Per cominciare dobbiamo andare a riprenderci un'immagine. Non servono foto, la narrazione renziana ce l'ha propinata talmente a lungo che ce l'abbiamo in testa: Matteo Renzi, fresco presidente del Consiglio dopo aver uccellato Enrico Letta, si recava Palazzo Chigi con passo lesto buttandosi in mezzo alle gente, tra negozianti intenti a sollevare la saracinesca, baristi con i cappuccini sul vassoio, passanti in estasi per un selfie e turisti incuriositi. «La mia scorta è la gente» ripeteva Matteo Renzi riprendendo un vecchio adagio di Sandro Pertini che negli ultimi anni sembra diventato un mantra. Chissà poi perché. E mentre Renzi esibiva ovunque l'accoglienza che gli veniva riservata per le strade, con la felicità ferale di un molestatore in impermeabile al parco, la renziade aggiungeva un capitolo tutto riservato al "politico tra la gente", il presidente "amato da tutti" e il "Renzi uno di noi". Tutto bello, per carità: del resto anche i bidoni calcistici quando arrivano in ritiro con la loro nuova squadra si meritano qualche tempo di fiducia incondizionata. È successo a Darko Pancev con l'Inter, figuriamoci Matteo Renzi con gli italiani. Ora torniamo alle immagini degli ultimi due giorni. A Catania (dove il premier ha fatto tappa per partecipare alla Festa de l'Unità locale) la manifestazione contro il premier superava per numero di presenza di gran lunga il comitato di benvenuto. Senza tenere conto che tra i festosi accoglienti di Renzi si contavano politici, politichetti, assessorini e tutti quelli che sperano che al premier scivoli dalle tasche qualche prebenda. I manifestanti critici invece (persone comuni, giovani, pensionati e nemmeno una vetrina rotta da sparare in mondovisione) si sono presi un po' di manganellate al civico 8 di via Umberto: quello era il limite invalicabile deciso dalle forze dell'ordine,  la zona rossa. Niente più foto e sorrisi: Renzi ora prende le distanze e le fa presidiare con i manganelli. Sarà un caso? Vediamo. Ieri a Napoli stessa scena; Renzi arriva in città e i manifestanti (vi prego, guardatevi le foto per rendervi conto di chi stiamo parlando) cominciano a prendersi un po' di randellate in testa. Tra loro c'è anche una consigliera comunale, Eleonora De Majo, che si mette in un angolo a telefonare mentre il bernoccolo le tira la fronte. Gli scontri accadono in diverse parti della città mentre il premier si preparava ad accomodarsi per gustarsi un'opera lirica al Teatro San Carlo. "Antagonisti e centri sociali che contestano fuori ricorrendo anche alla violenza non ci impauriscono: la mia affettuosa solidarietà alle forze dell'ordine": sembra l'ennesimo conato di Salvini e invece è quello che Renzi ha scritto sulla sua pagina Facebook. Antagonisti e centri sociali: ora ha imparato anche le formulette lessicali, dal berlusconismo. La sua scorta è l'agente, quindi, alla fine. e succede a tutti i politici che si rinchiudono nella tentazione di credere alla propria visione anche quando ormai è scollegata dal resto del Paese. Matteo era quello che affrontava a viso aperto anche i suoi nemici più ostili provando ad argomentare mentre puntava allo scranno alto. Ora, invece, s'è seduto. Nudo. Imbrodato da tutti quelli che elogiano il nuovo vestito del re. Buon martedì'.

Per cominciare dobbiamo andare a riprenderci un’immagine. Non servono foto, la narrazione renziana ce l’ha propinata talmente a lungo che ce l’abbiamo in testa: Matteo Renzi, fresco presidente del Consiglio dopo aver uccellato Enrico Letta, si recava Palazzo Chigi con passo lesto buttandosi in mezzo alle gente, tra negozianti intenti a sollevare la saracinesca, baristi con i cappuccini sul vassoio, passanti in estasi per un selfie e turisti incuriositi. «La mia scorta è la gente» ripeteva Matteo Renzi riprendendo un vecchio adagio di Sandro Pertini che negli ultimi anni sembra diventato un mantra. Chissà poi perché.

E mentre Renzi esibiva ovunque l’accoglienza che gli veniva riservata per le strade, con la felicità ferale di un molestatore in impermeabile al parco, la renziade aggiungeva un capitolo tutto riservato al “politico tra la gente”, il presidente “amato da tutti” e il “Renzi uno di noi”. Tutto bello, per carità: del resto anche i bidoni calcistici quando arrivano in ritiro con la loro nuova squadra si meritano qualche tempo di fiducia incondizionata. È successo a Darko Pancev con l’Inter, figuriamoci Matteo Renzi con gli italiani.

Ora torniamo alle immagini degli ultimi due giorni. A Catania (dove il premier ha fatto tappa per partecipare alla Festa de l’Unità locale) la manifestazione contro il premier superava per numero di presenza di gran lunga il comitato di benvenuto. Senza tenere conto che tra i festosi accoglienti di Renzi si contavano politici, politichetti, assessorini e tutti quelli che sperano che al premier scivoli dalle tasche qualche prebenda. I manifestanti critici invece (persone comuni, giovani, pensionati e nemmeno una vetrina rotta da sparare in mondovisione) si sono presi un po’ di manganellate al civico 8 di via Umberto: quello era il limite invalicabile deciso dalle forze dell’ordine,  la zona rossa. Niente più foto e sorrisi: Renzi ora prende le distanze e le fa presidiare con i manganelli.

Sarà un caso? Vediamo. Ieri a Napoli stessa scena; Renzi arriva in città e i manifestanti (vi prego, guardatevi le foto per rendervi conto di chi stiamo parlando) cominciano a prendersi un po’ di randellate in testa. Tra loro c’è anche una consigliera comunale, Eleonora De Majo, che si mette in un angolo a telefonare mentre il bernoccolo le tira la fronte. Gli scontri accadono in diverse parti della città mentre il premier si preparava ad accomodarsi per gustarsi un’opera lirica al Teatro San Carlo.

“Antagonisti e centri sociali che contestano fuori ricorrendo anche alla violenza non ci impauriscono: la mia affettuosa solidarietà alle forze dell’ordine”: sembra l’ennesimo conato di Salvini e invece è quello che Renzi ha scritto sulla sua pagina Facebook. Antagonisti e centri sociali: ora ha imparato anche le formulette lessicali, dal berlusconismo.

La sua scorta è l’agente, quindi, alla fine. e succede a tutti i politici che si rinchiudono nella tentazione di credere alla propria visione anche quando ormai è scollegata dal resto del Paese. Matteo era quello che affrontava a viso aperto anche i suoi nemici più ostili provando ad argomentare mentre puntava allo scranno alto. Ora, invece, s’è seduto. Nudo. Imbrodato da tutti quelli che elogiano il nuovo vestito del re.

Buon martedì’.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.