«Gramsci 44 nasce a Ustica, dai pescatori ho scoperto una storia sconosciuta: la maggior parte dei loro padri aveva imparato a leggere e scrivere grazie alle sue lezioni». Il regista Emiliano Barbucci racconta il suo film

Appena 8 chilometri quadrati di terra, sperduta nel mar Tirreno, a nord di Palermo. Nell’isola di Ustica, tra il 1926 e il 1927, Antonio Gramsci trascorre 44 giorni di confino politico. Con il film documentario Gramsci 44, il regista Emiliano Barbucci e lo sceneggiatore Emanuele Milasi raccontano la storia di un villaggio, Ustica, «dove all’inizio del 1900 l’arrivo del vaporetto era un evento che richiamava al molo gli isolani incuriositi dalle novità in arrivo dal “continente”».

Ai tempi del fascismo, il battello a vapore comincia a portare sull’isola uomini in catene: confinati comuni e confinati politici, tra loro anche Gramsci. L’intellettuale comunista e deputato arriva a scontare una condanna di cinque anni, ma dopo soli 44 giorni viene trasferito nel carcere di San Vittore. «Che il motivo del suo allontanamento da Ustica fosse il successo della scuola, che fece allarmare le guardie fasciste», dice Barbucci, «è una delle tante ipotesi». Resta il fatto che in quell’isola inizia l’eterna detenzione di Antonio Gramsci.

«Gramsci 44 nasce quasi per caso, durante un viaggio a Ustica, dai pescatori ho scoperto una storia sconosciuta, mai raccontata prima: la maggior parte dei loro padri aveva imparato a leggere e scrivere grazie alla scuola di Antonio Gramsci», ricorda il regista. La ricerca che Barbucci comincia nel 2008, si concretizza nel 2012, quando si aggrega all’avventura Emiliano Milasi, dando inizio alla sceneggiatura e ai due anni di riprese.

Tra grotte, secche e scogli a picco sul mare, la fotografia diretta da Daniele Ciprì accompagna un’ora di racconto sempre teso tra finzione e realtà, tra passato e presente. Nei panni di Gramsci, curvo e avvolto in un paltò scuro, c’è Peppino Mazzotta, attore raffinato e concreto che i più hanno potuto conoscere nelle vesti del buon Fazio, fido ispettore del commissario Montalbano. Per questo ruolo ha letto tanto, Mazzotta, a partire dalle numerose lettere di Gramsci: «Ne ho lette molte di più di quelle che potete ascoltare nel film», racconta Peppino, «abbiamo trascorso interi giorni a leggere e registrare lettere».

Questo articolo continua sul numero 21 di Left in edicola dal 21 maggio

 

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