Mercoledì 21 dicembre una trentina di ragazzi del mondo associativo e della ricerca hanno condotto un’azione di protesta presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in via Vittorio Veneto, a Roma. Target dell’iniziativa? Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro che lunedì scorso, durante un incontro a Fano, aveva commentato in maniera "infelice" il fenomeno dei cosiddetti “cervelli in fuga”: «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». L’azione di protesta – un “flash mob” – si è svolta intorno alle 13:15 e ha visto la simbolica consegna al ministro di un biglietto d’aereo di «sola andata»: destinazione, «a quel Paese». Sui social network l'iniziativa è accompagnata dal hashtag #PolettiFuoriDaiPiedi. I giovani che anno guidato l’azione di protesta - per lo più provenienti dal mondo associativo Arci e dal network Act – hanno così voluto dare voce all’indignazione di una larga fascia di cittadini italiani, residenti nel Belpaese, ma anche all’estero. «Le dichiarazione di Poletti sono offensive e indignano una generazione che è stata condannata a un futuro di precarietà dal suo governo e quelli degli ultimi 20 anni di politica italiana», ha sottolineato Alberto Campailla, 27, attivista di Act e promotore dell'iniziativa. «Su Poletti e sul suo governo grava la responsabilità del fallimento del Jobs Act che ha portato a un incremento della precarietà. Lo dimostrano i dati dell'Istat che indicano un aumento del 32 per cento nell'utilizzo dei voucher come strumento di retribuzione». img_3283 I partecipanti dell'iniziativa hanno quindi chiamato i propri coetanei a difendere la dignità sociale di una generazione di fronte alle parole del ministro. Giulia Pavan, 29, ricercatrice alla School of Economics di Tolosa, in Francia, ha dichiarato megafono in mano, che «certi messaggi non si possono lasciar passare da un punto di vista culturale. Bisogna alzare la voce e battersi contro la denigrazione della ricerca, una tendenza che in Italia va avanti da più di 20 anni ormai». Il flash mob di oggi dà seguito allo spirito dell'iniziativa "Costruiamo l'Alternativa", svoltasi domenica scorsa a Bologna. In quell'occasione, un'assemblea di 500 persone - tra cittadini, rappresentanti dei network universitari, dell'Arci e di Act - ha lanciato un segnale forte per rimettere al centro della politica italiana la generazione che, più di tutte, sta soffrendo le conseguenze della crisi economica. Proprio ieri, su l’Espresso, è stata pubblicata una lettera aperta al ministro, firmata da Marta Fana, una ricercatrice italiana residente a Parigi. Poco prima, Poletti aveva diramato le sue scuse ufficiali e invitato gli italiani emigrati all'estero di rientrare in Italia. Commentando il secondo intervento del ministro, Giulia Pavan ha commentato: «Parole inutili. Noi ricercatori all'estero siamo coscienti del fatto che, probabilmente, non torneremo mai».

Mercoledì 21 dicembre una trentina di ragazzi del mondo associativo e della ricerca hanno condotto un’azione di protesta presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in via Vittorio Veneto, a Roma. Target dell’iniziativa? Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro che lunedì scorso, durante un incontro a Fano, aveva commentato in maniera “infelice” il fenomeno dei cosiddetti “cervelli in fuga”: «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi».

L’azione di protesta – un “flash mob” – si è svolta intorno alle 13:15 e ha visto la simbolica consegna al ministro di un biglietto d’aereo di «sola andata»: destinazione, «a quel Paese». Sui social network l’iniziativa è accompagnata dal hashtag #PolettiFuoriDaiPiedi.

I giovani che anno guidato l’azione di protesta – per lo più provenienti dal mondo associativo Arci e dal network Act – hanno così voluto dare voce all’indignazione di una larga fascia di cittadini italiani, residenti nel Belpaese, ma anche all’estero.

«Le dichiarazione di Poletti sono offensive e indignano una generazione che è stata condannata a un futuro di precarietà dal suo governo e quelli degli ultimi 20 anni di politica italiana», ha sottolineato Alberto Campailla, 27, attivista di Act e promotore dell’iniziativa. «Su Poletti e sul suo governo grava la responsabilità del fallimento del Jobs Act che ha portato a un incremento della precarietà. Lo dimostrano i dati dell’Istat che indicano un aumento del 32 per cento nell’utilizzo dei voucher come strumento di retribuzione».

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I partecipanti dell’iniziativa hanno quindi chiamato i propri coetanei a difendere la dignità sociale di una generazione di fronte alle parole del ministro. Giulia Pavan, 29, ricercatrice alla School of Economics di Tolosa, in Francia, ha dichiarato megafono in mano, che «certi messaggi non si possono lasciar passare da un punto di vista culturale. Bisogna alzare la voce e battersi contro la denigrazione della ricerca, una tendenza che in Italia va avanti da più di 20 anni ormai».

Il flash mob di oggi dà seguito allo spirito dell’iniziativa “Costruiamo l’Alternativa”, svoltasi domenica scorsa a Bologna. In quell’occasione, un’assemblea di 500 persone – tra cittadini, rappresentanti dei network universitari, dell’Arci e di Act – ha lanciato un segnale forte per rimettere al centro della politica italiana la generazione che, più di tutte, sta soffrendo le conseguenze della crisi economica.

Proprio ieri, su l’Espresso, è stata pubblicata una lettera aperta al ministro, firmata da Marta Fana, una ricercatrice italiana residente a Parigi. Poco prima, Poletti aveva diramato le sue scuse ufficiali e invitato gli italiani emigrati all’estero di rientrare in Italia. Commentando il secondo intervento del ministro, Giulia Pavan ha commentato: «Parole inutili. Noi ricercatori all’estero siamo coscienti del fatto che, probabilmente, non torneremo mai».