Il tradimento dell'anno non è Higuain alla Juventus, anche se la prosopopea del calcio ha risonanza popolare, ma la fuga degli Agnelli dall'Italia. La famiglia (tra le più abbeverate dallo Stato) ha deciso che è giunta l'ora di smettere di fingere spostando con la leggerezza di una gita fuori porta la propria cassaforte (la holding Exor) in Olanda come era già successo per Fca, Chn e Ferrari. Il vaffanculo all'Italia ha una sintassi pomposa: secondo il comunicato aziendale l'operazione serve per costruire  “una struttura societaria più semplice, che risponda meglio al crescente profilo internazionale della società e dei suoi business”. Se ci fossero i sottotitoli sarebbe "perché dovremmo accanirci su un Paese in declino e fiscalmente asfissiante quando in giro per il mondo ci sono posti favolosi?". Una cosa così. Eppure il carrozzone Fiat sbriciolato fuori dai confini nazionali ha anche un preciso significato politico poichè dimostra chiaramente che si può essere rivenduti come benefattori anche senza benefare un emerito niente: “Abbiamo fatto scelte difficili per poter continuare a produrre in Italia” disse tre anni fa il compitissimo Jhon Elkann. E poi aggiunse l'anno seguente di essere “contento perché Fiat è ancora più italiana e ha le forze che rendono la componente italiana del gruppo ancora più forte” fino al 25 luglio del 2014 quando in coppia come Renzi disse “Siamo molto orgogliosi di essere qua e di farle vedere come Fca avrà una presenza sempre più forte in Italia”. La Fiat, per intendersi, è il giocattolo del rapacissimo Marchionne che minacciò i propri dipendenti in occasione del referendum tra lavoratori ("se non si raggiunge il 51% spostiamo tutto fuori dall'Italia" disse sornione; la Fiat (in tutti i suoi derivati) è il predellino sopra cui lo stesso Renzi ci ha insegnato che Marchionne, secondo lui, ha fatto per l'Italia più dei sindacati. Viene da riderne ancora oggi, a ripensarci. Non fa sorridere certo la fine della storia: gli Agnelli se ne sono partiti con il loro fagotto. Troppo difficile stare in un Paese in cui la ripresa è lo slogan di quattro paninari assurti al governo, devono aver pensato, meglio fare gli italiani sulla pelle degli altri. Tanto non ci smentisce nessuno, si saranno detti, anzi: ci celebrano. Bene. Avanti così. Buon giovedì.

Il tradimento dell’anno non è Higuain alla Juventus, anche se la prosopopea del calcio ha risonanza popolare, ma la fuga degli Agnelli dall’Italia. La famiglia (tra le più abbeverate dallo Stato) ha deciso che è giunta l’ora di smettere di fingere spostando con la leggerezza di una gita fuori porta la propria cassaforte (la holding Exor) in Olanda come era già successo per Fca, Chn e Ferrari.

Il vaffanculo all’Italia ha una sintassi pomposa: secondo il comunicato aziendale l’operazione serve per costruire  “una struttura societaria più semplice, che risponda meglio al crescente profilo internazionale della società e dei suoi business”. Se ci fossero i sottotitoli sarebbe “perché dovremmo accanirci su un Paese in declino e fiscalmente asfissiante quando in giro per il mondo ci sono posti favolosi?”. Una cosa così.

Eppure il carrozzone Fiat sbriciolato fuori dai confini nazionali ha anche un preciso significato politico poichè dimostra chiaramente che si può essere rivenduti come benefattori anche senza benefare un emerito niente: “Abbiamo fatto scelte difficili per poter continuare a produrre in Italia” disse tre anni fa il compitissimo Jhon Elkann. E poi aggiunse l’anno seguente di essere “contento perché Fiat è ancora più italiana e ha le forze che rendono la componente italiana del gruppo ancora più forte” fino al 25 luglio del 2014 quando in coppia come Renzi disse “Siamo molto orgogliosi di essere qua e di farle vedere come Fca avrà una presenza sempre più forte in Italia”.

La Fiat, per intendersi, è il giocattolo del rapacissimo Marchionne che minacciò i propri dipendenti in occasione del referendum tra lavoratori (“se non si raggiunge il 51% spostiamo tutto fuori dall’Italia” disse sornione; la Fiat (in tutti i suoi derivati) è il predellino sopra cui lo stesso Renzi ci ha insegnato che Marchionne, secondo lui, ha fatto per l’Italia più dei sindacati. Viene da riderne ancora oggi, a ripensarci.

Non fa sorridere certo la fine della storia: gli Agnelli se ne sono partiti con il loro fagotto. Troppo difficile stare in un Paese in cui la ripresa è lo slogan di quattro paninari assurti al governo, devono aver pensato, meglio fare gli italiani sulla pelle degli altri. Tanto non ci smentisce nessuno, si saranno detti, anzi: ci celebrano.

Bene. Avanti così.

Buon giovedì.