Un corteo lunghissimo da Nation a Invalides: quella di ieri a Parigi è stata la più grande manifestazione contro il jobs act dall’inizio della mobilitazione. Eppure il governo giurava che Cgt, Force Ouvriere, Solidaires, i sindacati organizzatori, erano ormai a corto di fiato. Che il fuoco si sarebbe spento con l’arrivo dell’estate, con l’arrivo degli esami a scuola e nelle università, con la distrazione degli Europei. Oggi Manuell Valls, il primo ministro, ha parlato dell’attentato a Magnanville: «La guerra contro il terrorismo - ha detto - durerà una generazione. Altri innocenti perderanno la vita». La polizia francese conosceva dal 2011 Larossi Abballa, il terrorista filo-Daesh che è entrato nella casa del vicecommissario Jean-Baptiste Salvint e ha ucciso a coltellate lui e la moglie Jessica Schneider, anche lei poliziotta, sotto gli occhi del loro bambino. «Non accetto che si parli di errori nella prevenzione - dice Valls -. Abbiamo un nemico interno che può agire con pochissimi mezzi». Vero, ma vero anche che contro questo genere di nemico l’unica prevenzione efficace è il consenso politico e la collaborazione popolare. Ha il governo Valls questo consenso? Evidentemente no. La popolarità del presidente Hollande è in caduta libera. Il Parlamento, prendendo tempo, ha costretto il governo a ritirare la legge sulla decheance de nationalité, provvedimento demagogico che inseguiva Marine Le Pen sul suo terreno e si proponeva di togliere ai francesi di origine magrebina passaporto e diritti qualora fossero coinvolti, a qualunque titolo, in un’indagine sul terrorismo islamico. Subito dopo il governo ha imposto 39-3, una specie di super fiducia che evita ogni confronto parlamentare, il nuovo code du travail, che concede agli imprenditori il diritto di licenziare per motivi economici, di pagare meno gli straordinari (che in Francia scattano dopo le 35 ore lavorate per settimana), di spostare la contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale. Ora è previsto un incontro venerdì con il segretario della Cgt, ma in un clima tesissimo. Valls ha accusato i sindacati di non aver cacciato dal corteo i casseur, i giovani che hanno tirato pietre e bottiglie di birra sulla polizia che, da parte sua, li innaffiava con i cannoni ad acqua. Più tardi, in altra zona di Parigi, tra Republique e Belleville, un corteo di giovani a viso coperto ha provocato scontri e devastato l’arredo urbano. Il governo ora vorrebbe vietare le manifestazioni sindacali. Cgt risponde: «Il nostro servizio d’ordine ha garantito la sicurezza del corteo, tocca al governo garantire la sicurezza pubblica, senza attaccare diritto sciopero e di manifestazione». Gli scontri tra giovani e polizia sono sempre più frequenti e duri. Camionette lanciate contro i cortei, pestaggi di studenti, una grenade de decencerclement che ha ferito un giornalista e dall’altra parte tiro di pietre contro i flic e slogan anti police che ricordano quelli degli anni 70 e in particolare del 77 italiano.

Un corteo lunghissimo da Nation a Invalides: quella di ieri a Parigi è stata la più grande manifestazione contro il jobs act dall’inizio della mobilitazione. Eppure il governo giurava che Cgt, Force Ouvriere, Solidaires, i sindacati organizzatori, erano ormai a corto di fiato. Che il fuoco si sarebbe spento con l’arrivo dell’estate, con l’arrivo degli esami a scuola e nelle università, con la distrazione degli Europei. Oggi Manuell Valls, il primo ministro, ha parlato dell’attentato a Magnanville: «La guerra contro il terrorismo – ha detto – durerà una generazione. Altri innocenti perderanno la vita».

La polizia francese conosceva dal 2011 Larossi Abballa, il terrorista filo-Daesh che è entrato nella casa del vicecommissario Jean-Baptiste Salvint e ha ucciso a coltellate lui e la moglie Jessica Schneider, anche lei poliziotta, sotto gli occhi del loro bambino. «Non accetto che si parli di errori nella prevenzione – dice Valls -. Abbiamo un nemico interno che può agire con pochissimi mezzi». Vero, ma vero anche che contro questo genere di nemico l’unica prevenzione efficace è il consenso politico e la collaborazione popolare. Ha il governo Valls questo consenso? Evidentemente no. La popolarità del presidente Hollande è in caduta libera. Il Parlamento, prendendo tempo, ha costretto il governo a ritirare la legge sulla decheance de nationalité, provvedimento demagogico che inseguiva Marine Le Pen sul suo terreno e si proponeva di togliere ai francesi di origine magrebina passaporto e diritti qualora fossero coinvolti, a qualunque titolo, in un’indagine sul terrorismo islamico.

Subito dopo il governo ha imposto 39-3, una specie di super fiducia che evita ogni confronto parlamentare, il nuovo code du travail, che concede agli imprenditori il diritto di licenziare per motivi economici, di pagare meno gli straordinari (che in Francia scattano dopo le 35 ore lavorate per settimana), di spostare la contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale. Ora è previsto un incontro venerdì con il segretario della Cgt, ma in un clima tesissimo. Valls ha accusato i sindacati di non aver cacciato dal corteo i casseur, i giovani che hanno tirato pietre e bottiglie di birra sulla polizia che, da parte sua, li innaffiava con i cannoni ad acqua. Più tardi, in altra zona di Parigi, tra Republique e Belleville, un corteo di giovani a viso coperto ha provocato scontri e devastato l’arredo urbano.

Il governo ora vorrebbe vietare le manifestazioni sindacali. Cgt risponde: «Il nostro servizio d’ordine ha garantito la sicurezza del corteo, tocca al governo garantire la sicurezza pubblica, senza attaccare diritto sciopero e di manifestazione».
Gli scontri tra giovani e polizia sono sempre più frequenti e duri. Camionette lanciate contro i cortei, pestaggi di studenti, una grenade de decencerclement che ha ferito un giornalista e dall’altra parte tiro di pietre contro i flic e slogan anti police che ricordano quelli degli anni 70 e in particolare del 77 italiano.