Gli sfollati sono ormai oltre tre milioni. La popolazione è allo stremo: più della metà degli yemeniti dipende dagli aiuti umanitari e solo 1 bambino su 10 riesce ad arrivare vivo a cinque anni. Ma il mercato delle armi, con la giustizia non c'entra. E così, la compravendita continua floridamente

Non è solo una “guerra dimenticata”. È anche qualcos’altro. E di peggio. È la vergogna dell’Occidente e in esso dell’Europa (Italia compresa). È la sanguinosa riprova che alla base dello sfacelo mediorientale c’è la pervicace doppiezza di un “mondo libero” che non si limita, e già questo griderebbe vendetta, ad assistere silente al massacro di civili, ma quel massacro lo alimenta vendendo armi, e garantendo in sede Onu la copertura politica, all’attore regionale che attua un terrorismo di Stato. Yemen, la vergogna dell’Europa. Yemen, dove l’Arabia Saudita perpetra da tempo crimini contro l’umanità. Le cronache degli ultimi giorni raccontano di diversi missili lanciati dalle coste yemenite verso navi militari statunitensi dispiegate nel Mar Rosso, al largo dello Yemen ma in acque internazionali, con relativa risposta missilistica americana. Ciò di cui non si parla, volutamente, nei consessi internazionali, è che dopo diciannove mesi di operazioni militari si continua a morire nello Yemen e più di 6.800 persone sono già state uccise nella campagna lanciata dalla coalizione panaraba guidata dall’Arabia Saudita, per rispondere alla minaccia posta dai ribelli Houthi, e centinaia di civili continuano a essere falcidiati. Gli sfollati sono ormai oltre tre milioni. La popolazione è sempre più allo stremo: più della metà degli yemeniti dipende dagli aiuti umanitari e solo un bambino su 10 riesce ad arrivare vivo a cinque anni. E tutto questo con la complicità occidentale. Peggio che in Siria. Secondo Akbar Shahid Ahmed, tra i più accreditati analisti mediorientali, Barack Obama potrebbe mettere fine alla strage in corso in poche ore, se solo lo volesse. Ma per ora questo non sembra all’ordine del giorno.
L’anno scorso, rimarca Amnesty International Italia, l’Arabia Saudita riuscì a convincere la maggioranza degli Stati del Consiglio Onu dei diritti umani a votare contro l’istituzione di una Commissione internazionale sui crimini di guerra commessi in Yemen. Venne invece approvata una inutile risoluzione a sostegno della neo-istituita Commissione nazionale yemenita sui diritti umani che, da quello che si è visto nel primo anno di attività, non stabilirà la verità né favorirà la giustizia.
Ma la Giustizia non si concilia con gli affari. Gli sporchi affari che l’Occidente continua a intessere con Riad. Affari miliardari. Affari di armi. Dal marzo 2015, Washington ha autorizzato la vendita di armamenti a Riad per un valore di 22,2 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali devono essere ancora erogati. La lista include 1,29 miliardi di dollari in munizioni per fucili automatici. Stati Uniti, e non solo. La vergogna pervade anche Parigi. Due volte il Presidente francese Hollande e una il Primo ministro Valls hanno recentemente firmato contratti per 10 miliardi di euro con il regno saudita. Quei soldi coprivano anche un’abbondante fornitura di armi prodotte in Francia. E la vergogna cala anche sull’Italia. Perché su una parte delle bombe sganciate dai caccia sauditi sulle città yemenite c’è una sigla incisa che ci riguarda da vicino: MK83, un modello prodotto da Rwm Italia. Sede operativa a Domusnovas, nel cagliaritano. Proprio da qui, nel 2015, sono partite cinquemila bombe. Un quinto in più rispetto all’anno precedente. Va ricordato che le autorizzazioni all’export dell’industria bellica, le rilascia il nostro ministero degli Esteri. Regola che vale anche per le armi assemblate dalla succursale italiana dal colosso tedesco Rheinmetall Defence. E ai finti “smemorati” di casa nostra, ai piazzisti pubblici e privati di arsenali di morte, va altresì rammentato che la risoluzione del Parlamento Europeo adottata lo scorso 25 febbraio stabilisce «l’istituzione di un embargo sulla vendita delle armi alla Arabia Saudita». La vergogna yemenita nasce anche nel Belpaese. Fino a quando?

Questo commento è tratto dal numero di Left in edicola dal 22 ottobre

 

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