I due senatori progressisti sono per un cambio alla testa dell'organizzazione dei democratici. E dicono a Trump: «Vuoi fare gli interessi della middle class? Siamo qui ad aspettare»

La sinistra democratica è più forte che mai ed è la parte del partito uscita senza ferite dalle elezioni: gli Stati persi da Clinton sono quelli dove Sanders aveva vinto e dove alcune questioni da lui poste sono più sentite. Per questo non si farà sfuggire l’occasione di dimostrare che a forza di flirtare con il potere, quella parte dei democratici alla Clinton, hanno finito per essere identificati con i miliardari. E sono stati puniti.

La prima battaglia che Bernie Sanders e i suoi preparano è quella per la leadership del Dnc, il Democratic National Commitee, la cui testa non è un segretario di partito, ma un coordinatore, stratega, organizzatore. Che però alloca risorse, lancia campagne, crea reti nazionali. Una figura chiave, insomma.

Ieri Bernie Sanders ha concesso la prima intervista tv dopo la vittoria di Trump. Parlando con la Cnn il senatore del Vermont ha detto: «Ero convinto che Clinton avrebbe vinto e non ha senso chiedersi se io avrei fatto meglio, se Trump lavorerà per la middle class, ci lavorerò assieme, se continuerà con razzismo, sessismo e xenofobia, mi opporrò furiosamente. Trump ha detto che sarà il campione dei lavoratori: bene, alzasse il salario minimo. Dobbiamo fare in modo che le lavoratrici guadagnino uguale ai lavoratori, ricostruire le infrastrutture e rivedere i trattati commerciali».  La sintesi è nel tweet qui sotto: «Se Trump dirigerà la rabbia del Paese verso le minoranze saremo il suo incubo peggiore».

Ma il tema non è il posizionamento rispetto a Trump: tutta la sinistra lo incalza su cose che ha sparato, tutto e il contrario di tutto, e chiede che dia seguito alle promesse in materia di economia. Irrealizzabili se vuole anche – come vuole fare – abbassare le tasse. Del resto, per il posto di Segretario al Tesoro si parla dell’ex Goldman Sachs Steven Mnuchin e dell’attuale amministratore delegato della banca d’affari Jamie Dimon. Non male per uno che ha fatto propaganda anti-sistema e usato i discorsi di Clinton rivolti proprio ai banchieri come argomento contro di lei.

Parlando del suo partito, Sanders ha detto che «è difficile sostenere di essere il campione dei lavoratori e della middle class se poi raccogli fondi dalle banche, dobbiamo cambiare modo di finanziarci, si sono milioni pronti a donare piccole cifre, come è successo durante la mia campagna ». Per il Dnc la sinistra democratica avanza la candidatura di Keith Ellison, eletto rappresentante del Minnesota, afroamericano. I gruppi liberal chiedono un partito più giovane e diverso. Con la preoccupazione però espressa da alcuni che l’eccesso di diversità sia costato qualcosa: «Dobbiamo rendere la diversità una forza, non una debolezza» ha scritto Debbie Dingell, rappresentante del Michigan, eletta in una contea dove risiedono molti musulmani. Non una somma di interessi delle comunità, insomma, ma un messaggio unificante. Obama ci era riuscito nel 2008.

La richiesta è quella di un Dnc più attivo, capace di condurre e coordinare campagne sul territorio e cose simili. Che non sia, insomma, solo una macchina di finanziamento per le campagne elettorali dei singoli candidati, come spesso accade. Tra le autocandidature, anche quella di Howard Dean, ex governatore del Vermont, e già a capo della struttura, con un certo successo organizzativo – e gran capacità di uso delle tecnologie – nei primi anni di Obama. Potrebbe essere una figura di mediazione: fa parte della leadership, è di sinistra.

Altra figura chiave (possibili competizioni in vista?) è Elizabeth Warren. Ha lo stesso posizionamento di Sanders. «Pronti a cooperare: ha promesso di fare la lotta alle banche? La faccia. Ma non tocchi la Sanità e non si metta a fare politiche xenofobe o noi risponderemo a ogni passo». Warren è forse la figura che in questo momento è più popolare assieme a Sanders, donna, origini umili, economista di alto livello, mette una passione ed un’emozione enorme nella sua attività ed è la nemica giurata di Wall Street. Una candidata potenzialmente ideale. Già se ne parla.

 

Il discorso di Warren ai sindacati il giorno dopo la sconfitta di Clinton