Stesso attore, quasi stesso testo: la campagna Clinton prova a corteggiare gli elettori bianchi facendo dire che TheDOnald fa paura, tanto quanto Barry Goldwater, che nel 1964 perse le elezioni come nessuno mai nel Dopoguerra

Lo stesso attore e lo stesso spot. Solo più breve che i tempi Tv e Web sono diversi. Nel giorno in cui si apre la convention repubblicana, la campagna Clinton lancia uno spot dal titolo “Confessioni di un repubblicano II”. La versione I era andata in onda nel 1964, quando Lyndon Johnson, che raccolse l’eredità di Kennedy e che fece approvare alcune tra le leggi migliori della storia americana – il civil rights act, Medicare e Medicaid, le assicurazioni sanitarie per anziani, poveri e bambini, la televisione e le radio pubbliche – distrusse il senatore dell’Arizona Barry Goldwater.

Goldwater, che è una delle prime figure considerate chiave per la rinascita conservatrice dei repubblicani, che dopo Johnson hanno conosciuto un trentennio e più di egemonia assoluta nella politica americana, vinse solo al Sud, che votava per la prima volta repubblicano per protestare contro le leggi sui diritti civili volute da Johnson, Eppure, alcuni dicono che lo sconfitto senatore dell’Arizona, fu il primo a porre le basi ideologiche e di policies che diedero il il tono al partito per gli anni successivi. Fatto sta che le sue posizioni radicali, all’epoca, si potevano dipingere come pericolose, non affidabili. E che Johnson mandò in giro uno spot in cui un repubblicano in difficoltà che si confessa dicendo: «Ho votato Eisenhower, mio padre e mio nonno erano repubblicani, ma questo non lo voto, perché non mi fido». Oggi, a 50 anni di distanza, lo stesso attore, prova a parlare ai bianchi d’America dicendo le stesse cose: «Se parliamo di Trump, ve lo dico, quell’uomo mi fa paura e siccome penso che non votare sia far decidere gli altri, voterò contro di lui». Ecco i video

Confession of a republican II (2016)

Confession of a republican (1964)