C’è chi sogna di renzizzarsi e chi attende con ansia il proprio congressuccio. L’unità è lontana e trionfano invidie e antipatie. Capalbio e lo sfondone di Sannicandro sono solo un sintomo

Che brutta Sinistra questa estate. Si può dire? Che brutta Sinistra questa che incespica sui metalmeccanici con il deputato Sannicandro, di Sinistra italiana,(e il suo gigionamento con cui cerca di rimediare) e poi si sposta a destra sui diritti nei propri spazi – o in quelli che nell’immaginario sono spazi della Sinistra – come è accaduto a Capalbio. Ma non è solo questione di strafalcioni, no: questa Sinistra s’è spenta, ecco perché è una brutta Sinistra quella di questa estate. S’è spenta perché è stata addomesticata per pascolare nello spazio limitrofo dell’onnivoro Pd e proprio ora che i democratici renziani salpano verso destra, di qua sembra di assistere al barcollìo di chi ha perso l’orizzonte. Metalmeccanici e Capalbio sono solo i sintomi di una vertigine che si è sclerotizzata tanto da diventare naturale e forse sarebbe il caso di dirglielo a questi indigeribili dirigenti: la missione ad oggi è fallita. Non chiusa, certo, ma fallita.

I punti fissi, innanzitutto

Abbiamo sempre saputo (ce l’hanno detto e l’hanno scritto dappertutto) che la Sinistra si sarebbe occupata dei deboli. Mica solo delle criticità e delle debolezze: dei deboli come persone. E proprio mentre le diseguaglianze si cementificano con il placet dell’Europa, proprio ora che l’establishment non ha più interesse nemmeno a nascondersi, la Sinistra sembra avere perso il fuoco: voi l’avete capito chi sono i fragili secondo questa classe dirigente? I nuovi poveri, gli invisibili e i precari sembrano scomparsi dal radar: se è vero che si riesce a fare massa intorno a una donna massacrata, un rifugiato calpestato o di fronte a un abuso di polizia (e per fortuna) sembrano essersi dispersi i disperati intermedi, quelli che galleggiano tra le pieghe non mediatiche. Se i bisogni non sono organizzati in comitati, sindacati o associazioni, questa Sinistra si convince che non esistano e così gradualmente continua a perdere la connessione con il mondo. Nel suo «che siamo, metalmeccanici?» il deputato di Sinistra italiana mostra tutta la miopia di una classe dirigente che osserva il Paese dai bollettini stampa: anche le categorie dei bisogni non si sono aggiornate.

La retorica

Melensa, insopportabile, vuota e arrendevole: la lingua della Sinistra ha la spietata banalità di un telefilm a basso costo. Si caracolla tra il vetusto e il tentato simpatico ma solo una bella foto di Berlinguer riesce a scaldare un poco i cuori. Abbiamo un premierato con vocabolario adolescenziale ma a Sinistra non si riesce a uscire dai soliti canoni: l’italiano funzionariale, il peana nostalgico, la stitichezza del ripiegato su se stesso, il grandiloquente incapace di sentire oppure la contrizione del pretino stinto. Specializzata nel suo ruolo di consolatrice questa Sinistra si infiamma più per un congressino interno che per disegnare una speranza. (…)

(Su Left in edicola l’articolo continua: Giulio Cavalli parla ancora della retorica, della renzocrazia, del parlamentarismo e della classe dirigente della sinistra)

L’articolo di Giulio cavalli sullo stato della sinistra continua su Left in edicola dal 27 agosto

 

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