Tagli, lobby e furbi tra le ragioni di un sistema al collasso. L’analisi di un operatore con vent’anni d’esperienza

Cosa c’è dietro le lunghe file, la frustrazione dell’attesa e i disservizi del pronto soccorso e della medicina d’urgenza? Lo abbiamo chiesto a chi sta dall’altra parte di quel faticoso front office della sanità italiana, un medico di medicina d’urgenza con esperienza ultraventennale in una grande struttura ospedaliera del Sud, che per ragioni di “gerarchia” ci chiede di conservare l’anonimato.

Dottore, perché i pronto soccorso sono così affollati e caotici?
I fattori sono molteplici. Pesano enormemente i tagli di fondi, di posti letto e di personale. I tagli lineari e anche le inefficienze hanno portato alla chiusura di molti centri di pronto soccorso, perfino strutture specializzate per la cura dei tumori non garantiscono più l’intervento di urgenza per i loro pazienti. Le liste d’attesa lunghissime per alcuni esami clinici spingono molte persone a fare in modo di ottenerli in tempi brevi nelle stutture di medicina d’urgenza. In particolare, poi, mancano gli operatori socio-sanitari, quelli che un tempo si chiamavano portantini: sono già pochi e quando si assentano, ad esempio per ragioni di salute, si paralizza l’intero flusso di lavoro.
Sta dicendo che può accadere che i medici non visitino e gli esami non vengano effettuati perché non c’è chi porta da una parte all’altra i pazienti?
Può sembrare paradossale ma è così. A questo si aggiunge l’invecchiamento del personale dovuto al blocco delle assunzioni.

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