Via libera della Cassazione alle firme per il referendum costituzionale. Oggi infatti, anticipando di qualche giorno la data del verdetto prevista per il 15 agosto, la Suprema Corte ha ufficializzato l'ok alle firme per il referendum raccolte dal Comitato per il Sì e presentate a metà luglio. Le firme raccolte dal Comitato e ritenute valide sarebbero 550mila sulle 580mila presentate. La data del voto non è ancora certa ma molto probabilmente gli italiani verranno chiamati alle urne verso la fine di novembre, si parla del 20 o del 27. La celebrazione de referendum e il suo esito dipendono anche da un'altra variabile: la pronuncia della Corte costituzionale sulla nuova elegge elettorale, i cui rilievi saranno esaminati a partire dal 4 ottobre.  

Quali sono le prossime tappe?

Dopo il responso della Cassazione devono trascorrere 10 giorni per gli eventuali ricorsi e successivamente il governo avrà 60 giorni di tempo per deliberare una data per il referendum. Le tempistiche quindi escludono la possibilità che Renzi possa portare la questione sul tavolo dell'imminente Consiglio dei ministri previsto per l'11 agosto, l'ultimo prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. Verosimilmente, quindi, dovremo aspettare il ritorno dalle vacanze e il primo incontro dell'esecutivo fissato tra la fine di agosto e l'inizio di settembre. Ottenuta la delibera del governo, la palla passa al Presidente della Repubblica che fissa con un apposito decreto la data effettiva del referendum per una domenica compresa fra i 50 e i 70 giorni dal decreto di indizione, ovvero una domenica tra il 2 ottobre e l’11 dicembre. La data che preferisce il premier sembra quella di domenica 27 novembre: gli consentirebbe di avere a disposizione almeno tre mesi di campagna referendaria per spingere le ragioni del Sì e accontenterebbe anche Mattarella, il quale vorrebbe prima vedere approvata la Finanziaria alla Camera. Il Capo dello Stato infatti è preoccupato, perché in caso di vittoria del No Renzi sarebbe costretto a dimettersi, posticipando il referendum, anche se dovesse cadere il governo, avremmo almeno mezza legge di Bilancio approvata.  

Bye Bye Mr. Renzi?

Secondo The Observer, il settimanale domenicale del Guardian, il referendum costituzionale rischia di mettere in grosse difficoltà Matteo Renzi. Per la stampa britannica il premier italiano dovrebbe tenere bene a mente quanto è recentemente successo a David Cameron che promuovendo il referendum su Brexit è finito costretto alle dimissioni dal risultato del voto. Ecco un estratto di cosa scrive The Observer:
Oggi il futuro appare molto meno brillante e meno sicuro, per l'ex sindaco di Firenze. Fra pochi mesi, probabilmente nel mese di novembre, gli italiani andranno alle urne per votare il referendum su una riforma costituzionale che secondo Renzi renderà più facile l'attività legislativa del parlamento limitando drasticamente i poteri del Senato, permettendo così all'Italia di superare una delle principali fonti di stallo politico. Se però qualche mese fa la vittoria di Renzi sembrava probabile, oggi le cose si sono fatte improvvisamente più complicate. E probabilmente il primo ministro italiano, mentre contempla il destino di David Cameron, deve sentirsi lo stomaco in subbuglio. Molto simile al voto che si è tenuto nel Regno Unito su Brexit, il referendum per gli italiani è sempre più visto come un modo per manifestare un certo malcontento generale nei confronti della classe dirigente, questo in gran parte anche perché Renzi ha giurato che, se il referendum fosse andato male, avrebbe lasciato la politica. Se Matteo Renzi perdesse la sua scommessa, i risultati del referendum potrebbero avere enormi conseguenze per l'Italia e l'Europa. Una sconfitta infatti potrebbe potenzialmente, far cadere il governo, e aprire la porta a una nuove elezioni, nelle quali potremmo vedere il Movimento 5 Stelle, partito euroscettico e populista, scalzare dal potere il partito democratico.
E mentre la stampa britannica “gufa”, Renzi cerca di schivare il colpo in arrivo ripetendo (tanto per cambiare) il suo solito mantra elettorale, ormai un classico: «Questo non è un voto sul governo». Quando mai.

Via libera della Cassazione alle firme per il referendum costituzionale. Oggi infatti, anticipando di qualche giorno la data del verdetto prevista per il 15 agosto, la Suprema Corte ha ufficializzato l’ok alle firme per il referendum raccolte dal Comitato per il Sì e presentate a metà luglio. Le firme raccolte dal Comitato e ritenute valide sarebbero 550mila sulle 580mila presentate. La data del voto non è ancora certa ma molto probabilmente gli italiani verranno chiamati alle urne verso la fine di novembre, si parla del 20 o del 27. La celebrazione de referendum e il suo esito dipendono anche da un’altra variabile: la pronuncia della Corte costituzionale sulla nuova elegge elettorale, i cui rilievi saranno esaminati a partire dal 4 ottobre.

 

Quali sono le prossime tappe?

Dopo il responso della Cassazione devono trascorrere 10 giorni per gli eventuali ricorsi e successivamente il governo avrà 60 giorni di tempo per deliberare una data per il referendum. Le tempistiche quindi escludono la possibilità che Renzi possa portare la questione sul tavolo dell’imminente Consiglio dei ministri previsto per l’11 agosto, l’ultimo prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. Verosimilmente, quindi, dovremo aspettare il ritorno dalle vacanze e il primo incontro dell’esecutivo fissato tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Ottenuta la delibera del governo, la palla passa al Presidente della Repubblica che fissa con un apposito decreto la data effettiva del referendum per una domenica compresa fra i 50 e i 70 giorni dal decreto di indizione, ovvero una domenica tra il 2 ottobre e l’11 dicembre. La data che preferisce il premier sembra quella di domenica 27 novembre: gli consentirebbe di avere a disposizione almeno tre mesi di campagna referendaria per spingere le ragioni del Sì e accontenterebbe anche Mattarella, il quale vorrebbe prima vedere approvata la Finanziaria alla Camera. Il Capo dello Stato infatti è preoccupato, perché in caso di vittoria del No Renzi sarebbe costretto a dimettersi, posticipando il referendum, anche se dovesse cadere il governo, avremmo almeno mezza legge di Bilancio approvata.

 

Bye Bye Mr. Renzi?

Secondo The Observer, il settimanale domenicale del Guardian, il referendum costituzionale rischia di mettere in grosse difficoltà Matteo Renzi. Per la stampa britannica il premier italiano dovrebbe tenere bene a mente quanto è recentemente successo a David Cameron che promuovendo il referendum su Brexit è finito costretto alle dimissioni dal risultato del voto. Ecco un estratto di cosa scrive The Observer:

Oggi il futuro appare molto meno brillante e meno sicuro, per l’ex sindaco di Firenze. Fra pochi mesi, probabilmente nel mese di novembre, gli italiani andranno alle urne per votare il referendum su una riforma costituzionale che secondo Renzi renderà più facile l’attività legislativa del parlamento limitando drasticamente i poteri del Senato, permettendo così all’Italia di superare una delle principali fonti di stallo politico.

Se però qualche mese fa la vittoria di Renzi sembrava probabile, oggi le cose si sono fatte improvvisamente più complicate. E probabilmente il primo ministro italiano, mentre contempla il destino di David Cameron, deve sentirsi lo stomaco in subbuglio.

Molto simile al voto che si è tenuto nel Regno Unito su Brexit, il referendum per gli italiani è sempre più visto come un modo per manifestare un certo malcontento generale nei confronti della classe dirigente, questo in gran parte anche perché Renzi ha giurato che, se il referendum fosse andato male, avrebbe lasciato la politica. Se Matteo Renzi perdesse la sua scommessa, i risultati del referendum potrebbero avere enormi conseguenze per l’Italia e l’Europa. Una sconfitta infatti potrebbe potenzialmente, far cadere il governo, e aprire la porta a una nuove elezioni, nelle quali potremmo vedere il Movimento 5 Stelle, partito euroscettico e populista, scalzare dal potere il partito democratico.

E mentre la stampa britannica “gufa”, Renzi cerca di schivare il colpo in arrivo ripetendo (tanto per cambiare) il suo solito mantra elettorale, ormai un classico: «Questo non è un voto sul governo». Quando mai.