La ragazzina di Salerno vittima di uno stupro da parte di cinque minorenni ha saputo reagire e ha denunciato. Ma occorre più prevenzione, come potrebbe arrivare dall'educazione sentimentale nelle scuole, la cui legge ha iniziato l'iter

Aveva più o meno la stessa età della ragazzina vittima dello stupro di gruppo a Salerno, Franca Viola, la donna siciliana che nel 1965 venne rapita e violentata dall’uomo che poi chiese il matrimonio riparatore. Ma lei disse no e anzi denunciò il suo rapitore e violentatore che venne processato e condannato. Quel no della ragazzina 17enne siciliana è forse uno dei più importanti atti di ribellione civile del secondo dopoguerra, foriero di un grande cambiamento della società e anche della cultura. Ricordiamo che all’epoca lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona, come venne riconosciuto soltanto nel 1996.

Ma perché ricordare Franca Viola? Perché la ragazzina di Salerno, ha dimostrato nel suo post su facebook, riportato dai media, oltre a un grande dolore, anche la forza della denuncia, del non pensare che “tanto è così e non ci puoi fare niente”. Ha dimostrato di saper opporsi al silenzio, di saper reagire.

«Forse la colpa è stata mia che mi sono fidata di un “mostro” ma ringrazio anche me stessa che mi sò fatta forza e ho raccontato tutto ai miei andando dai carabinieri a sporgere denuncia».

Dovrà affrontare, è vero, prove difficili, come scrive oggi su Repubblica Michela Marzano perché la violenza sessuale è devastante.
Soprattutto poi se viene da qualcuno di cui ti fidavi.

“Pugnalata da chi credevo fosse mio amico facendomi lasciare un segno indelebile che non dimenticherò facilmente, anzi, penso che mai dimenticherò”.

Ma intanto c’è stato quel “mi so’ fatta forza”, e la denuncia, con la conseguente confessione ai carabinieri degli aggressori. Che cosa accadrà poi? Al di là delle esternazioni allucinanti di un Salvini, qui c’è tutto da ricostruire, al di là delle pene che verranno comminate. Sembra che uno dei violentatori – minorenni come lei – abbia detto «Ma che abbiamo fatto di male?». E allora, come scrive Michela Marzano «si spalanca il capitolo della prevenzione e della decostruzione degli stereotipi di genere, dell’educazione all’affettività e della cultura del rispetto». Tanto lavoro da fare, anche per sfatare quel «Forse la colpa è stata mia», segno di una colpevolizzazione che non ha ragion d’essere.
Una buona notizia arriva dalla Commissione Cultura della Camera dove è iniziato finalmente da ieri la discussione sulla proposta di legge dell’educazione sentimentale nelle scuole. Il percorso è lungo, ma, come dice Celeste Costantino di Sinistra italiana, «finalmente il Parlamento discuterà di “prevenzione” – e non soltanto di leggi punitive e securitarie – alla violenza maschile sulle donne, all’omofobia e al bullismo».
Intanto, niente silenzio e vergogna. Quel «mi sò fatta forza» sono parole che pesano. Nel senso che sono importanti, che servono. A tutti.

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.