Il mondo della ricerca protesta perché i presidenti delle commissioni che devono scegliere le cattedre Natta sono nominati dal Presidente del Consiglio. I più famosi scienziati e accademici scrivono una lettera aperta a Matteo Renzi. Dove si difende l'autonomia dell'università e dell'insegnamento

Aumentano di giorno in giorno le firme alla petizione su Change.org indirizzata al presidente del Consiglio. “L’Università si riforma, non si commissaria da Palazzo Chigi”, il titolo del documento che vede tra i primi firmatari 75 docenti, la medaglia Planck Giorgio Parisi, tre vincitori di Grant ERC (Roberta D’Alessandro, Giuseppe Mingione, Alessandro Reali), cinque Accademici dei Lincei (Vincenzo Balzani, Giovanni Bignami, Ciro Ciliberto, Giovanni Dosi, Gianfranco Pasquino) e ricercatori del Cnr, docenti universitari a cui si sono aggiunti anche personaggi dell’economia italiana come l’ex presidente della Consob Guido Rossi.

Il mondo della ricerca italiana protesta dopo la decisione presa dal governo a proposito dei 500 “cervelli”, la cattedre Natta (in onore del chimico Giulio Natta premio Nobel nel 1963) che verranno scelti da commissioni i cui componenti sono nominati direttamente dal Presidente del Consiglio. Non solo queste cattedre sono “anomale” perché in deroga all’Abilitazione scientifica nazionale, ma la loro istituzione, si legge nella petizione, «crea un percorso parallelo e discrimina tra studiosi anche di pari professionalità».

In sostanza, dicono i promotori della lettera aperta a Matteo Renzi, si delegittima il sistema universitario che avrebbe bisogno di un miglioramento complessivo e naturalmente di più risorse. «Dare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – continua la petizione – la facoltà di selezionare i presidenti di quelle commissioni è una scelta totalmente eccentrica nel panorama internazionale, non ha paragoni nei sistemi democratici, e lede principi essenziali della democrazia liberale, quali l’autonomia dell’insegnamento e della scienza, che i costituenti non a caso vollero tutelare nella prima parte della nostra Costituzione, all’articolo 33, che come è noto recita: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”».

Il testo evidenzia la necessità dell’autonomia universitaria per lo sviluppo economico ma anche per la partecipazione democratica e la libera circolazione delle idee. Questa petizione sulle cattedre Natta è solo l’ultimo appello in ordine di tempo proveniente dal mondo della ricerca italiana, come registra sempre puntualmente il sito dei ricercatori e docenti universitari Roars. Qualche settimana fa dopo le affermazioni di Raffaele Cantone sulla fuga dei cervelli causata dalla corruzione e dal nepotismo negli atenei italiani, si è verificata una sollevazione collettiva e cinquemila docenti hanno scritto al presidente dell’Anac, sostenendo che è la mancanza di attrattività legata alla scarsità di fondi e di prospettive a spingere i giovani ricercatori fuori dei confini italiani.

Ed è infine del febbraio 2016 la petizione lanciata da Giorgio Parisi,  uno dei più prestigiosi fisici italiani. Indirizzata al governo italiano e alla Commissione europea, la lettera, che era stata pubblicata anche da Nature, ha raggiunto 76mila firme. Il testo di “Salviamo la ricerca italiana”, punta l’indice sull’assenza di fondi per la ricerca e sviluppo, chiedendo al governo italiano di portare la spesa dall’attuale 1% al 3% del Pil. Ma come si vede dalle ultime scelte del governo, dai finanziamenti per Human Technopole di Milano alle cattedre Natta, la tendenza è quella di “premiare” poli di eccellenza a danno della ricerca di base per tutti gli atenei italiani. Come del resto dimostra anche il recente finanziamento dei Prin, progetti di rilevante interesse nazionale: 30 milioni all’anno, 300 vincitori su 4400 progetti, e poche migliaia di euro a ricercatore. Un’elemosina.

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.