Mentre si attende il risultato dello stress test, ieri ultima seduta della Commissione d'inchiesta della Regione Toscana conta che Mps ha bruciato 50 miliardi. E un documento chiede l'intervento dello Stato e la riforma della Banca d'Italia

Oggi è il Mps day. Si saprà alle 22 il risultato dello stress test, cioè se l’istituto senese è riuscito o meno a superare i parametri richiesti dalla Bce per la sua messa in sicurezza. Sul piatto ci sono i 10 miliardi di crediti deteriorati di cui liberarsi, c’è l’aumento di capitale ipotizzato di 5 miliardi e pure due offerte arrivate improvvisamente ieri sera (da parte di Corrado Passera e Ubs).

Mentre nello scenario internazionale si gioca la partita sulla banca più antica del mondo, la commissione d’inchiesta della Regione Toscana su Fondazione e banca Ms potrebbe sembrare un’inezia. Ma anche se ha solo valore conoscitivo e non ha i poteri di una commissione d’inchiesta parlamentare, può servire a gettare una nuova luce sul disastro degli ultimi anni. Ieri sono terminati i lavori, infatti, con l’ultima seduta.«Abbiamo calcolato, dal momento della privatizzazione, a partire dalla legge Amato del 1995, ripercorrendo tutti gli eventi, come l’acquisto di Antonveneta, l’aumento di capitale di 8 miliardi e il progressivo aumento dei crediti deteriorati dall’inizio del 2000 fino a oggi, che il patrimonio polverizzato ammonti a circa 50 miliardi», dice a Left Giacomo Giannarelli, M5s, presidente della Commissione di cui fanno parte Leonardo Marras, capogruppo Pd, Tommaso Fattori (Si Toscana) e Claudio Borghi (Lega Nord).

Dopo 8 mesi di lavoro, è stato stilato un testo di 140 pagine con due relazioni distinte: una votata da M5s, Sì Toscana e Lega Nord con l’astensione del Pd e un’altra approvata solo dal Partito democratico. Nelle relazioni si fanno anche proposte per superare l’attuale crisi. «A seguito dell’accertamento, delle gravi responsabilità della politica nel gestire le risorse della banca, a seguito dell’accertamento dei peso dei poteri forti e del danno fatto ai risparmiatori e alle imprese per la minor disponibilità di credito, noi abbiamo chiesto che il Parlamento si attivi per la rimozione di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo che ancora oggi sono operanti negli organi di vigilanza e nei vertici della banca», continua Giannarelli. «Ci riferiamo all’attuale ad Fabrizio Viola, ma noi puntiamo il dito anche su Mario Draghi che era alla guida di Banca d’Italia quando Mps acquistò Antonveneta». Non solo, nella relazione si lancia la proposta che lo Stato nazionalizzi la banca senese «come del resto è già avvenuto in altre parti del mondo come la Francia. Ma al tempo stesso abbiamo chiesto che il Parlamento si attivi per una valutazione politica sulla riforma del sistema bancario e della Banca d’Italia in particolare per farla tornare a essere istituto di diritto pubblico».

A settembre, quando comincerà la discussione in Consiglio regionale, la relazione della Commissione d’inchiesta sarà pubblica. Nuovi dettagli si aggiungeranno sulla travagliata storia di questi ultimi decenni oltre a quelli da appurare in sede giudiziaria. Sempre a settembre, il 19, il Gup di Milano dovrà decidere se rinviare a giudizio tredici manager coinvolti nell’affaire Antonveneta. Ma intanto, per superare il pericolo immediato, oggi la partita è di un’altra natura,  e si gioca nelle sedi dell’alta finanza. Molto lontane da piazza Salimbeni.

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.