Tre comizi in un giorno per il senatore del Vermont. Trump e Hillary quasi pari nei sondaggi. Bernie, Obama, Biden in campo. Il Maine, dove Sanders ha vinto le primarie, sembra ancora sentire TheBern

Portland, Maine – «Mi rimane difficile ricordare un tale livello di aggressività nei confronti di una donna. Forse solo le streghe di Salem sono state trattate peggio di Hillary». Jenny è una sostenitrice di Clinton sulla cinquantina, felpone e zoccoli, è in fila per ascoltare Bernie Sanders a Portland, piccola città del Maine, all’estremo nord degli Stati Uniti, due passi dal Vermont che elegge il senatore della sinistra democratica. «Sai cosa apprezzo di lui? Due cose: che ha spostato a sinistra la piattaforma del partito su alcune questioni cruciali e che, dal momento in cui ha perso le primarie, da gran signore qual’è, si è rimboccato le maniche per far vincere Hillary».

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Parlando delle donne estromesse dai piani alti, Jenny spiega la sua ragione per sostenere Clinton: vuole una donna alla Casa Bianca. Parlando di Sanders, ti racconta come la base del partito, in fondo, sia più in sintonia con lui che con la politica Hillary. Ma tutti sono preoccupati qui a Portland, ordinato porto del New England: la vicenda delle email ha ridotto la distanza tra Clinton e Trump a tal punto che Jenny passa il tempo a consultare le pagine dei sondaggisti in cerca di un dato confortante. «Da tre giorni a questa parte non ne trovo», dice sconsolata. «Qui sappiamo cos’è il trumpismo, il nostro governatore è già Trump al potere». In effetti Paul LePage, governatore del Maine è volgare, aggressivo, destrorso come il miliardario newyorchese.

Fa freddo e in diverse centinaia compongono una fila ordinata per ascoltare Bernie Sanders, il senatore stasera è al terzo comizio del giorno, due in New Hampshire prima di Portland. A guardarlo sul palco non si direbbe.
L’onnipresenza di Sanders, Obama e Biden, che stanno battendo gli States palmo a palmo, non è proprio un bel segnale: Clinton ha paura di perdere a causa del danno prodotto dalle decisioni dell’Fbi. Un sondaggio nazionale Washington Post mette i due candidati praticamene alla pari. Intendiamoci, i sondaggi nazionali lasciano il tempo che trovano, a questo punto contano i singoli Stati – ma anche da qui, Hillary è messa meno bene di tre giorni fa, specie in Florida, Ohio e North Carolina.

La verità è che, per tutta la campagna Donald Trump ha saputo imporre l’agenda, far parlare di sè, farsi rispondere. Nel bene e nel male, quando ha dovuto difendersi da accuse sul suo sessismo e sull’evasione delle tasse (un nuovo scoop del New York Times ieri) sostenendo che c’è un complotto ordito dai media contro di lui, così come quando è andato all’attacco: i toni sopra le righe pagano con la Tv e sui social media. Trump lo sa e ci gioca. Come dirà Sanders più tardi durante il suo discorso in una grande palestra di college: «I grandi canali all news hanno dedicato ai temi della campagna 37 minuti in totale, il resto sono stati insulti». Lui invece parlerà di contenuti. Sono quelli che gli premono.

 

La maggioranza della gente è qui per lui: quando una delle persone che lo precedono sul palco chiede: «Chi ha votato Sanders alle primarie?», molto più di metà della sala alza la mano. Del resto gli Stati del Nord est e gli altri dove le minoranze sono poca cosa se li è aggiudicati quasi tutti lui. Ed è lui che li sta battendo per aiutare Clinton.

Non è una cosa da sottovalutare: tre persone con cui abbiamo parlato dicono, vado perché c’è lui che fa campagna. Uno studente al primo voto spiega che molti dei suoi colleghi voteranno grazie a Sanders. O alla paura di Trump: William, molto radicale e sulla sessantina, dice che non voterebbe mai per Clinton, Ma che di fronte al miliardario non può astenersi o votare la verde Jill Stein – fuori ci sono i suoi sostenitori a cercare di raccattare qualche voto, una di loro interromperà Sanders urlando e verrà portata fuori. «Sanders ha imposto una serie di temi che per me sono cruciali – ci spiega Cal, 50 anni, cartello di Bernie sotto il braccio – si parla molto di sicurezza e di paura, sono temi importanti, il Medio Oriente è un macello, ma qui dobbiamo lavorare per restituire fiducia alla middle class, per includere tutti. E ci sono alcune proposte che Sanders è riuscito a imporre al programma democratico che vanno in quella direzione: il salario minimo, la fine del debito per gli studenti, il congedo per malattia e maternità».

Sanders queste cose le ripeterà tutte nel suo discorso, sciorinando numeri, e brandendo l’opuscolo su cui è stampata la piattaforma democratica «più progressista mai approvata». Il senatore del Vermont torna più volte su un concetto: «Se riusciremo a sconfiggere quest’uomo che non paga le tasse, state sicuri che le pagherà come voi e me. Ma il lavoro sarà appena cominciato – dice ripetendo il tema della sua campagna – il cambiamento, la political revolution che vogliamo non avviene a causa di un leader e neppure in un giorno. Servono lavoro, impegno, unità».

E tutto sommato, parlando con la gente, l’unità è il segnale che la platea fatta di molti ragazzi, famiglie giovani, qualche operaio, pochi anziani, regala al senatore del Vermont: una signora seduta nelle prime file delle gradinate della plaestra è una sostenitrice di Hillary, ma adora Sanders ed è contenta che abbia saputo iniettare alcune grandi questioni nel dibattito nazionale. Due sue amiche dall’aria nordica, come molti qui in Maine, dove la popolaziona ha spesso origine del Nord europeo, annuiscono mentre un operaio che parla dal palco parla di tasse, lavoro che deve tornare in America e declama «Trump non crede negli americani e nel lavoro americano, compra acciaio cinese e ci vende odio e paure. Tra pochi mesi ci nasce una figlia, non voglio che conosca un presidente Trump».

— Left (@LeftAvvenimenti) 1 novembre 2016

Sanders parla di lavoro, sanità, università e cose che si possono fare per migliorare lo stato di salute del Paese. E ricorda: «Se dieci anni fa mi avessero “Bernie nel 2016 avremo il matrimonio tra persone dello stesso sesso come diritto costituzionale”, avrei risposto “stai di fuori”. Ma i militanti LGBT, i loro compagni etero, le organizzazioni per i diritti civili si sono organizzate e hanno lavorato per cambiare le cose. Ed eccoci qua». Lo stesso, dice il senatore aprendo le braccia come sempre nei comizi, è valso per i diritti del lavoro nel ‘900, per le battaglie dei neri negli anni 60. Oggi di nuovo occorre unirsi per fermare il peggior candidato presidente della storia – che nel frattempo ha ricevuto il sostegno Di The Crusader (il crociato), il giornale del Ku Klux Klan. E poi, naturalmente, per fare in modo che la piattaforma del partito democratico non rimaga lettera morta.

Se Clinton verrà eletta avrà a che fare con una nutrita schiera di sostenitori di sinistra in Congresso. Sono diversi e molto popolari. E sono un antidoto a Trump, possono contendergli l’elettorato bianco e operaio. In questi giorni le stanno dando una grande mano, da presidente Hillary dovrà ascoltarli. La gente che si incammina verso casa tirandosi su il collo per riparlarlo dal vento freddo che arriva dal mare, voterà Clinton. Ma  le chiederà le stesse cose che chiede Bernie Sanders.