La staffetta partigiana, femminista e pacifista: "Bisogna abrogare l'articolo 7 del Concordato. Ecco cosa vorrei cambiare nella Costituzione". E poi un monito ai Comitati del No: "Devono coinvolgere di più le donne e mobilitarsi a tappeto"

«Dopo la vittoria del no, voglio raccogliere le firme per abrogare l’articolo 7 della Costituzione, quello del Concordato tra Stato e Chiesa». Con un tono della voce molto deciso, Lidia Menapace, 92 anni, staffetta partigiana, pacifista ed esponente del movimento femminista nonché senatrice nel 2006 per Rifondazione comunista, espone tranquillamente i suoi progetti per il dopo referendum. Rappresentante del No a Bolzano, dove vive, Lidia non esita a rilanciare la posta, per nulla intimorita dal dispiegamento di forze del fronte del Sì, anche se sollecita i vari comitati del No ad estendere la lotta, con una mobilitazione più a tappeto. Una donna forte Lidia Menapace e una incrollabile certezza nella capacità di coinvolgere le “cittadine e i cittadini – nominiamole le donne, dice, se no non esistono” -.
Lidia, quali sono i punti  inaccettabili della revisione costituzionale?
In generale è inaccettabile tutta la procedura. Questo è un testo giuridico fondamentale e quindi se ci fosse anche qualcosa di giusto, poiché la procedura è sbagliata, io la respingo. La procedura, ricordo, è garanzia. In questo caso, è confusa. Sono abbastanza vecchia per ricordarmi il dibattito sulla Costituzione, fu partecipatissimo, molto limpido, chiaro. Non è la stessa cosa adesso e la dimostrazione è che nonostante tutti i giochi di equilibrio – in cui è bravo -, Renzi non è riuscito a ottenere i voti che servivano perché la sua proposta diventasse legge immediatamente. Ha dovuto promuovere il referendum che, ricordo, è obbligatorio, non è stata una scelta.
Hai accennato al clima in cui è nata la Costituzione. Com’era, in particolare?
Tutti si immaginano che la Costituzione sia stata costruita da un bel gruppo di giuristi seduti attorno a un tavolo con la massa fuori tranquilla e ignara. Invece no. L’Italia era appena uscita dai bombardamenti, le città erano distrutte e la confusione era tanta. Ma ci fu una specie di passione collettiva, anche se non in nome della patria perché queste cose dopo il fascismo uscivano dalle orecchie. La passione dominante era quella dell’essere liberi, di questo si discuteva ovunque: nelle osterie, nei treni, per strada, nelle scuole. Le persone chiacchieravano, suggerivano che bisognava fare questa o quell’altra cosa. E poi leggevano i giornali e cercavano qualche riscontro con quello che stavano sancendo le madri e i padri costituenti. Mi ricordo che una volta il partito socialista e quello comunista votarono in modo diverso sull’articolo 7 del Concordato.
Te lo ricordi bene…
Certo, lo ricordo benissimo. I socialisti, più laici, votarono contro l’introduzione del Concordato nella Costituzione, mentre Togliatti in particolare pensava che non avrebbe potuto mantenere in Italia un Pci forte se non avesse trovato un accordo con il Vaticano. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di mettere il Concordato nella Costituzione e così ci ritroviamo questo articolo 7.
Tu che ne pensi a proposito dell’articolo 7?
Se mi si chiedesse di voler cambiare qualcosa nella Costituzione, ecco io direi sì, perché la Costituzione non è un dogma. E uno degli articoli che vorrei cambiare è proprio l’articolo 7. Mi piacerebbe cominciare a raccogliere le firme per abrogare l’articolo 7 subito dopo aver vinto con il no. Dei Concordati non c’è più bisogno dopo il Concilio Vaticano II, sono un relitto del passato. Io sono favorevolissima al massimo della libertà religiosa, ma l’idea che per paura che i cattolici non siano perseguitati in Italia li si mettano sotto la protezione di un altro Stato, veramente fa ridere e piangere insieme.
Con l’abrogazione del Concordato verrebbero meno anche molti privilegi fiscali di cui gode la Chiesa…
Sarebbe praticamente un riequilibrio, perché la Chiesa dovrebbe pagare l’affitto di tutti i palazzi che occupa dove ci sono anche i ristoranti e da cui ricava profitti senza pagare nemmeno le tasse perché basta mettere una statuina e farne un luogo di culto. È una vera vergogna. E poi in ogni Paese i cattolici mantengono i loro preti, con le offerte magari detraibili dal fisco però tutto è regolato e limpido invece da noi la Chiesa si prende l’8xmille anche da quelli che pensano di non darglielo: il Concordato è davvero una pecca in una Costituzione peraltro assai bella. Tolto quel cappello dell’articolo 7 che impedisce all’Italia di essere un Paese laico, si potrebbe vedere tutto l’inghippo della Chiesa nella società italiana. Questa è una cosa da correggere assolutamente. E per questo io raccoglierei subito le firme.
Che cosa c’è poi che non va nella revisione costituzionale?
Con questa revisione promossa da Renzi, si vorrebbe uno stato centralistico, che si riprende tutte le competenze delle regioni e questo non lo tollero. Preferisco uno stato fondato sulle autonomie che uno stato centralistico. Si dice che i consiglieri regionali rubano, perché, i governi no? Se mai si deve riuscire a trovare la maniera di tenere sotto controllo l’attività politica pubblica, senza cambiare la Costituzione.
A proposito delle donne, la ministra Boschi ha polemizzato qualche tempo fa sul fatto che ci sono poche donne nel comitato del No. Tu che sei stata femminista che nei pensi?
Io non sono stata femminista, sono femminista!
Perfetto! Ma che cosa rispondi, è vero che le donne non si interessano dei problemi costituzionali?
No, se mai è il comitato che non si interessa delle donne. Non è che il Comitato del Sì brilli per presenza rilevanti di donne, ma siccome è assolutamente dominato da Renzi, sia uomini che donne restano negli angolini bui perché lui occupa tutti gli spazi. Ma il Comitato del No deve essere più attivo nel coinvolgere le donne. Le donne sono più numerose degli uomini e se non sono rappresentate dai comitati resta fuori la maggioranza dell’elettorato.
Bisogna sensibilizzare di più le donne?
No, le donne sono sensibili, bisognerebbe sensibilizzare di più il comitato. Al di là dell’impostazione accademica, la cosa da fare sarebbe una mobilitazione a tappeto con volantini semplici ed efficaci, non con documenti di 20 pagine in stretto linguaggio giuridico. Bisogna fare riunioni di caseggiato e soprattutto ascoltare le donne. Se non si fa così, si perde. Tutti questi illustrissimi personaggi e uomini politici che si sono autonominati comitato nazionale si decidessero a fare un po’ di lavoro pratico.
Come vedi la partecipazione delle forze di sinistra e del M5s? Sono attivi?
Sì, anzì, noto che in un periodo di grande distrazione politica e assenza di interesse, questo referendum riesce a scuotere anche le aree più grigie. Quindi bisognerà, dopo la vittoria del No, non far ricominciare la morta gora. Io intanto ho già cominciato a buttare l’idea di raccogliere le firme per abrogare il concordato…