Circa diecimila persone in 750 comitati in tutta Italia. Ora gli obiettivi sono: vigilare sulla legge elettorale perché garantisca i principi costituzionali e i referendum della Cgil anti Jobs act. Il 21 gennaio assemblea nazionale a Roma.

No, non si sciolgono. Anzi. Rimangono in pista per proporre  idee e soluzioni (come per la legge elettorale) tutto nel rigoroso solco dell’applicazione della Costituzione. Sono i Comitati per il No al referendum che, incassato il successo con il 60 per cento dei No al ddl Renzi Boschi, hanno deciso di andare avanti. E non sono solo i “professoroni” dileggiati da Renzi e compagni. Spessissimo, nei territori sono formati da esponenti dei partiti della sinistra extra Pd. Circa diecimila persone in tutta Italia dal Veneto alla Sicilia senza clamore si stanno mobilitando per continuare la battaglia. Con questi obiettivi: vigilare sulla legge elettorale e appoggiare i referendum anti Jobs act della Cgil.

La decisione di continuare a lavorare è venuta dalla riunione del 14 dicembre scorso a Roma ai cui hanno partecipato i rappresentanti del Comitato per il No al referendum costituzionale quelli del Comitato anti Italicum che si è costituito, ricordiamo, già nel 2015, all’entrata in vigore della legge elettorale solo per la Camera (perché il Senato si dava già “tagliato” dalla revisione costituzionale). E sono proprio i ricorsi presentati alla fine del 2015 ai Tribunali da questa rete di legali e cittadini che ha prodotto l’udienza della Corte Costituzionale fissata il prossimo 24 gennaio.  Ma prima di quel giorno, il 21 gennaio, si terrà a Roma un’assemblea nazionale di tutti i comitati per il No, 750 in tutta Italia. Qual è adesso l’obiettivo del Comitato del No? «Siamo stati tutti d’accordo nell’affrontare il tema della legge elettorale in quanto momento fondamentale nella democrazia costituzionale. Chi fa una legge elettorale fa una costituzione materiale e bisogna vigilare affinché garantisca il diritto dei cittadini a essere rappresentati», dice Domenico Gallo, che è stato tra i primi a dare vita al Comitato per la democrazia costituzionale nato subito dopo l’approvazione dell’Italicum.

Durante la riunione è stato deciso di costituire un gruppo di lavoro di cui fanno parte costituzionalisti come Massimo Villone, Mauro Volpi, Gaetano Azzariti, Alessandro Pace, Francesco Bilancia, gli avvocati Besostri e Palumbo. Dovranno redigere una carta dei principi a cui una futura legge elettorale dovrebbe ispirarsi. Gallo aggiunge che i Comitati faranno pressione in qualche modo, con iniziative nei territori e anche con una petizione da inviare in Parlamento. Ma se i tempi saranno accelerati, come sembra, per andare il prima possibile alle elezioni, come del resto ha “annunciato” a modo suo il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, cosa può fare il comitato di giuristi? «Se le camere saranno sciolte cercheremo di farci ascoltare nelle audizioni delle commissioni parlamentari», continua Gallo.

I territori scalpitano. Lo testimonia da Venezia l’avvocata Silvia Manderino, vicepresidente del Comitato anti Italicum. La penalista spiega che in Veneto ci sono 28 comitati, solo a Venezia gli iscritti sono 190. «Adesso poi c’è una novità. Il Comitato è diventato interregionale, visto che si è unificato con quello del Friuli Venezia Giulia». Il fenomeno di accorpare i singoli comitati cittadini e provinciali in uno regionale sta avvenendo anche in Toscana, in Piemonte e in Emilia Romagna.

E nessuna influenza della Lega. «Sta scherzando? Sono tutti fuori, non hanno nemmeno provato a entrare nei nostri Comitati dove siamo tutti di sinistra», dice ridendo l’avvocata Manderino. E così avviene che rappresentanti di partiti come Rifondazione comunista, l’Altra Europa per Tsipras, Sinistra Italiana ma anche Possibile di Civati, facciano parte dei comitati veneti, trovando “nel merito” della difesa della Costituzione un punto in comune. Insieme a Arci, Anpi e Cgil. Chissà cosa accadrà, vedremo…

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