La morte di un pescatore ha scatenato un'ondata inedita di proteste in Marocco contro il Governo e contro la polizia. Migliaia in piazza da venerdì. E si pensa a una nuova rivolta del mondo arabo

«Siamo tutti Mouhcine!», gridano i manifestanti scesi in piazza, da ben quattro giorni, in quasi tutte le città del Marocco per protestare contro la morte ingiusta di Mouhcine Fikri, il pescatore rimasto ucciso venerdì durante un sequestro da parte della polizia.

Alcuni attivisti per i diritti umani, intervistati dalla Bbc, hanno dichiarato che si tratta «della più grande manifestazione dal periodo delle primavere arabe» e non è difficile crederlo.
Migliaia di persone per strada da Casablanca a Rabat, negozianti e pescatori in sciopero da venerdì, migliaia le condivisioni su Twitter. Il tutto, sotto lo sguardo preoccupato di re Mohammed VI. Che si occuperà personalmente della vicenda, considerato che il Marocco, nella persona del premier designato Abedelilah Benkirane, sta ancora tentando faticosamente di mettere insieme un governo.

Mouhcine Fikri aveva trentuno anni e lavorava come venditore ambulante di pesce nella città settentrionale di Hoceima. Venerdì, la polizia gli ha confiscato diverse tonnellate di pesce spada, la cui pesca è proibita in questo periodo. In pochi minuti si è consumata la tragedia: Mouhcine e altri venditori si sono avventati sul camion dell’immondizia in cui la polizia aveva gettato il pesce. Poco dopo, la pressa per lo smaltimento dei rifiuti è stata attivata, e mentre gli altri sono riusciti a sottrarsi alla morsa meccanica, Mouhcine è rimasto schiacciato a morte. La folla riunita intorno al camion si è scagliata contro i poliziotti, chiamandoli «assassini» e ritenuti responsabili volontari dello stritolamento del pescatore.

Da quel momento la protesta è esplosa, contagiando e mobilitando l’intero Paese. Il governo di Rabat sta cercando di correre ai ripari promettendo un inchiesta che appuri i fatti, e contenere così le proteste. Soprattutto, in vista dell’apertura a Marrakesh, della Cop22, la conferenza internazionale sul clima sotto egida Onu che si svolgerà tra il 7 e il 18 novembre nella città marocchina.

Ma in piazza e sulla stampa la rabbia monta: «Il Marocco è in stato di Choc. La morte atroce di un pescivendolo indigna il Rif e tutti i marocchini», scrive il quotidiano Akhbar Alyoum mentre un altro giornale, Al-Ahdath, titola tutta pagina: «Chi ha massacrato Mouchine?».

 

 

 

 

Il funerale di Mouhcine ha richiamato 40 mila persone e le foto del suo corpo martoriato hanno fatto il giro del web velocemente, mobilitando l’intero Paese contro gli abusi da parte della polizia, e riportando alla mente i fatti tunisini del 2010, all’inizio della Primavera Araba.

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Nel 2010, infatti, un altro venditore ambulante è diventato il simbolo della protesta contro la polizia e contro il Governo, tanto da essere considerato l’agente scatenante della Primavera Araba in Tunisia, dilagata da lì nel resto dei Paesi arabi: Mohamed Bouazizi, tunisino, dopo anni di maltrattamenti, confische di prodotti ortofrutticoli e tangenti da pagare alla polizia, si è dato fuoco in piazza, in segno di protesta contro la polizia, lanciando un messaggio di dissenso all’intero paese. Messaggio che è stato accolto ed è diventato il carburante della Rivolta dei Gelsomini, il movimento di protesta nato in Tunisia dopo la morte di Bouazizi contro la corruzione della polizia e dello Stato, la disoccupazione, i rincari alimentari e le pessime condizioni di vita.
In seguito a quella rivolta, il dissenso si è espanso a macchia d’olio nel mondo arabo, e in alcuni casi i capi di Stato – di Tunisia, Egitto, Libia e Yemen – hanno dovuto consegnare le dimissioni, sono stati imprigionati o addirittura uccisi, come è capitato a Muammar Gheddafi.
All’epoca il Marocco prese parte all’ondata di rivolte in modo bilanciato, abbastanza pacifico e ridimensionato rispetto agli stati vicini, anche per le numerose riforme messe in atto da re Mohammed VI, detto “il modernizzatore”, che ha concesso numerosi diritti al suo popolo, soprattutto in termini di diritto familiare.

Da allora, però, il movimento di protesta “20 febbraio”, nato nel 2011, non ha mai smesso di esistere e di chiedere il ridimensionamento del potere di re Mohammed VI, le dimissioni del Governo e alcuni cambiamenti costituzionali.

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Mouhcine Fikri e la sua storia sono diventati in pochissimi giorni i simboli dell’ingiustizia di Stato e l’occasione per scendere in strada a protestare contro quella polizia e quel governo che alcuni anni fa non è riuscito a intaccare.