In Marocco l’ambulante di 31 anni che voleva difendere la sua merce sequestrata poteva essere un simbolo. Simile a quello di Bouazizi in Tunisia. Ma la Primavera araba è lontana e l’Islam radicale vicino

Una coppia che non parla, uno di fronte all’altra, senza guardarsi. Lei mangia un gelato sotto il velo rosa, lui guarda lontano, verso l’orizzonte, dal tetto del riad in questa città rossa che non sta mai zitta, dove per legge, mura e muri di ogni palazzo possono essere dipinti solo di tutte le sfumature dell’ocra. C’è tutto l’Islam che un occidentale può sopportare e tutto deve essere a sua misura, perché la prima fonte di profitto, per tutti qui intorno, sono i turisti con la loro pelle bianca in cerca di esotismo. Non ci sono orologi o persone che si chiedono che ora è. Le uniche lancette in giro sono quelle ferme sulla bancarella dell’antiquario che spinge il tavolo con le ruote lungo la piazza di Marrakesh, Jamaa el Fna, la più grande d’Africa, dove i berberi si sono mischiati agli arabi, poi agli africani e poi ai francesi. Jamaa, che non sta mai zitta, schiamazzi e urla, un Marocco in miniatura, ha una sola libreria all’angolo. Svelata e bruna, la commessa, con accanto i negozi di kebab, vende libri in francese sull’islam riformato. Di fronte, la polizia ha i fucili d’assalto puntati, e osserva.

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