"The Young Pope" di Paolo Sorrentino è la serie televisiva più vista nella storia della televisione italiana. Ma le serie d'autore spopolano nel panorama internazionale già da alcuni anni e la regia su piccolo schermo sta diventando una valida alternativa per molti registi di successo, che preferiscono la televisione al cinema, perché permette di sperimentare

The Young Pope è una serie Tv da record per l’Italia: quasi un milione di italiani ha seguito su Sky Atlantic le prime due puntate della serie scritta e diretta dal premio Oscar Paolo Sorrentino, superando di molto Gomorra e 1992.

La miniserie di dieci episodi, andata in onda il 21 ottobre 2016, è la prima serie scritta e girata da Sorrentino, è una co-produzione italiana, spagnola e francese ed è costata 40 milioni di euro, quasi quattro volte il budget di The Youth, il lungometraggio più recente del regista.
Lo share ottenuto dal Papa di Sorrentino ha superato, si diceva, del 45 per cento Gomorra, del 42 per cento 1992 ed è stato 3 volte superiore a Game of Thrones e di 6 volte rispetto a House of cards.
Il regista campano, divenuto famoso per le Conseguenze dell’amore nel 2004, prima di The Young Pope ha lavorato soltanto due volte in televisione, in occasione della regia televisiva delle due opere di De Filippo, Sabato, domenica e lunedì nel 2003 e Le voci di dentro nel 2014.
Uno dei motivi del grandissimo successo di pubblico della serie è, senza dubbio, la scelta del protagonista: Lenny Belardo è un giovane americano di 47 anni, fumatore, cinico, solitario e traumatizzato dall’abbandono dei genitori in giovane età, cui è toccato in sorte – per un gioco di potere interno al Vaticano – di diventare Papa. La sua non docile presenza in Vaticano mette in discussione le abituali dinamiche di palazzo, punisce le irregolarità, come l’omosessualità dei sacerdoti, e stravolge le regole a suo favore, imponendo al suo sacerdote di fiducia di violare il segreto della confessione.
Frutto della collaborazione con lo storico della Chiesa Alberto Melloni, la storia di Pio XIII – nome scelto non a caso per l’atteggiamento conservatore cui rimanda – è una provocazione, una distopia teologica, in cui il Papa è un antieroe, un fondamentalista cattolico, un conservatore intollerante che trasforma i suoi dubbi e i suoi tormenti nelle braci del dogmatismo, nel rigore, nell’intolleranza e nella diffidenza verso il prossimo.
Con un cast di attori famosi – che vede Jude Law nel ruolo del giovane Papa, Diane Keaton nella parte di Suor Mary, Cécile De France nella parte della marketing manager del Vaticano, James Cromwell nel ruolo di padre spirituale di Lenny e Silvio Orlando nei panni del Segretario di Stato – The Young Pope trova posto tra le serie d’autore che negli ultimi anni hanno popolato le televisioni di tutto il mondo, soprattutto in USA.
La serie TV, dopo alcuni decenni di sperimentazione pop, è diventata, a detta di alcuni registi, la narrazione della modernità per eccellenza, uno spazio di libertà creativa sganciato dai clichè rigidi del cinema e dai diktat del mercato.

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Il precursore della migrazione dei registi dal cinema alla televisione è stato Alfred Hitchcock, che ha diretto e lanciato la serie televisiva Alfred Hitchcock presenta – di cui tutti probabilmente ricordiamo il jingle iniziale – tra il 1955 e il 1965, per un totale di 268 episodi, di cui il regista girò solo i primi 17.
Ma chi ha davvero fatto della serie televisiva un’arte e un luogo di sperimentazione è stato
David Lynch – al quale il piccolo schermo ha concesso uno spazio di libertà che il grande schermo gli ha negato – nel 1990 è diventato una star di pubblico con Twin Peaks, il noir ambientato al confine tra Stati Uniti e Canada, che è andato in onda dal 1990 al 1991 e ha collezionato in media una ventina di milioni di spettatori, con un picco di 34 milioni durante l’episodio pilota. La serie ha avuto un tale seguito che dopo quindici anni Lynch ha girato il seguito, in uscita prossimamente.

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Nel 1994 l’insospettabile Lars Von Trier ha diretto The Kingdom – Il regno, distribuito poi come lungometraggio di quattro ore, seguito da Kingdom 2 e da un’altra serie tv chiamata Kingdom Hospital.
Il format della miniserie d’autore con i suoi registi e attori famosi riconosciuti da premi su premi si è diffuso negli anni ed è diventato una prerogativa di alcuni indiscussi big del cinema americano, come Steven Spielberg, Oliver Stone, Ridley Scott.
Nel 2001 Steven Spielberg e Tom Hanks hanno prodotto insieme la serie Band of Brothers e nove anni dopo i dieci episodi di The Pacific, costati entrambi moltissimo (il secondo tra i venti e i trenta milioni) ma non particolarmente apprezzati dal pubblico americano. Un anno dopo Spielberg si consacra regista di serie e firma la regia di Terra Nova in onda su Fox, che sarebbe dovuta essere il nuovo Lost, ma, nonostante l’ingente l’investimento produttivo e la fama del regista, non ha conquistato il pubblico. Nel 2012 Spielberg ha stanziato come produttore 125 milioni di dollari per realizzare il musical a puntate di grande successo Smash mandato in onda su NbC, che ha ricevuto il premio di serie Tv più promettente dal Critic’s Choise Television Awards nell’anno 2011-2012 ed è stata nominata come miglior serie rivelazione al Teen Choise Awards 2012.

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Nel 2003, invece, Meryl Streep e Al Pacino sono diventati i protagonisti di Angels in America una serie ambientata negli anni di Reagan che parla di Aids, diretta da Mike Nichols. Nello stesso anno, il premio Oscar Ron Howard ha prodotto Arrested Development – Ti presento i miei, la serie per Fox costata tre milioni di dollari a episodio, che ha vinto 6 Emmy Awards, un Golden Globe ed è stata inserita da TIME nei “100 Best Tv Shows of All-TIME”.
Nel 2011 Todd Haynes (premiato come miglior regista di miniserie di quell’anno) ha diretto Mildred Pierce, la miniserie in cinque puntate che ha vinto cinque Premi Emmy, tra cui uno destinato a Kate Winslet, nei panni della protagonista.
Tra il 2010 e il 2014 Martin Scorsese ha inaugurato la sua carriera di regista tv con la produzione e la regia dell’episodio pilota di Boardwalk Empire – L’impero del crimine, la serie creata da Terence Winter, il pluripremiato sceneggiatore di I Soprano, che ha vinto 20 Emmy Awards su 57 nomination totali e ha meritato il plauso della critica, ma non quello del pubblico.
Si chiamava Boss, invece, la serie prodotta da Gus Van Sant, il regista di Will Hunting e Milk, che ha girato l’episodio pilota della saga politica andata in onda nel 2011 su Starz, passata quasi in sordina.

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A conferma di uno stile versatile e sperimentale coltivato durante gli anni dei video musicali, David Fincher, invece, ha vinto numerosi premi per la regia di House of Cards – Gli intrighi del potere, la saga politica che racconta i segreti del partito democratico americano tramite la vita personale di Frank Underwood, interpretato da Kevin Spacey, che è stato premiato con un Golden Globe come miglior attore in una serie drammatica.
Nel 2014 i fratelli Coen hanno prodotto Fargo, la serie antologica ispirata all’omonimo film del 1996, che ha vinto il premio di miglior miniserie televisiva, miglior regia, miglior casting e Billy Bob Thornton ha ricevuto il premio di miglior attore protagonista di miniserie. Nello stesso anno Cuarón e J.J. Abrams hanno dato agli schermi la serie Believe, Guillermo del Toro e Chuck Hogan hanno debuttato con la serie dell’orrore The Strain e Matthew McConaughey e Woody Harrelson hanno interpretato i ruoli di due poliziotti nel noir True detective, la serie antologica di Nic Pizzolatto, che ha visto Colin Farrell come interprete della seconda stagione.

Nel 2015 è andata in onda su Amazon l’episodio pilota più visto di sempre su Amazon The Man in the High Castle, la saga storica prodotta da Ridley Scott, non ancora arrivata in Italia.

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Il 2016 finora è senza dubbio l’anno più ricco di serie d’autore, con delle partecipazioni inedite.

È stata riconfermata Sense8 la serie fantascientifica delle sorelle Wachowsky, note per Matrix; Jonathan Nolan (il fratello di Christopher) ha debuttato con Westworld – Dove tutto è concesso, la serie prodotta da J.J. Abrams che conduce lo spettattore in un mondo sintetico e robotico al confine della realtà; Martin Scorsese, Terence Winter e Mick Jagger hanno lanciato su HBO Vinyl, la serie sull’ascesa del punk e del rock negli anni ‘70 in onda dal 14 febbraio 2016; Woody Allen ha realizzato il suo primo lavoro per la televisione, Crisis in Six Scenes, in onda su Amazon in streaming on demand il 30 settembre, e infine, Darren Aronofsky, il regista di Pi Greco. Il teorema del delirio e Requiem for a dream, si sta per lanciare con la serie MaddAddam, basata sull’omonima trilogia di Margaret Atwood.

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