Analisi di un movimento che ha rappresentato la “, maggioranza invisibile”, dice Emanuele Ferragina ma che adesso si trova incapace di idee credibili. Parlano Roberto Biorcio, Ugo Mattei, Nadia Urbinati e l'ex sindaco di Roma Ignazio Marino dice la sua sul Campidoglio

Il referendum costituzionale ha sollevato il velo su un’Italia che sta male, un Paese che è in crisi economica e sociale. I circa 20 milioni di cittadini che hanno votato No al progetto di revisione costituzionale di Matteo Renzi chiedono un cambiamento vero. A dare una prova di questo profondo disagio c’è il rapporto Bes 2016 (Rapporto benessere equo e sostenibile) dell’Istat. Cifre, grafici che forniscono la vera fotografia dell’Italia, non quella edulcorata della narrazione renziana. Di questo parliamo nella cover di Left in uscita, questa settimana, il 23 dicembre. Ma se il Paese è in crisi, mai come in questo periodo, anche la politica dimostra di non star bene. Si avverte la solitudine di chi si è impegnato nella campagna, come scrive Nadia Urbinati. «Un risvegliarsi nel vuoto della vita pubblica». Inutile aspettarsi qualcosa dal Pd, che recuperi « la sua natura di partito di partecipazione, di critica e di governo». Ma d’altro canto «non meno irrealistico è sperare nel M5s, un non-partito della cui pochezza non solo organizzativa, ma soprattutto ideale, purtroppo le conseguenze sono sotto i nostri occhi», scrive la politologa. Logico che in questo periodo – segnato dalla vicenda Campidoglio, ampiamente ricostruita nelle nostre pagine – l’attenzione si concentri sui Cinque stelle. E su Roma, come l’ex sindaco Ignazio Marino in una lunga intervista, in cui denuncia il consociativismo di destra e Pd che lui aveva tentato di spezzare e che rivede oggi, con la giunta Raggi. Di Cinque stelle parla anche Emanuele Ferragina il quale sostiene che sì, è vero, il Movimento di Grillo e Casaleggio «ha compiuto un’operazione straordinaria, portando alla ribalta alcune istanze della “maggioranza invisibile”». Ma anche Ferragina sostiene che il Movimento «sembra incapace» di dare concretezza al voto, occorrono competenze e idee credibili. Per il giurista Ugo Mattei, tra i primi a lavorare sui Beni comuni insieme a Stefano Rodotà, il problema è che gli italiani proprio non vogliono sentir parlare di un nuovo voto. Dicendo No al progetto costituzionale di Renzi, non hanno detto automaticamente di volere nuove elezioni. Del resto, come testimonia il Rapporto Bes, nel Paese è diffusa una grande sfiducia nei confronti dei partiti. Che però, secondo Roberto Biorcio, sociologo che ha studiato sia i populismi, il M5s e l’associazionismo in Italia, non significa «apatia o disinteresse». Anzi, come ha dimostrato il referendum, i cittadini hanno una gran voglia di partecipare. Una partecipazione diversa, è stata quella dell’assemblea nazionale che si è svolta a Bologna il 18 dicembre. “Costruire l’alternativa” il tema della giornata convocata non tanto dai Vip della sinistra a sinistra del Pd, ma dalle “seconde file” dai militanti che  si sono impegnati nella campagna referendaria e ancora prima di conoscere il risultato del voto, il 3 dicembre, avevano convocato questo appuntamento per non disperdere le energie. Perché un obiettivo, come si racconta su Left, c’è: presentarsi come “quarto polo” alle prossime elezioni.

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