Un buon discorso, quello di Clinton, ma non paragonabile a quello di Michelle o Obama. Il podio non è il suo forte. Sarà riuscita a far cambiare idea agli americani che non la amano?

«Di solito le persone su questo podio sono nuove per molti, si presentano a voi. Come sapete non è il mio caso. I miei titoli parlano solo quello che ho fatto. Non spiegano perché. La verità è che, in tutti questi anni di servizio pubblico, la parte ‘servizio’ mi è sempre venuta più facile che la parte ‘pubblica’. Capisco che qualcuno semplicemente non sappia cosa pensare di me. Fatemi dire: la mia famiglia non ha il suo nome su grandi palazzi (riferimento a Trump), la mia famiglia è una famiglia di costruttori di altro tipo: costruttori di un futuro migliore».

Ce l’ha fatta o no, Hillary Clinton a convincere gli americani del suo essere dedita alla loro causa? Quello qui sopra è forse uno dei passaggi cruciali del suo discorso: lo so, sembra che abbia passato la vita vicino al potere per bramosia, in realtà non è così, ma non sono brava a farlo capire. E anche stavolta ci è riuscita a metà. Il suo discorso non è brillante, emozionante come altri che l’hanno precedeuta e nemmeno un attacco feroce a Donald Trump come quello di Biden, il suo è stato come spesso gli accade, un discorso nel quale ha dimostrato di sapere come si governa, di avere competenza e dedizione pancia a terra e provato a dire che lo fa perché è una statista e non una che vuole potere. E che, come ha detto sua figlia Chelsea, è una madre attenta e affettuosa e una nonna che per passare due minuti con il nipote a fare smorfie lascerebbe qualsiasi riunione.

Il tema e il dubbio che restano, che Hillary piaccia o meno, è: abbiamo chiesto a Obama, Bush, Reagan, Carter, Kennedy (e Bernie Sanders) come siano come padri e nonni? Hanno dovuto convincerci anche di quello? Oppure i raggi X a cui è sottoposta l’ex Segretario di Stato sono anche dovuti al fatto che è una donna. E che una donna, se passa tanto tempo vicino al potere, ha qualcosa che non va? È la domanda alla quale gli americani risponderanno a novembre e che i repubblicani e Trump stanno facendo di tutto per insinuare nelle loro teste. Saranno le donne americane a dover rispondere innanzitutto, che una parte dei vecchi maschi bianchi americani ha già deciso.


Il discorso di accettazione di Hillary Clinton

«L’America ha la più dinamica e diversa società e i giovani più tolleranti e generosi che mai abbiamo avuto (e si, anche l’esercito più potente). Non vi fate dire che siamo deboli e che non abbiamo quel che ci serve. E soprattutto non credete a nessuno che vi dica: ci penso io, da solo. Sono parole che dovrebbero allarmare chiunque. Si dimentica le truppe, la polizia e i pompieri, i medici e le infermiere, i maestri e le maestre, le madri che hanno perso i figli, gli imprenditori. Gli americani non dicono Ci penso io, da solo, dicono noi ci pensiamo assieme. I nostri padri fondatori hanno fatto una rivoluzione e scritto una costituzione per dire essere sicuri l’America fosse un Paese dove mai, nessuno, da solo avesse tutto il potere».


Hillary è poi passata a un elenco di cose, aggiungendo: «È vero, sono una attenta ai particolari delle politiche, che si tratti della quantità di piombo nell’acqua di Flint, Michigan o il numero di cliniche per la cura elle malattie mentali in Iowa perché sono questioni importanti per tutti e dovrebbero esserlo anche per il presidente». Un attacco indiretto a Trump che come risposta ha solo detto, appunto, ci penso io, non mi fate spiegare come, che è ovvio che lo so. Il colpo migliore a Trump è però un altro: «Dice che vuole far tornare l’America grande, potrebbe cominciare col fare le sue cravatte in Wisconsin invece che in Cina, i mobili in Ohio invece che in India…»

Infine qualche attacco a Wall Street e slogan progressista: «Se credete che dobbiamo aumentare le paghe per tutti, unitevi a noi, se credete che Wall Street non possa mai più rovinare Main Street (la strada centrale del Paese), unitevi a noi, se pensate che tutti debbano avere accesso alle cure e le donne possano scegliere della loro salute, unitevi a noi…». E poi la promessa di un enorme investimento in infrastrutture che crei lavoro e cambi il Paese e quella di «lavorando assieme con Bernie Sanders» cancellare i debiti degli studenti indebitati, «che se Trump può fallire e non pagare i suoi, non si capisce perché famiglie debbano rimanere indebitate a vita per studiare». E poi anche un discorso sulle tasse ai ricchi e sugli accordi di commercio internazionale (il TTP e il TTIP) uno sulle armi da regolamentare e uno sui giovani americani e latinos discriminati: «Cambieremo il sistema di giustizia penale e ricostruiremo la fiducia tra giovani, comunità e poliziotti».

Un discorso equilibrato, non inseguendo Sanders, ma concedendo molte cose – comprese le tasse ai ricchi e alle imprese che delocalizzano – non un capolavoro. Hillary non poteva farlo: non è una retore, non è una che scalda il cuore e non intende provare a cambiare. Non ci è riuscita in 25 anni di carriera politica, non ci riuscirà di colpo. Probabilmente non vuole: Clinton è convinta di essere pronta a fare bene il lavoro che chiede di essere chiamata a fare così com’è. Dura, quadrata, preparata, antipatica. Proprio come una donna o un uomo possono essere.

Il lavoro del leader non è solo quello di piacere in una serata televisiva vista da 30 milioni di persone. Ma per farlo devi piacere ai milioni che ti guardano e che non votano necessariamente con il cervello – per anni molti americani bianchi hanno votato contro i loro interessi. Nei prossimi giorni vedremo se i sondaggi indicheranno che Hillary è riuscita a convincere gli americani. Di certo la candidata sembrava meno tesa, contratta che in altre occasioni. Se non lei ci dovrebero essere riusciti tutti coloro che hanno parlato prima di lei. Il partito democratico ha dato una prova di forza e di diversità impressionanti – compresa la prima transgender a parlare in diretta Tv da un palco così importante. Specie se paragonati a quelli messi in mostra a Cleveland dai repubblicani.

E se proprio non ci è riuscito nessun altro ci dovrebbe essere riuscito Khizr Khan, padre del capitano Humayun Khan, morto in un attacco suicida in Iraq, che tirando fuori dalla tasca la costituzione ha detto a Trump: «La hai mai letta se vuoi ti presto la mia? Cerca le parole Libertà. Sei mai stato al cimitero di Arlington? Ci vedrai le tombe di tutte le etnie, sessi, religioni. Non hai mai sacrificato niente e nessuno». Forte e convincente. Anche un padre musulmano dall’aria severa, così, avrà dato una mano a Hillary a diventare presidente degli Stati Uniti. Mancano tre mesi e qualche giorno al voto, un voto importante per i pericoli e le possibilità che presenta. Hillary non sarà un sogno di presidente, ma una cosa è certa: è pronta e come Obama, se eletta, avrà fatto la storia.