Alla Camera arriva una giornata di mozioni e dibattiti sulla legge elettorale. Ma il punto è sempre il referendum, con un Renzi incredibilmente disponibile e incurante di aver cambiato troppe volte idea che vuole stanare la minoranza dem

Giornata dedicata alla riforma elettorale, è quella di oggi alla Camera. Ma in realtà dovremmo dire, giornata dedicata al referendum costituzionale, perché ogni singola mossa, di Renzi come dei suoi oppositori, è in realtà fatta in funzione della consultazione sulla Riforma – di cui ancora, ricordiamo sempre, non sappiamo la data – soprattutto adesso che la Corte costituzionale ha ufficializzato il rinvio della sentenza sui profili di incostituzionalità della legge elettorale votata dal parlamento a maggio 2015.

«Abbiamo detto che siamo disponibili a cambiare», dice Matteo Renzi da New York, aggiornato sul proseguire dei vertici romani tra il capogruppo Ettore Rosato e l’alleato Angelino Alfano. Alla fine saranno dunque almeno tre le mozioni presentate a Montecitorio: quella di Sinistra Italiana che ha permesso la discussione, una del Movimento 5 stelle che ribadisce la loro proposta per un proporzionale molto corretto (beccandosi dal Pd curiose offese sull’esser democristiani), e quella del governo, che Renzi ha messo a punto soprattutto per stanare la minoranza dem.

Che può giustamente vantarsi di non aver votato l’Italicum quando Renzi poneva la fiducia e parlava della «legge più bella del mondo che tutti ci copieranno», ma che è comunque messa alle strette dal premier, che si prepara a convocare anche una direzione di partito e sventola – come possibile modifica – il premio di coalizione, modifica cara a molti esponenti dem. Nulla in realtà si farà prima del referendum – questo è chiaro – ma Renzi spera così di far spostare Bersani dal Nì sul referendum. Che si sposti sul sì o sul no, non importa – si vedrà come organizzarsi – ma palazzo Chigi vuole stanare la minoranza, che ha sempre detto che il voto sul referendum era condizionato dalla modifica dell’Italicum.

Il piano di Renzi è dunque questo: sfruttare l’attivismo delle opposizioni sull’Italicum per regolare i conti interni alla maggioranza (con Ncd) e soprattutto al Pd. Tanto – come dicono giustamente i forzisti – di tempo per modificare veramente la legge prima del referendum non ce ne è, e quindi quella di queste ore è tutta tattica. Noiosissima tattica su una legge elettorale che prima era perfetta e immodificabile e adesso, mai usata e approvata poco più di un anno fa, è «nella disponibilità del parlamento», come dice Renzi.