Negano i big forzisti, ma i lavori per il post Berlusconi devono ora iniziare veramente. Perché Berlusconi guarirà ma dovrà rallentare. Ecco allora che un po' Parisi un po' Carfagna potrebbero guidare una nuova forza, la terza dello scenario restituito dalle amministrative

Parlare di successione è «di cattivo gusto», sì, anzi è «un’invenzione dei giornali che non avranno la soddisfazione». Dicono così, nell’ordine, Nunzia De Girolamo e Renato Brunetta. Ma l’operazione al cuore di Silvio Berlusconi chiama nei fatti un’altrettanto irrimandabile operazione a cuore aperto per Forza Italia. «Mio padre non dovrà più salire su un palco», pare infatti abbia detto Marina Berlusconi che ha preso sul serio le parole del medico del San Raffaele secondo cui Berlusconi «tra un mese potrà tornare a fare ciò che vuole», certo, perché i medici sono i migliori e lui è «praticamente immortale» – come disse Scapagnini, elargitore di pillole magiche – «ma io gli sconsiglio da tempo di fare il leader». Ecco allora che si rincorrono i nomi di Stefano Parisi (che però da bravo candidato, smentisce e dice che lui vuole fare il sindaco «e basta») e Mara Carfagna. Poi però c’è Gelmini e pure Toti.

C’è però soprattutto l’idea di un nuovo partito di destra moderata, capace di rovinare i piani di Salvini che sperava che finissero tutti nel Partito della nazione di Renzi, che però nel mentre ha detto che lui Verdini l’ha sedotto ma poi lo abbandonerà: «Nel 2018 il Pd si presenterà da solo, un partito a vocazione maggioritaria come previsto dallo statuto. Punto».

Sono state le amministrative, con il loro esito tripolare, a consigliare un’altra via, tanto a Renzi quanto ai forzisti. Una via che mette un sacco paura, «a tutti quelli che hanno abusato del grande cuore di Berlusconi per fare carriere e ottenere onori che mai si sarebbero sognati», come scrive Bisignani sul Tempo. Paura che però ci sarebbe lo stesso.