Proviamo a sforzarci di essere seri. Tentiamo anche di svestire per un secondo i panni dei tifosi e disinteressiamoci dei colori del M5S e dell'orrido balletto alla ricerca di assessori e delle polemiche di questi giorni. Attenzione: non perché non siano rilevanti fatti politici (parliamo di Roma e del movimento politico tra i più importanti in Italia) ma semplicemente perché su questo punto non c'entrano. Mischiare le carte e le cose serve per dibattere e propagandare. Non ora, per favore. No. Liberi di tutte le sovrastrutture immaginate una sindaca che si presenta alle elezioni ripetendo in ogni dove (e scrivendolo nel suo programma elettorale) che non avrebbe accettato la candidatura della propria città alle olimpiadi nel caso in cui sia eletta. Facciamo che venga eletta con un risultato che non lascia spazio a dubbi. E poi (tu pensa) mantenga la parola data. Mi si perdoni la domanda: che c'è di strano? Anzi, di più: che c'è da discutere? Virginia Raggi ha mantenuto la promessa. E non solo: ha spiegato più volte la sua scelta convincendo evidentemente la maggioranza degli elettori. Intorno intanto si levano i gridolini dei renzini servili: mentre la Raggi parla di "scelta di responsabilità" loro, dopo aver deposto il sindaco Marino con una firma dal notaio per la vergogna di passare dal consiglio comunale, gridano alla mancanza di coraggio. Loro, il Pd e molti dei cognomi di quel tempo, che leccarono Monti quando prese la stessa decisione con le stesse identiche motivazioni. Un PD con le idee politiche funzionali al padrone di turno. Evviva. Poi c'è Malagò, presidente del Comitato Olimpico, con la voce rotta dalla rabbia di avere dovuto fare anticamera. Lui, il sindacalista degli oligarchi, che si deve abbassare ad aspettare e poi non vede accolte le sue pretese. E a pensarci oggi a Malagò e quei cenci di vampiri già pronti ad abbuffarsi rimasti con le mani in mano viene voglia di credere che almeno per una volta, su un tema, la rappresentanza abbia funzionato.  E come risuona patetica la minaccia di pretendere chissà quale danno erariale: questi che volevano le olimpiadi dovrebbero risarcirci per gli ultimi vent'anni. Loro. Brava Virginia. Buon giovedì.

Proviamo a sforzarci di essere seri. Tentiamo anche di svestire per un secondo i panni dei tifosi e disinteressiamoci dei colori del M5S e dell’orrido balletto alla ricerca di assessori e delle polemiche di questi giorni. Attenzione: non perché non siano rilevanti fatti politici (parliamo di Roma e del movimento politico tra i più importanti in Italia) ma semplicemente perché su questo punto non c’entrano. Mischiare le carte e le cose serve per dibattere e propagandare. Non ora, per favore. No.

Liberi di tutte le sovrastrutture immaginate una sindaca che si presenta alle elezioni ripetendo in ogni dove (e scrivendolo nel suo programma elettorale) che non avrebbe accettato la candidatura della propria città alle olimpiadi nel caso in cui sia eletta. Facciamo che venga eletta con un risultato che non lascia spazio a dubbi. E poi (tu pensa) mantenga la parola data. Mi si perdoni la domanda: che c’è di strano? Anzi, di più: che c’è da discutere?

Virginia Raggi ha mantenuto la promessa. E non solo: ha spiegato più volte la sua scelta convincendo evidentemente la maggioranza degli elettori. Intorno intanto si levano i gridolini dei renzini servili: mentre la Raggi parla di “scelta di responsabilità” loro, dopo aver deposto il sindaco Marino con una firma dal notaio per la vergogna di passare dal consiglio comunale, gridano alla mancanza di coraggio. Loro, il Pd e molti dei cognomi di quel tempo, che leccarono Monti quando prese la stessa decisione con le stesse identiche motivazioni. Un PD con le idee politiche funzionali al padrone di turno. Evviva.

Poi c’è Malagò, presidente del Comitato Olimpico, con la voce rotta dalla rabbia di avere dovuto fare anticamera. Lui, il sindacalista degli oligarchi, che si deve abbassare ad aspettare e poi non vede accolte le sue pretese. E a pensarci oggi a Malagò e quei cenci di vampiri già pronti ad abbuffarsi rimasti con le mani in mano viene voglia di credere che almeno per una volta, su un tema, la rappresentanza abbia funzionato.  E come risuona patetica la minaccia di pretendere chissà quale danno erariale: questi che volevano le olimpiadi dovrebbero risarcirci per gli ultimi vent’anni. Loro.

Brava Virginia.

Buon giovedì.