È possibile coprire il rumore assordante delle bombe con il suono di un pianoforte? La risposta è ovviamente è no, ma questo non ha impedito a Aeham Ahmad di provarci lo stesso diventando famoso in tutto il mondo come “il leggendario pianista di Yarmouk”, un campo profughi palestinese alle porte di Damasco dove Aeham è nato 27 anni fa. Non è la stessa storia di Aleppo che vediamo raccontata su tv e giornali in queste ore, ma è una storia simile, un’altra faccia del dramma che sta sbriciolando la Siria.
Ogni giorno Aeham trascinava il suo pianoforte tra gli edifici ridotti in macerie in mezzo alla strada e, attorniato da uomini e ragazzi che cantavano, o accompagnato dal padre al violino, suonava per tentare di salvare e mettere al sicuro almeno un briciolo di umanità in quella guerra. Il giorno in cui i miliziani di Isis gli bruciano il pianoforte e uccidono uno dei bambini che stavano ascoltando la sua musica, Aeham decide di fuggire. Il suo viaggio è lo stesso di molti migranti, solo che a differenza di altri quello di Aeham è a lieto fine: arriva in Germania, acquisisce lo status di rifugiato, incontra Angela Merkel alla quale hanno raccontato la sua storia, soprattutto inizia a suonare nei teatri. Spesso con umiltà prima di esibirsi esordisce dicendo: «scusate non sono così bravo, ho imparato a suonare in Siria». E invece Aeham Ahmad è anche bravo e riesce a conquistare il pubblico tedesco diventando il primo artista a ricevere nel 2015 il Premio Beethoven, per il suo impegno in favore dei diritti umani. Ad agosto 2016 riesce addirittura a pubblicare il suo primo album intitolato “Music for hope”, 18 tracce che raccontano il dramma della guerra in Siria unendo in una sola anima lo stile classico occidentale al canto arabo.
Il 6 gennaio Aeham Ahmad inaugura la sua prima tournée italiana, la prima esibizione è prevista a Locorotondo (Ba), per proseguire il 7 gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 22 gennaio a Mestre, il 27 a Taranto, il 2 febbraio a Firenze e il 4 febbraio ad Aosta.

La storia di Aeham raccontata dal New York Times

È possibile coprire il rumore assordante delle bombe con il suono di un pianoforte? La risposta è ovviamente è no, ma questo non ha impedito a Aeham Ahmad di provarci lo stesso diventando famoso in tutto il mondo come “il leggendario pianista di Yarmouk”, un campo profughi palestinese alle porte di Damasco dove Aeham è nato 27 anni fa. Non è la stessa storia di Aleppo che vediamo raccontata su tv e giornali in queste ore, ma è una storia simile, un’altra faccia del dramma che sta sbriciolando la Siria.

Ogni giorno Aeham trascinava il suo pianoforte tra gli edifici ridotti in macerie in mezzo alla strada e, attorniato da uomini e ragazzi che cantavano, o accompagnato dal padre al violino, suonava per tentare di salvare e mettere al sicuro almeno un briciolo di umanità in quella guerra. Il giorno in cui i miliziani di Isis gli bruciano il pianoforte e uccidono uno dei bambini che stavano ascoltando la sua musica, Aeham decide di fuggire. Il suo viaggio è lo stesso di molti migranti, solo che a differenza di altri quello di Aeham è a lieto fine: arriva in Germania, acquisisce lo status di rifugiato, incontra Angela Merkel alla quale hanno raccontato la sua storia, soprattutto inizia a suonare nei teatri. Spesso con umiltà prima di esibirsi esordisce dicendo: «scusate non sono così bravo, ho imparato a suonare in Siria». E invece Aeham Ahmad è anche bravo e riesce a conquistare il pubblico tedesco diventando il primo artista a ricevere nel 2015 il Premio Beethoven, per il suo impegno in favore dei diritti umani. Ad agosto 2016 riesce addirittura a pubblicare il suo primo album intitolato “Music for hope”, 18 tracce che raccontano il dramma della guerra in Siria unendo in una sola anima lo stile classico occidentale al canto arabo.

Il 6 gennaio Aeham Ahmad inaugura la sua prima tournée italiana, la prima esibizione è prevista a Locorotondo (Ba), per proseguire il 7 gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 22 gennaio a Mestre, il 27 a Taranto, il 2 febbraio a Firenze e il 4 febbraio ad Aosta.

La storia di Aeham raccontata dal New York Times