In fin di vita per denutrizione. In un anno almeno quattro neonati con genitori vegani sono finiti in ospedale. E la rigida dieta salva-animali è finita sotto accusa. Ma di chi è la responsabilità? La risposta ai medici

Durante le poche settimane in cui è riuscito a sopravvivere, il piccolo Crown ha conosciuto il gusto di soli due alimenti: latte di soia e succo di mela. Quando i genitori lo portarono in ospedale ad Atlanta (Georgia, Usa) era ormai troppo tardi, aveva quasi due mesi e pesava meno di due chili. I medici non poterono far nulla. Jade Sanders e Lamont Thomas seguivano una dieta vegana, la forma più estrema di quella vegetariana che vieta l’uso di latticini e altri prodotti animali.
Dissero ai medici che fin dalla nascita avevano imposto al figlio al loro stesso regime alimentare. Il caso risale all’aprile 2004, tre anni dopo Jade e Lamont sono stati condannati all’ergastolo per l’omicidio di Crown. Sebbene vivessero vicino all’ospedale, il bambino non era mai stato visitato da un pediatra.
La sentenza fece molto scalpore anche perché sul banco degli imputati era finita insieme a loro, inevitabilmente, la “filosofia” vegana. E poco importava se fu lo stesso procuratore Chuck Boring a sottolineare che le sue accuse riguardavano solo il comportamento dei genitori: «Non ha alcuna importanza il fatto che fossero vegani o vegetariani. Il bambino è morto perché non lo nutrivano, hanno mentito sul fatto che fosse quotidianamente alimentato» disse Boring nel corso della sua arringa.
Nell’ultimo anno in Italia ci sono stati diversi casi di denutrizione infantile in ambiente familiare vegano seguiti da ricovero in ospedale pediatrico a Genova, Pisa, Belluno. Solo per citarne alcuni. Hanno tutti forti analogie con il dramma di Crown Thomas. Fortunatamente da noi l’epilogo è stato diverso grazie al tempismo e all’intervento medico.
L’ultimo è di pochi giorni fa a Milano quando un bimbo di poco più di un anno è stato ricoverato al Policlinico di San Donato per le conseguenze di una grave denutrizione. Qui è stato portato dopo un primo ricovero all’ospedale Fatebenefratelli durante il quale i medici avevano riscontrato una «gravissima malnutrizione e livelli di calcio quasi incompatibili con la vita». Pesava quanto un bimbo di tre mesi. Come sempre accade in queste situazioni gli investigatori della sezione di polizia specializzata contro i reati sui minori sono intervenuti per accertare se il bambino si è sentito male per colpa del regime alimentare cui è stato sottoposto, se sia mai stato seguito da un pediatra e, in caso affermativo, se il medico non si sia accorto di eventuali condotte anomale dei genitori. Secondo quanto riportano le agenzie dopo le prime cure la situazione clinica del bambino milanese è migliorata, nel frattempo, a inchiesta ancora in corso, si è scatenata la caccia mediatica alla dieta vegana. Ma è corretto puntarle il dito contro?
«Premesso che non sono vegana né vegetariana e che prescrivo una buona alimentazione mediterranea che include quindi anche le proteine animali, penso che la dieta vegana non sia responsabile del deficit di crescita di un bambino» osserva Renata Luongo, medico nutrizionista.

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Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).