Da Preci, l'albergatore Alberto Quaglietti: «Non vorrei andarmene, per i miei dipendenti e per non abbandonare il paese». Colpite oltre 10mila imprese con 40mila addetti, dall'agricoltura al turismo. E il made in Italy della "terza Italia" ora deve ricominciare da capo. Da dove?

«Era una stagione eccezionale. Dopo molti anni di crisi ci stavamo riprendendo e adesso si lavorava veramente tutti, dall’albergo al negozio di alimentari fino all’officina meccanica, perché quando ci sono tanti turisti c’è anche chi ha bisogno di cambiare una gomma». Alberto Quaglietti è un albergatore di Preci (Perugia), uno dei luoghi più colpiti dalle due scosse di terremoto del 26 e 30 ottobre. Originario di Spoleto, si è trasferito a vent’anni lassù tra i monti Sibillini nel 1980 e ha visto così passare sotto i suoi occhi anche l’altro terremoto, quello del 1997. La sua è una storia comune a molti altri commercianti, artigiani e piccoli imprenditori dell’area tra Marche, Umbria e Lazio, colpita dalle scosse del 2016: in 197 comuni (erano 62 dopo il 24 agosto) 11mila imprese con 40mila addetti coinvolti. Per il 30 per cento impiegati nell’agricoltura, un 20 per cento nella manifattura e poi il turismo che stava prendendo piede sempre di più. «In pratica è come se il terremoto si fosse concentrato sul parco dei Monti Sibillini», continua Quaglietti. Si tratta di una zona interna, di montagna e alta collina, che adesso rischia moltissimo in termini economici.
Giorni fa sul Corriere della Sera Dario De Vico incitava all’innovazione (anche attraverso reti e aggregazioni) per far ripartire una cultura imprenditoriale nel Centro Italia. Purtroppo lassù lo scenario è molto complesso. Come racconta l’albergatore di Preci, in queste zone i paesi sono scarsamente abitati con frazioni di poche decine di abitanti sparsi tra i boschi e la montagna – Preci ha 750 abitanti e 18 frazioni -. Le principali attività sono legate al turismo, in tutte le sue pieghe: escursioni a piedi o a cavallo, visite a musei e a borghi storici e d’arte. Sono fioriti quindi, dopo anni di crisi, strutture alberghiere e campeggi, ristoranti, negozi di prodotti tipici e dell’alimentare di qualità. Il prosciutto di Norcia e le lenticchie di Castelluccio di Norcia sono un esempio per tutti. Nelle Marche, scendendo dalle colline verso il mare l’attività economica è più diversificata. E anche in questo caso, dopo la crisi della manifattura calzaturiera di qualche anno, fa, c’era stata una ripresa. La regione che fa parte della cosiddetta “terza Italia” della produzione locale, quel made in Italy tante volte evocato, adesso deve ricominciare da capo. Da dove? Il sindaco di Matelica (Macerata) Alessandro Delpriori, che è uno storico dell’arte, ha lanciato un appello al ministro Franceschini affinché «si metta in sicurezza il patrimonio storico artistico, perché solo così si mette in sicurezza il futuro». Il sindaco del paese marchigiano – 10mila abitanti e 3mila sfollati – focalizza l’attenzione sul turismo. È questo il futuro per queste zone. «Pensiamo a Norcia: viveva con San Benedetto e il prosciutto». È la stessa cosa per Preci. Continua con passione Alberto Quaglietti: «Quassù l’aria è fine, non ci sono grandi vie di comunicazione, la natura è incontaminata. Si possono fare tutti gli sport all’aria aperta e in più godere di una ristorazione ottima. Siamo a due passi dallo spendido spettacolo della fioritura di Castelluccio di Norcia, poi c’è la montagna». Il suo albergo si trova in un palazzo del ‘500 appartenuto alla famiglia Scacchi, una dinastia di chirurghi del XVI-XVII secolo che ha operato in tutta Europa, come racconta Quaglietti. Suae ac amicorum comodidati, per la comodità sua e degli amici è l’antico motto inciso sul capitello di una finestra e diventato il “logo” dell’albergatore. Il quale non vorrebbe andarsene da Preci. E questo è il dilemma delle piccole attività imprenditoriali da aiutare in tutti i modi, sia dal punto fiscale che dal punto di vista logistico. «Io non me ne vorrei andare. Anche perché mi dispiace per i miei dipendenti, 5 ragazzi del posto bravi e competenti. Tra di noi c’era un buon rapporto. E poi perché si deve dare il segnale che la vita riprende, in ogni modo». L’edificio è inagibile, secondo Quaglietti ci vorranno 3-4 anni perché sia di nuovo fruibile, ma nel frattempo, dice, «se il comune mi trovasse un luogo alternativo, potrei riprendere l’attività». Anche uno spiazzo su cui costruire una struttura prefabbricata in legno, basterebbe. In effetti l’unico ristorante rimasto aperto a Preci insieme ad un bar è una struttura che era stata installata all’inizio del Paese dopo il terremoto del 1997. Era in legno, e adesso non ha subito danni.

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.