Trump si prepara alla sconfitta promuovendo il suo marchio e smettendo di tenere raccolte fondi per il partito repubblicano. Per un personaggio che detesta fare la figura del perdente è meglio passare ad altro?

New York City – Davanti alla Trump Tower, piazzata in quello che resta uno dei quadranti del lusso di una Manhattan che sta rapidamente diventando tutta di lusso, con attorno le boutique di Saint Laurent, Prada e molte altre case di moda della gamma alta e a due passi da Central park, c’è sempre del teatro. Sostenitori e oppositori si sfidano, prendono in giro, insultano. Qualche turista, più del solito, si ferma, entra, beve un caffé o una birra nello scuro Trump Bar, fotografa. Tre poliziotti fuori, due nella hall di marmo rossastro e specchi, molto anni 80, cascata compresa.
Oggi c’è una signora grassotta che ricorda a tutti che «se non volete morire schiavi dovete votare Trump». E quando arriva un colosso vestito con il pigiama a strisce da galeotto e la maschera di Hillary con le corna gli chiede: «Non starai mica con Hillary?». «No! È il diavolo e dovrebbe stare in galera» risponde lui infilandosi la maschera». Il pugno di intesa che si scambiano è qui sotto. In strada, sotto la Trump Tower i fan di TheDonald sono così.

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Poi ci sono tre signore e un ragazzo in sedia a rotelle che si fanno un selfie tenendo in mano il cartello della campagna Trump-Pence. Sono, in piccolissimo, due campioni della gente a cui piace il candidato repubblicano: gente strana, un po’ marginale e bianchi non giovani. Loro, ci sperano ancora: «Trump può vincere e i sondaggi non sono affidabili: non voglio morire pagando le tasse, hai visto che è successo con Obamacare? I premi aumenteranno? E chi paga?». Marie-Ann è quella non bizzarra del gruppetto, vive a Staten Island, uno dei cinque borough in cui è divisa New York City, quello più simile a un suburb, meno metropoliano e più anziano degli altri.

Davvero ce la può fare Trump? Gli ultimi sondaggi lo danno in lieve recupero, secondo Bloomberg, in Florida sarebbe persino in vantaggio di un punto. Vedremo, ma un ribaltamento dei sondaggi è improbabile. Senza farla lunga ed entrare in lunghi e noiosi particolari – un post dedicato solo ai numeri nei prossimi giorni –  a oggi dovrebbe riprendere Clinton in almeno una decina di Stati per vincere. Non impossibile, ma difficile. Nonostante le continue fughe di notizie (o meglio i leaks di Wikileaks), che rende Hillary un candidato debole più di quanto non sia, Trump ha più falle nella nave della sua concorrente.

E allora a che gioco sta giocando? La giornata di ieri l’ha passata inaugurando un hotel di lusso a Washington. Una scelta che può essere interpretata in due modi: sta passando ad altro e promuove il suo marchio, cerca di ricordare a tutti di essere un imprenditore di successo. Il discorso ai suoi dipendenti era pacato e meno teatrale del solito, ma non continuerà così. «Se parlo davanti a ventimila persone che vogliono fa tornare l’America grande devo entusiasmarli», ha commentato. Lo stesso giorno la sua campagna segnalava che TheDonald smetterà di partecipare a grandi eventi di fundraising. Un dramma non tanto per lui, quanto per il partito repubblicano, alle prese con i danni che il suo candidato potrebbe produrre alle maggioranze in Senato e alla Camera.

Volendo dare una spiegazione a un comportamento singolare per un candidato a due settimane dal voto, si può prestare un orecchio a un lungo podcast del New York Times che ha sentito ore di interviste registrate per la biografia di TheDonald. Il succo estremo è – ma si vede anche per televisione – è che Trump desidera essere amato, è terrorizzato dall’idea di fare la figura del perdente e tende a dare la colpa agli altri di quanto male gli capita – che è un tratto caratteristico di tutti i populisti. E soprattutto, dice di se stesso, detesta guardarsi dentro, fare introspezione.  E così si starebbe preparando ad accusare il suo partito di averlo portato alla sconfitta e contemporaneamente starebbe tornando al ruolo di principe dei casinò e degli alberghi di lusso, presenzialista e pacchiano come solo lui. Le conseguenze per i repubblicani saranno comunque disastrose: oggi il Grand Old Party è diviso tra una banda di trumpiani agguerriti, i conservatori religiosi e non solo e i moderati, in netta minoranza.

Poi c’è la promozione del marchio: se Trump perderà, il suo status verso un pezzo importante di America sarà cresciuto enormemente. La stessa America che oggi twitta, come un suo follower ha fatto, “l’8 voto Trump, il giorno dopo, se perde, imbraccio il fucile”, è un bel mercato per merci di ogni genere. A partire da un canale Tv, che tutti dicono si stia preparando a lanciare. C’è un sondaggio Gallup che dice che il 78% degli americani ha sentito parlare di Clinton in questi mesi e che l’83% ha sentito parlare di Trump. Un paradosso per un candidato che è indietro nei sondaggi. Ma anche una bella pubblicità.

La stessa che si è fatto in questi mesi tenendo comizi e conferenze stampa nelle sue proprietà: dal campo di golf in Scozia, al resort in Florida, passando per la sua Trump Tower. Ogni volta ne parla un po’. In diretta Tv. L’inaugurazione del suo albergo di lusso, insomma, è andata in diretta sui canali all news per tutto il giorno. Non male come spot.

I suoi prodotti, che vedete qui sotto nelle vetrine della Trump Tower, come le cravatte e le linee di vestiti e gli oggetti per bambini, i gioielli firmati Ivanka, non sono merce di lusso ma illusione di lusso. E Trump forse si prepara a inondare l’America con quelli. E a inventare qualche altro modo per stare al centro dell’attenzione. Il contrario del bravo candidato presidenziale che perde. Ma dopo un anno come questo, il buon Donald non sopporterebbe di starsene buono a casa.

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