Da Hamer a Di Bella, il medici hanno il dovere di denunciare false terapie, senza fondamento scientifico, dice l'immunologo. Ma anche il dovere di dire che "i vaccini sono fondamentali non solo per sé ma anche per proteggere gli altri".

Eleonora aveva 18 anni. Il direttore di Onco-ematologia pediatrica di Padova Giuseppe Basso, che si è battuto fino all’ultimo per curarla, dice che aveva buone possibilità di farcela a vincere la leucemia se avesse accettato di fare la chemio. Ma i genitori della ragazza seguono la filosofia dell’ex medico e santone Ryke Geerd Hamer e credono che il tumore si curi da solo. Contro ogni evidenza scientifica. Pochi giorni fa una giovane donna affetta da un tumore al seno, e seguace di Hamer, è morta per ragioni analoghe a Rimini. Di ciarlatani che speculando sulle speranze dei malati propongono rimedi fasulli come il veleno dello scorpione azzurro oggi è pieno, soprattutto, il web.
«Purtroppo di casi del genere ce ne sono stati tanti e bisogna essere molto vigili» dice l’immunologo e oncologo Alberto Mantovani direttore scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University. «Anni fa un veterinario di Agropoli pretendeva di curare il cancro con il siero di Bonifacio ricavato dalle capre. Poi, come ricorderà, c’è stato il caso Di Bella», dice il professore che fu tra i primi a schierarsi contro. «Dicemmo che il metodo Di Bella andava contro l’etica e contro ogni regola di corretta sperimentazione, perché per avviare la sperimentazione sull’uomo occorre che ci sia un’evidenza scientifica e lì non c’era. Ma la fecero lo stesso buttando via un sacco di soldi». E non è stato l’unico caso. Più di recente è accaduto con Vannoni e il «metodo Stamina a base di pseudo cellule staminali», ci ricorda Mantovani, che nel libro Non aver paura di sognare. Decalogo per aspiranti scienziati appena uscito con La nave di Teseo ripercorre questi e altri casi analoghi sottolineando la responsabilità sociale del medico, il dovere dello scienziato di denunciare. «Io penso che chi fa ricerca, in particolare nel settore della salute, abbia il dovere di esprimersi o come individuo o come società scientifica come accadde a noi del gruppo di cooperazione di immunologia. Era una società di giovani ricercatori nata in polemica con certi assetti tradizionali. E decidemmo di espellere due nostri membri per comportamenti a nostro avviso non etici, che riguardavano proprio cure per il cancro».
Qualche volta, però, non è sufficiente nemmeno la condanna e l’espulsione dell’Ordine dei medici di chi ha truffato i malati, per fermare bufale pericolose. Come quella costruita a tavolino dal medico inglese Andrew Wakefield che manipolò i dati di una ricerca per far credere che esistesse un nesso fra vaccino trivalente e autismo. Ancora oggi c’è chi ci casca.

Professor Mantovani quanti danni ha prodotto la leggenda diffusa da Wakefield?
Ha provocato danni enormi e continua a farlo. Ci fu una caduta delle vaccinazioni nel Regno Unito e l’onda lunga si è sentita un po’ in tutto il mondo. L’ultima epidemia da morbillo c’è stata l’anno scorso negli Usa. In California è stata chiamata Disneyland epidemic perché portata da turisti inglesi non vaccinati contro il morbillo.

Con quali effetti?
Le rispondo ricordando un caso drammatico accaduto l’anno scorso e purtroppo emblematico. Nel reparto di pediatria oncologica a Monza è morto un bambino di 18 mesi. Aveva più del 90 per cento di probabilità di salvarsi dalla leucemia linfatica acuta da cui era affetto, ma è morto di morbillo. Perché il suo sistema immunitario compromesso dalla malattia e dalla terapia non gli consentiva di essere vaccinato. La sua difesa dipendeva dagli altri. Le vaccinazioni hanno una dimensione fortissima di solidarietà sociale nei confronti dei più deboli. Quel bimbo è morto perché intorno a lui non tutti erano vaccinati. Non si tratta di un caso isolato. In Italia oggi ci sono 1500 bambini malati di cancro e poi bambini con immunodeficienze o che vanno incontro ad un trapianto. La parte più fragile della nostra società può essere protetta da chi invece si può vaccinare.

Nell’ambito dei vaccini sono stati fatti molti passi avanti, per esempio contro il papilloma virus. Quali sono oggi gli ambiti più promettenti?
L’Italia ha una grande tradizione nell’invenzione, nella produzione e nell’uso di vaccini. Siamo stati all’avanguardia nel debellare l’epatite B, grazie a una visione sociale della medicina. Cinque miliardi di persone sono state vaccinate contro la polio grazie al vaccino prodotto in Italia, per scelta di Sabin. L’ultimo vaccino che è stato introdotto è quello contro il meningococco di tipo B, sviluppato in Italia e approvato per uso clinico in Europa e negli Usa. Ora disponiamo di due vaccini contro il cancro: contro l’epatite B che causa una parte dei tumori del fegato e quello, molto importante, contro il papilloma virus, che causa 250mila morti all’anno soprattutto negli strati più poveri della popolazione. In Africa e nei Paesi in via di sviluppo la prima causa di morte di una giovane donna sopravvissuta alle malattie infettive nella prima infanzia, non è la tubercolosi, non è l’Aids, non è la malaria, ma è il cancro della cervice. Purtroppo ogni anno muoiono quasi 10 milioni di bambini sotto i 5 anni, di loro, almeno 2 milioni perché non hanno accesso ai vaccini di base. Serve un’alleanza globale che veda insieme i Paesi poveri e più ricchi. Per 5 anni ho servito nel board internazionale che si chiama Gavi che ha questo obiettivo prioritario affrontando temi globali di salute. Alcuni mesi fa ci siamo giustamente allarmati per una decina di casi di meningite in Toscana. Dovremmo ricordarci anche che c’è una fascia dell’Africa sub sahariana dove con periodicità purtroppo regolare compare la meningite, tanto da essere denominata African meningitis belt. L’anno scorso c’è stata una epidemia in Mali e l’Oms non aveva dosi sufficienti di vaccino. La situazione è stata tamponata con un milione e mezzo di dosi prodotte in Brasile e 900mila prodotte a Cuba. In questa dimensione di solidarietà sociale, che è così intrinseca al mondo dei vaccini, è fondamentale pensare alle donne e ai bambini dei Paesi in via di sviluppo.

Un capitolo del suo nuovo libro è dedicato alla dimensione internazionale della medicina. Che cosa pensa di norme proibizioniste come la legge 40 che limita la ricerca sulle staminali embrionali?
Penso che ci siano principi etici nella ricerca su cui è giusto e salutare confrontarsi. Ciò detto, sono stato sempre contrario alla legge 40 che mi è sempre sembrata una legge contro la vita. Il dovere di un medico è anche diffondere cultura scientifica. Andando a parlare nelle scuole, nei festival, uscendo dai laboratori. Perché il Paese continua ad essere scientificamente analfabeta e dobbiamo prendere decisioni in modo democratico ma anche informato su staminali, Ogm, sperimentazione clinica ecc. Come comunità scientifica abbiamo un dovere nei confronti della società.

Lei ha fatto scoperte importanti come il nesso fra infiammazione e cancro che hanno portato a un cambio di paradigma. Come è mutato il modo di affrontare questo tipo di malattie?
Sì c’è stato un cambiamento di paradigma che ha richiesto molti anni; per lungo tempo gran parte degli oncologi e degli altri specialisti pensava solo alla cellula tumorale nell’affrontare il cancro. Le ricerche che ho fatto io, ma anche altri, hanno messo in evidenza che il micro ambiente, la nicchia che sta intorno alla cellula tumorale è altrettanto importante. Una componente della nicchia ecologica è costituita, per usare una metafora, da agenti che si comportano come “servizi segreti deviati,” invece di proteggere passano dalla parte del nemico. Non solo, ma questi “servizi deviati” corrompono anche le altre cellule di difesa per cui, altri gruppi speciali delle nostre difese immunitarie vengono addormentati. Nella visione attuale del cancro si considerano le caratteristiche del micro ambiente, l’infiammazione che promuove il cancro e la soppressione delle difese immunitarie. Questo cambiamento di visione è stato accompagnato da un forte sviluppo di strategie diagnostiche e da terapie che sono basate su strumenti immunologici. Le nuova frontiera contro il cancro è basata sull’immunologia.

Quali risultati sta portando l’approccio immunologico nella lotta al cancro, può aiutarci a tracciare un quadro?
Abbiamo cominciato ad usare anticorpi per trattare i pazienti. Sono stati resi possibili da una rivoluzione immunologica che è stata fatta 30/40 anni fa. Gli anticorpi monoclonali sono entrati nell’uso clinico, li usiamo per esempio per trattare il tumore della mammella e del colon. Almeno un terzo dei nuovi farmaci che sono in sperimentazione sono anticorpi, questo è il primo grande risultato. Il secondo è stato cominciare a usare le “parole” del sistema immunitario. Le cellule del sistema immunitario sono come i “vocaboli” che lei ed io usiamo per comunicare. Noi le chiamiamo citochine. Alcune di esse sono entrate nell’uso clinico, per esempio sono dei fattori di crescita che vengono usati per proteggere dalla tossicità il midollo. Il terzo grande cambiamento che stiamo vivendo riguarda le cellule delle difese, se sono addormentate come delle auto con il freno a mano tirato, lo togliamo, le risvegliamo. È diventata una realtà in clinica negli ultimi 4 anni e sta cambiando lo scenario. Sono farmaci in parte approvati in Europa e nel mondo, in parte sono nella pipeline. Ed hanno cambiato la terapia del melanoma, un tumore su cui per 30 anni non avevamo fatto nessun progresso. Poi stiamo cominciando ad utilizzare le cellule, dunque un’unità più complessa. Proviamo a rieducare le cellule dell’immunità e a trasfonderle, come fossero un esercito da allenare che poi viene reinfuso.

Lei coordina un programma di questo tipo, che coinvolge l’ospedale di Bergamo, di Monza, il Gaslini e il Bambin Gesù?
Sì, è un programma sostenuto da Airc. Si tratta al momento di terapie sperimentali ma i risultati sono estremamente incoraggianti nei tumori del sangue, in particolare in alcune leucemie, ed è molto probabile che vengano approvate per uso clinico in parte come prodotto industriale, in parte come ricerca clinica indipendente. Inoltre con il collega Maurizio D’Incalci dell’Istituto Mario Negri abbiamo lavorato ad un farmaco per bloccare “ i servizi deviati” di cui parlavamo prima. Abbiamo visto che funziona in parte perché ferma i poliziotti corretti. Ma è stato importante come prova di principio e ha dato il la a sperimentazioni che sono in corso un po’ in tutto il mondo.

In che modo interagisce il cervello con il sistema immunitario?
Il sistema nervoso centrale e il sistema immunitario sono i due nostri massimi sistemi per dirla con Galileo. Cominciamo a capire quali sono i meccanismi attraverso i quali si parlano, quali sono le molecole coinvolte e quali sono le conseguenze di questo dialogo. Stiamo vedendo la punta di un iceberg. Ci sono, per esempio, differenze molto impressionanti fra le risposte del sistema immunitario di anziani che vivono isolati e quelle di anziani che invece vivono una vita sociale. Alcune molecole del sistema immunitario sono fondamentali e, quando sono fuori controllo, causano problemi al sistema nervoso centrale. Alcune malattie genetiche dell’infiammazione e dell’immunità erano associate a un apparente ritardo mentale, quando si è capita la causa di questo uso delle parole apparentemente inappropriato, si è potuto affrontare il problema e i bambini sono tornati perfettamente a scuola. Più recentemente si è scoperto che alcune cellule del sistema immunitario sono particolarmente importanti per lo sviluppo di alcune aree del cervello. Personalmente credo sia meglio vivere una vita sociale molto intensa, questo a prescindere! Ma trovo affascinante il fatto che la coesione sociale sia un altro modo in cui ci difendiamo. Il sistema immunitario è specialista della difesa, che le due cose vadano perfettamente a braccetto è la nuovissima frontiera della conoscenza e della ricerca.

La passione di Alberto Mantovani per ricerca e divulgazione

Medico, oncologo, immunologo e scienziato italiano fra i più citati a livello internazionale, Alberto Mantovani è professore ordinario della Humanitas University e direttore scientifico dell’istituto chimico Humanitas. Oltre ai numerosissimi lavori scientifici he gli hanno valso numerosi premi (fra i quali l’ultimo in ordine di tempo è il premio europeo di oncologia 2016), ha scritto libri di divulgazione come Immunità e vaccini edito da Mondadori. Per La nave di Teseo è appena uscito il suo autobiografico e appassionato Non aver paura di sognare. Decalogo per aspiranti scienziati.  Mantovani ne ha parlato a Pordenonelegge il 16 settembre, incontrando le scuole. Il 20 novembre lo presenta a Milano per Bookcity.  L’11 novembre riceve il premio Antonio Feltrinelli 2016 a l’Accademia dei Lincei che l’accoglie come membro.