La storia delle battaglie combattute a Falluja da quando era borghese città sunnita dell'Iraq di Saddam Hussein a quando gli americani usarono come arma il fosforo bianco. Fino ad oggi quando la città è di nuovo sotto attacco nel tentativo di essere strappata dalle mani di Daesh

Cannoni iracheni bombardano Fallujah, nell’Al-Anbar. Città orgogliosamente sunnita. E sunnita, nell’Iraq di Saddam Hussein voleva dire borghese, parte della classe dirigente del paese essenzialmente laica. Fallujah, dopo l’invasione “trionfale” iniziata da George W. Bush il 20 marzo del 2003 e le cui “principali operazioni militari” si conclusero, sempre secondo Bush, il primo maggio dello stesso anno, non si piegò al nuovo ordine, al licenziamento dei soldati e dei funzionari del regime, all’uso della maggioranza sciita in funzione anti sunnita, alla presenza ingombrante delle truppe d’occupazione americane. Fallujah divenne così protagonista della seconda guerra d’Iraq, la ribellione. Nel 2004 la feroce uccisione a Fallujah, con lo scempio dei cadaveri, di 4 contractors americani, dipendenti dell’agenzia militare privata Blackwater, scatenò la vendetta degli Stati Uniti. Un quinto delle case totalmente distrutte, i bombardamenti colpirono 60 abitazioni su 100, profanarono 60 moschee, L’esercito a stelle e strisce usò il fosforo bianco. Ecco come funziona: Il fosforo bianco a contatto con l’ossigeno presente nell’aria produce anidride fosforica generando calore. L’anidride fosforica reagisce violentemente con composti contenenti acqua e li disidrata producendo acido fosforico. Il calore sviluppato da questa reazione brucia la parte restante del tessuto molle. Il risultato è la distruzione completa del tessuto organico (Fonte: Wikipedia). L’uso di questa arma chimica, vero crimine di guerra, fu denunciato per la prima volta da un’inchiesta di Rainews24, direttore Roberto Morrione, autori Sigfrido Ranucci e Maurizio Torrealta. In seguito il Pentagono dovette ammetterne l’impiego. Così la ferita di Fallujah andò in cancrena. Militari e artificieri di Saddam si fecero reclutare dall’estremismo sunnita, ordirono attentati e stragi contro moschee e manifestazioni sciite, poi divennero protagonisti della guerriglia contro i governi corrotti che comandavano il paese dal riparo della zona verde di Bagdad. Infine si proposero come istruttori e capi militari del Daesh.
In queste ore Fallujah è di nuovo sotto attacco. L’esercito iracheno, con il supporto americano, entra in città, una città che ha perso i due terzi degli abitanti. Sono rimaste alcune decine di migliaia di disperati, assediati, umiliati dal terrore dell’Isis. Si scoprono i tunnel, un vero reticolo di buchi sotterranei, scavati dai terroristi  per poter salvare le proprie vite e portare la morte altrove. Sgozzando con un coltello, falciando innocenti come al Bataclan, taglieggiando le popolazioni a secondo della loro religione, o delle voglie sessuali degli aguzzini, o semplicemente in nome di quella follia che ricorre nel rantolo mortale di ogni terrorismo.
Falluja rinascerà. Mosul, sotto attacco dei Peshmerga curdi, tornerà un luogo di incontri, di pace e preghiera? Speriamo. Le prime vittime del terrorismo islamico sono sempre state le popolazioni islamiche di Siria, d’Iraq, dello Yemen. Noi occidentali, abbiamo usato gli assassini, o abbiamo girato la testa altrove fingendo di non vedere. Fallujah ha bisogno di pace, Mosul ha bisogno di pace. Di tolleranza religiosa, di aria fresca, e quindi di libertà.