Il sindaco di Parma si lamenta: «Cerco il direttorio da un anno e nessuno mi risponde». Chiede che sia ritirata «una sospensione illegittima», Pizzarotti, che pone questa come condizione per restare nel Movimento. «Ci sono regole diverse a seconda delle persone», è però l'accusa fatta pensando a Nogarin. E non si capisce perché dovrebbe esser diverso

«Luigi vieni a Parma, Luigi vieni a Parma». È inutile il coretto con cui alcuni militanti dei 5 stelle di Parma hanno inseguito Luigi Di Maio. «Ragazzi verrò col tour dei comuni», è la risposta che gli concede il vicepresidente della Camera, che nel direttorio del Movimento 5 stelle avrebbe la delega ai rapporti con i territori e con le amministrazioni 5 stelle, ma che evidentemente, con Federico Pizzarotti, non vuole avere a che fare.

E così «è paradossale», può dire il sindaco di Parma, sospeso da Movimento, «che in questi 10 giorni nessuno si sia fatto vivo. Sarebbe stato qualcosa di dovuto, utile e doveroso, rispetto anche a tantissimi attivisti ed eletti». Può dirlo, in conferenza stampa, quando ormai aspetta solo l’espulsione, sempre giudicato colpevole di non aver detto subito al garante Beppe Grillo di esser indagato per le nomine fatte al Teatro Regio nello svolgere le sue funzioni. Non conta che Pizzarotti dica che non poteva dirlo per non ledere la privacy degli altri indagati («Abbiamo tutelato i diritti costituzionali di altre persone che erano coinvolte nell’inchiesta», ripete); non conta che le indagini, per abuso d’ufficio, muovano, e lo facciano obbligatoriamente, da un esposto del Pd, dell’opposizione.

Si aspetta l’espulsione, Pizzarotti, dunque, anche se dice «non lascio il Movimento» e «non c’è nessun accordo con il Pd», cioè nessun paracadute. Va però allo scontro, il sindaco, e parla di «sospensione illegittima» e pone una condizione: sia ritirata, tutto torni come prima e si cerchi il dialogo. Si capisce però che non ci crede: «Nell’ultimo anno non ho parlato con nessuno del direttorio», aggiunge, «mi hanno evitato». E non si capisce perché ora qualcosa dovrebbe cambiare.

Si lamenta, Pizzarotti: «Siamo gli unici», dice, «ad aver pubblicato l’avviso di garanzia. Nogarin ha pubblicato altri documenti». Per Pizzarotti il sindaco di Livorno avrebbe goduto così di un trattamento di favore, perché – è il sottinteso – lui è fedele alla linea del direttorio e non osa mettere in dubbio le procedure del Movimento: «Non c’è un metro simile», continua il sindaco, «il Movimento ha usato metodi diversi con persone diverse. Servono regole univoche, chiare e applicabili per tutti». Il punto è se il Movimento le voglia avere.