I dati Istat diffusi dimostrano una discesa nelle aspettative delle famiglie. Il dato più negativo da agosto del 2015. Le imprese invece più “positive”, eccetto manifatture e costruzioni

Gelata di primavera per il governo Renzi. Dopo i dati negativi diffusi dall’Istat sulla produttività del mese di marzo, con il fatturato che è sceso rispetto a febbraio dell’1,6% e rispetto allo stesso periodo dell’anno del 2015 del 3,6%, adesso arrivano quelli sulla fiducia dei consumatori. Sempre l’istat oggi ha diffuso le cifre relative al mese di maggio. L’indice che indica la fiducia diminuisce e passa da aprile (114,1%) a 112,7. Ma il calo è ancora più evidente rispetto al mese di gennaio (118,5%). Al contrario, il dato positivo è il clima di fiducia delle imprese che cresce e che passa da 102,7% a 103,4%.

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Il problema però sono i consumatori, coloro che dovrebbero far ripartire i consumi interni e che per il momento sono come paralizzati. Le voci della ricerca Istat infatti parlano chiaro: peggiorano i giudizi sulla situazione economica dell’Italia che a gennaio erano rappresentati da un indice di -26 e a maggio di -47. Negativo anche il giudizio sulla propria situazione economica, mentre aumenta sempre più l’attesa di risposte sulla disoccupazione (a gennaio l’indice era di 2 e a maggio di 25). Migliora rispetto ad aprile il clima di fiducia personale (da 104,8% a 105,4%) ma comunque è in calo rispetto a gennaio (107,6%). Insomma l’anno era iniziato meglio quanto alle aspettative degli italiani rispetto al governo. Invece, mese dopo mese, la fiducia è discesa progressivamente. L’Istat rileva che quello di maggio è il livello più basso da agosto dello scorso anno nonostante i progressi della componente personale del clima. Sulla crescita della fiducia delle imprese che passa, ricordiamo, da 102,7 a 103,4, c’è da dire che sull’andamento influiscono anche le diverse procedure di calcolo per l’indice aggregato e quelli settoriali, che risultano tutti in calo. Il clima di fiducia scende infatti nella manifattura (a 102,1 da 102,7), nelle costruzioni (a 120,4 da 121,2), nei servizi di mercato (a 107,4 da 107,9) e nel commercio al dettaglio (a 100,9 da 101,9).
Queste cifre non sorprendono, sostengono le associazioni dei consumatori come Federconsumatori e Adusbe (qui). Il potere d’acquisto degli italiani nel triennio 2012-2014 ha segnato una contrazione del -10,7%, con un calo della spesa delle famiglie, calcolano le associazioni, di 78 miliardi di euro. Logico quindi che adesso con la disoccupazione givanile ancora a livelli preoccupanti e con il mancato decollo della produzione, le famiglie tendano sempre più a non spendere. «Si abbandoni il megafono e si lavori per la realizzazione di un Piano Straordinario che, attraverso il rilancio dell’occupazione, sia in grado di dare nuovo impulso e nuove prospettive al nostro sistema economico», dicono Rosario Trefiletti ed Elio Lanutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. Questi i punti suggeriti dalle associazioni:  «lo sviluppo tecnologico e la ricerca;  la realizzazione di opere di messa in sicurezza di scuole e ospedali; – la modernizzazione di infrastrutture, reti e trasporti; – l’avvio di un programma per lo sviluppo e la valorizzazione dell’offerta turistica nel nostro Paese».