I candidati dem sono contenti che Renzi non li affianchi negli ultimi giorni di campagna: il suo marchio non è più garanzia di vittoria. Ma a sinistra, però, in tanti hanno contratto il virus Zedda e - come Fava a Roma - non seguiranno Fassina sulla scheda bianca

Quando gli italiani voteranno Raggi o Giachetti, Matteo Renzi sarà in Russia, con Putin. «A me che importa – ha detto alla sua retroscenista Maria Teresa Meli – quello per i ballottaggi è “un voto locale”, che non investe il governo». Ma come? Renzi che si vanta di metterci sempre la faccia e per questo accetta, anzi provoca – ha spiegato alla Meli – i fischi di Confcommercio, proprio Renzi ora si distrae prima del voto di tutte, proprio tutte, le principali città?

Così si deve essere deciso in camera caritatis. Infatti quando all’attivo post-elettorale del Pd, l’ingenuo (?) Tocci ha chiesto «perché mai non giochiamo la nostra carta migliore, perché non mandiamo in campo l’alfiere della squadra, Matteo Renzi a fianco di Giachetti», nessuno gli ha risposto, né Orfini e nemmeno Giachetti. Niente cori, “Matteo pensaci tu”. Perché a Napoli, con la Valente, Renzi la faccia ce l’aveva messa e si sa come è andata a finire. Ora Sala dice: «non è che Renzi mi abbia scelto dal mazzo», Merola non lo vuole a Bologna, Fassino a Torino.

Giachetti, da parte sua, sfrutta l’assenza del premier per provare a recuperare qualcosa a sinistra. Ha risposto su Huffington Post alle 5 sfide lanciate, a lui e alla Raggi, da Stefano Fassina. E poi conta sul “virus Zedda”, la voglia che si avverte in una parte di Sel e di Sinistra italiana (Si) di fare come a Cagliari, di puntare sul centro sinistra, anche se ora al Nazareno c’è Renzi e non Bersani.

Peppe De Cristofaro, aprendo il comitato nazionale di Sinistra italiana, ha detto che quella esperienza è da considerarsi «eccezionale», cioè non ripetibile, perché Si è alternativa al Pd di Renzi. Ma Arturo Scotto e Marco Furfaro sono apparsi più cauti, già contagiati dal Virus Zedda, come Ferrara e Smeriglio e Claudio Fava ha reso pubblica la sua professione di fede: votare, senza se e senza ma, per l’amico Giachetti. Sempre che abbia recuperato la cittadinanza romana.

Non sulla stessa lunghezza d’onda Ignazio Marino: «Io Giachetti non lo posso proprio votare, il Pd, che pure ho contribuito a fondare, si è suicidato, voterò Virginia Raggi, persona di carattere, donna intelligente» ha detto stamani alla Stampa. E da Lilli Gruber Renzi fa meno ascolti di Bersani. Un segnale?