Non c’è un uomo solo o una donna dell’anno per noi di Left, ci sono uomini e donne dell’anno, tanti e sparsi nel mondo. Con quell’idea di umanità di cui scriviamo ogni numero. Un’umanità che non si concepisce se non insieme. Tutti sani, tutti salvi. “Si prega di non chiudere gli occhi” vi urliamo ancora una volta. I nostri eroi del 2016 sono civili, come noi, che salvano civili, come noi. Sono i Caschi Bianchi, 3.026 tra uomini e donne che, ad oggi, hanno tirato fuori dalle macerie dell’Olocausto siriano 72mila vite umane. «Sono un insegnante di inglese. Lo sono, lo ero. Quando ho cominciato a fare questo ho pensato: lo farò per un mese e finirà. Pensavo che sarei tornato al mio lavoro. Poi ho pensato: lo farò per sei mesi. Poi ho detto: durerà per un anno. Era tre anni fa». Così ci ha racconta Ammar, caposquadra dei Caschi Bianchi di Aleppo che ancora oggi, «insieme ad altri: avvocati, insegnanti, camerieri, fornai, barbieri, pompieri, gente che faceva qualsiasi tipo di lavoro, abbiamo scelto la defezione. Quando il regime ci ha chiamato a combattere, non siamo andati». Sono andati da Aleppo a Idlib, senza armi, sotto quei caschi bianchi. E non si sono più fermati. C’è una poesia del turco Nazim Hikmet che parla e parlerà sempre dei Caschi Bianchi di oggi e di noi, di un’idea di umanità e di mondo che fa le cose per nulla e per tutti che vi dedichiamo in questo penultimo giorno del 2016 per raccontarvi del prossimo 2017. Che passeremo con il cuore sparso per l’intero mondo, perché: «Se qui c’è la metà del mio cuore, dottore, l’altra metà sta in Cina nella lunga marcia verso il Fiume Giallo. E poi ogni mattina, dottore, ogni mattina all’alba il mio cuore lo fucilano in Grecia. E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno quando gli ultimi passi si allontanano dall’infermeria il mio cuore se ne va, dottore, se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul...» Dal carcere raccontava ancora Hikmet al suo dottore: «guardo la notte attraverso le sbarre e malgrado tutti questi muri che mi pesano sul petto il mio cuore batte con la stella più lontana». Così anche il nostro di cuore. Sempre con la stella più lontana. Buon anno nuovo a tutti! [su_divider text="In edicola" style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

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Non c’è un uomo solo o una donna dell’anno per noi di Left, ci sono uomini e donne dell’anno, tanti e sparsi nel mondo. Con quell’idea di umanità di cui scriviamo ogni numero. Un’umanità che non si concepisce se non insieme. Tutti sani, tutti salvi. “Si prega di non chiudere gli occhi” vi urliamo ancora una volta. I nostri eroi del 2016 sono civili, come noi, che salvano civili, come noi. Sono i Caschi Bianchi, 3.026 tra uomini e donne che, ad oggi, hanno tirato fuori dalle macerie dell’Olocausto siriano 72mila vite umane. «Sono un insegnante di inglese. Lo sono, lo ero. Quando ho cominciato a fare questo ho pensato: lo farò per un mese e finirà. Pensavo che sarei tornato al mio lavoro. Poi ho pensato: lo farò per sei mesi. Poi ho detto: durerà per un anno. Era tre anni fa». Così ci ha racconta Ammar, caposquadra dei Caschi Bianchi di Aleppo che ancora oggi, «insieme ad altri: avvocati, insegnanti, camerieri, fornai, barbieri, pompieri, gente che faceva qualsiasi tipo di lavoro, abbiamo scelto la defezione. Quando il regime ci ha chiamato a combattere, non siamo andati». Sono andati da Aleppo a Idlib, senza armi, sotto quei caschi bianchi. E non si sono più fermati.

C’è una poesia del turco Nazim Hikmet che parla e parlerà sempre dei Caschi Bianchi di oggi e di noi, di un’idea di umanità e di mondo che fa le cose per nulla e per tutti che vi dedichiamo in questo penultimo giorno del 2016 per raccontarvi del prossimo 2017. Che passeremo con il cuore sparso per l’intero mondo, perché:

«Se qui c’è la metà del mio cuore, dottore,
l’altra metà sta in Cina
nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
E poi ogni mattina, dottore,
ogni mattina all’alba
il mio cuore lo fucilano in Grecia.
E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
quando gli ultimi passi si allontanano
dall’infermeria
il mio cuore se ne va, dottore,
se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul…»

Dal carcere raccontava ancora Hikmet al suo dottore:

«guardo la notte attraverso le sbarre
e malgrado tutti questi muri
che mi pesano sul petto
il mio cuore batte con la stella più lontana».

Così anche il nostro di cuore. Sempre con la stella più lontana. Buon anno nuovo a tutti!

Left è in edicola dal 30 dicembre con questo ed altri articoli

 

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