Il consiglio dei ministri tra il lutto nazionale e i 50 milioni per l'emergenza promette un piano nazionale di consolidamento. Ma per ora non si parla di soldi

La terra continua a tremare. E chi ha perso la casa ha dovuto abituarsi a settecento scosse, dopo quella fatale del 24 agosto, arrivata alle tre di notte. L’ultima, di magnitudo 4.8, è stata registrata dall’istituto italiano di sismologia stamattina alle 6,28, e si è sentita in tutta l’area di Rieti. Volontari e vigili del fuoco, mentre la terra balla, continuano a scavare e ad allestire i campi, che per il momento riescono ad accogliere, nelle tende, solo poche centinaia di sfollati. Che sono nelle tende, chi è riuscito a staccarsi dalla casa crollata, a interrompere un presidio che è un po’ antifurto per sciacalli (c’è stato il primo arresto, in serata) un po’ una veglia.

Non c’è più nessuno – «non dovrebbe esserci più nessuno», dice il sindaco di Amatrice – sotto l’Hotel Roma, dopo che i Vigili del Fuoco hanno individuato e estratto altri tre corpi, stanotte, e il numero dei morti, adesso, dopo aver corso per un’intera giornata, si muove più lentamente. I recuperi effettuati in queste ore sono i più complicati, per via delle scosse e delle profondità a cui si trovano i corpi. Siamo a 250 e la paura fa pensare che si possa superare il dramma di L’Aquila, con 309 morti. Molti, rispetto alla norma, sono però i ritrovamenti in vita, che sono per ora 215. Stiamo entrando, comunque, nel post sisma, l’organizzazione è sempre più efficace e l’emergenza si fa meno frenetica. Si pensa ai funerali, con Matteo Renzi che in Consiglio dei ministri ha annunciato che, in concomitanza con la cerimonia, sarà proclamata una giornata di lutto nazionale.

Ecco, ma cosa sta accadendo, cosa si sta facendo oltre i soccorsi e il – giustissimo – cordoglio? Il governo, svolto un consiglio dei ministri sul tema, ha dichiarato lo stato di emergenza e stanziato i primi 50 milioni di euro, presi dall’apposito fondo (che è di 250 milioni) per le emergenze. È stato poi deciso lo stop alle tasse delle popolazioni colpite, anche se per ora è un’intenzione a cui dovrà dar seguito – e coperture – il ministero dell’Economia. Renzi ha invitata a lavorare per la ricostruzione «tutti insieme, al di là delle visioni politiche». Il governo, per quanto dice Renzi, non vorrebbe ripercorrere il modello aquilano delle new town («La sfida è ricostruire i borghi», dice Franceschini). «Dobbiamo fare un’operazione per cui i lavori procedono spediti», ha detto Renzi in conferenza stampa, insieme ai ministri Delrio e Madia, «ma dopo appena 36 ore non possiamo prevedere i tempi». Per un attimo è tornato il Renzi che si vanta di esser stato sindaco, ieri sera, parlando poi di prevenzione.

Nessuna cifra, nessun investimento. Renzi però ha detto (lanciando apposito progetto, da chiarire, “Casa Italia”): «Non basta essere all’avanguardia dell’emergenza, possiamo avere una visione che sia capace di affermare la cultura della prevenzione, dobbiamo riuscire ad essere seri con noi stessi sulle bonifiche sul dissesto idrogeologico, sulle questioni infrastrutturali e su altri temi, dall’efficienza energetica alla diffusione della banda larga». Assicura, Renzi, che non è il solito ritornello: «Il fatto che non ci siano riusciti in passato non vuol dire che noi non dobbiamo mettere il cuore e le energie migliori in questo progetto». Il punto, però, è che più del cuore e delle energie servirebbero i soldi: 10 miliardi sono le prime stime – non una cifra impossibile, trovata, ad esempio, per misure come gli 80 euro, che per l’economia hanno fatto anche meno di quello che farebbe un’iniezione simile nel comparto edilizio. Questioni di priorità, di velocità di riscossione elettorale. Ma le Europee erano vicine, il 2018 è più lontano e magari c’è tempo.