indagine che coinvolge il primo cittadino di Livorno, Filippo Nogarin, per concorso in bancarotta fraudolenta legata all’avvio del concordato preventivo della municipalizzata Aamps.

Il timore, già emerso con la notizia dell’indagine livornese, è quello di turbare l’andamento delle amministrative nella Capitale, dove Virginia Raggi è data per certa al ballottaggio. La conquista del Campidoglio costituirebbe un punto di svolta per il “partito dell’onestà” e i membri del Direttorio lo sanno bene. Orfani di Casaleggio e con Grillo defilato, chiedono chiarimenti e tengono un profilo basso. Su facebook il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Roberto Fico, non si sbilancia: la nomina è nelle sue prerogative, spiega, ma «se dovesse emergere una condotta contraria alla legge e ai principi del Movimento 5 stelle chiederemo un passo indietro. Come in tutti gli altri casi».

Interrogata sulle eventuali dimissioni di Pizzarotti, Virginia Raggi si tiene alla larga da possibili strumentalizzazioni con un «non ho approfondito la questione» e dice che sarà il sindaco di Parma e suo compagno di partito a valutarne eventualmente l’opportunità. Il fuoco incrociato degli altri partiti non tarda, ovviamente, ad arrivare. E non è un caso che intervenga anche Giorgia Meloni, candidata della destra alla guida di Roma a caccia di consensi per risalire la china dei sondaggi. Il Movimento fondato da Grillo, dice la leader di Fratelli d’Italia, «dovrebbe provare più imbarazzo» per i suoi sindaci sotto inchiesta. Anche Roberto Giachetti prende di mira la sua avversaria pentastellata: «”Contro di noi gli avvisi di garanzia sono usati come manganelli”. Chi l’ha detta secondo voi? No, non è Silvio Berlusconi: è Virginia Raggi» twitta il candidato Pd al Campidoglio.

«Cinquestelle ripagati con la loro stessa moneta», commentano in molti, finendo sulle prime pagine dei giornali proprio perché considerati “manettari” e contribuendo così ad offuscare la cosiddetta “questione morale” interna al Partito democratico. Stefano Esposito, ad esempio, non perde l’occasione e picchia duro: «Prima Quarto, poi Livorno, ora Parma. Noi siamo sempre garantisti, voi cari grillini? Che fate? Espellete, fate finta di niente, ve ne state zitti? Restiamo in attesa di sapere se Di Battista e Di Maio oggi sono in versione garantista o no…». «La questione morale è dappertutto». Ha gioco facile a rincarare la dose Matteo Salvini in trasferta in Basilicata, «non si sa più dove voltarsi». Ma poi conclude cauto: «Spero che in casa nostra casi simili non ci siano mai».