Nel 1989, negli anni in cui il Muro di Berlino cadeva e una nuova classe dirigente dell'Europa dell'est si forgiava, Viktor Orban era a Oxford. Grazie a una borsa pagata da George Soros, l'attuale premier e leader della destra ungherese ha passato un anno nella città universitaria tra le più prestigiose del pianeta, per poi tornarsene a Budapest e venire eletto deputato nelle fila di Fidesz, il partito che ancora oggi guida. Nel 1989 il gruppo di studenti anti-sovietici vinse anche il premio Rafto per i diritti umani, creato dal governo norvegese. Oggi Fidesz è al potere, ha cambiato completamente natura, scegliendo di smettere di essere un partito liberale e divenendo una forza populista e conservatrice e Orban ha deciso di dare la caccia a tutto quel che si muove nella società civile ed ha un legame con qualche Paese o entità estera. Specificatamente, l'idea è quella di mettere pressione sulle organizzazioni della società civile finanziate da Open Society, la fondazione del miliardario americano di origini ungheresi. Una legge in discussione in Parlamento prevede che le organizzazioni e i quadri dirigenti delle stesse debbano rendere pubblici i loro bilanci e redditi. Un modo per mettere pressione e per dimostrare quanto queste dipendano da soldi stranieri. Dopo l'elezione di Donald Trump - anche egli un nemico dichiarato del miliardario - il premier Orban aveva detto più o meno: «Molti Paesi ora potranno cacciare Soros». Szilard Nemeth, uno dei quattro vicepresidenti del partito di Orban (nella foto mentre assiste al giuramento dei "cacciatori di frontiera" il corpo di guardia anti immigrazione), questa settimana ha invece detto: «Spazzeremo via Soros dall'Ungheria, ci sono le condizioni internazionali adesso». Un portavoce del governo ha spiegato al Guardian che forse Nemeth si è espresso con toni eccessivi ma che l'idea è quella: «Visibilmente comincia una nuova era e anche da parte di Washington, si avrà un diverso tipo di opinione, un diverso tipo di attenzione per quanto riguarda determinati problemi», ha detto Zoltán Kovács, aggiungendo che le critiche della gestione di Obama alla politica dell'Ungheria verso le Ong  hanno reso «inutilmente tese» le relazioni tra i Paesi. Lo stesso portavoce ha spiegato che i Paesi dell'est non finanziano Ong in Gran Bretagna e che, se lo facessero, la cosa desterebbe scandalo. La verità è che Open Society ha speso molto in Europa dell'est, ma anche in Europa occidentale - sulla crisi dei rifugiati, ad esempio - e che lo ha fatto in maniera piuttosto trasparente. Il governo ungherese difende le proprie scelte citando gli esempi russi e israeliano che hanno politiche simili per le stesse ragioni: mostrare che la società civile che si batte per i diritti civili o per la libertà di stampa (o per i palestinesi) è in realtà al soldo degli stranieri. Fidesz sostiene infatti che le Ong siano «organizzazioni politiche mascherate», in quanto criticano il governo in materia di gestione dei rifugiati o, appunto quella di stampa. «Prima il governo ha indebolito le istituzioni democratiche, come la Corte Costituzionale, poi hanno decimato la stampa e ora dichiarano guerra alle Ong watchdog che hanno indagano e denunciano gli abusi di potere di potere» ha detto Andras Kadar al Financial Times, co-presidente del Comitato di Helsinki ungherese, una delle tre grandi organizzazioni che riceve finanziamenti da Soros e che è nella lista stilata dagli alleati di Orban. Bbc riferisce che in queste Ong hanno smesso di fare riunioni su temi scottanti per paura di avere cimici in ufficio. Non proprio un clima sereno, per un Paese europeo. E certo, Soros è intervenuto molto - e pubblicamente - sull'Ucraina. Ma la verità è che certi gruppi finanziati in Ungheria e altrove fanno quello che fanno migliaia di organizzazioni della società civile in ogni angolo del mondo: cani da guardia della democrazia e protezione delle categorie deboli. E che questo ruolo, se non è svolto come quello di dame di carità che non dicono nulla sulla situazione del Paese non piace a Orban e compagni. Nel 2014 Orban se la prese con Ong finanziate da un piano del governo norvegese. Lo stesso che aveva premiato Fidesz quando era una banda di studenti che volevano rovesciare il regime filo sovietico. Come cambiano le cose.  

Nel 1989, negli anni in cui il Muro di Berlino cadeva e una nuova classe dirigente dell’Europa dell’est si forgiava, Viktor Orban era a Oxford. Grazie a una borsa pagata da George Soros, l’attuale premier e leader della destra ungherese ha passato un anno nella città universitaria tra le più prestigiose del pianeta, per poi tornarsene a Budapest e venire eletto deputato nelle fila di Fidesz, il partito che ancora oggi guida. Nel 1989 il gruppo di studenti anti-sovietici vinse anche il premio Rafto per i diritti umani, creato dal governo norvegese.

Oggi Fidesz è al potere, ha cambiato completamente natura, scegliendo di smettere di essere un partito liberale e divenendo una forza populista e conservatrice e Orban ha deciso di dare la caccia a tutto quel che si muove nella società civile ed ha un legame con qualche Paese o entità estera. Specificatamente, l’idea è quella di mettere pressione sulle organizzazioni della società civile finanziate da Open Society, la fondazione del miliardario americano di origini ungheresi.

Una legge in discussione in Parlamento prevede che le organizzazioni e i quadri dirigenti delle stesse debbano rendere pubblici i loro bilanci e redditi. Un modo per mettere pressione e per dimostrare quanto queste dipendano da soldi stranieri. Dopo l’elezione di Donald Trump – anche egli un nemico dichiarato del miliardario – il premier Orban aveva detto più o meno: «Molti Paesi ora potranno cacciare Soros». Szilard Nemeth, uno dei quattro vicepresidenti del partito di Orban (nella foto mentre assiste al giuramento dei “cacciatori di frontiera” il corpo di guardia anti immigrazione), questa settimana ha invece detto: «Spazzeremo via Soros dall’Ungheria, ci sono le condizioni internazionali adesso». Un portavoce del governo ha spiegato al Guardian che forse Nemeth si è espresso con toni eccessivi ma che l’idea è quella: «Visibilmente comincia una nuova era e anche da parte di Washington, si avrà un diverso tipo di opinione, un diverso tipo di attenzione per quanto riguarda determinati problemi», ha detto Zoltán Kovács, aggiungendo che le critiche della gestione di Obama alla politica dell’Ungheria verso le Ong  hanno reso «inutilmente tese» le relazioni tra i Paesi. Lo stesso portavoce ha spiegato che i Paesi dell’est non finanziano Ong in Gran Bretagna e che, se lo facessero, la cosa desterebbe scandalo. La verità è che Open Society ha speso molto in Europa dell’est, ma anche in Europa occidentale – sulla crisi dei rifugiati, ad esempio – e che lo ha fatto in maniera piuttosto trasparente.

Il governo ungherese difende le proprie scelte citando gli esempi russi e israeliano che hanno politiche simili per le stesse ragioni: mostrare che la società civile che si batte per i diritti civili o per la libertà di stampa (o per i palestinesi) è in realtà al soldo degli stranieri. Fidesz sostiene infatti che le Ong siano «organizzazioni politiche mascherate», in quanto criticano il governo in materia di gestione dei rifugiati o, appunto quella di stampa. «Prima il governo ha indebolito le istituzioni democratiche, come la Corte Costituzionale, poi hanno decimato la stampa e ora dichiarano guerra alle Ong watchdog che hanno indagano e denunciano gli abusi di potere di potere» ha detto Andras Kadar al Financial Times, co-presidente del Comitato di Helsinki ungherese, una delle tre grandi organizzazioni che riceve finanziamenti da Soros e che è nella lista stilata dagli alleati di Orban. Bbc riferisce che in queste Ong hanno smesso di fare riunioni su temi scottanti per paura di avere cimici in ufficio.

Non proprio un clima sereno, per un Paese europeo. E certo, Soros è intervenuto molto – e pubblicamente – sull’Ucraina. Ma la verità è che certi gruppi finanziati in Ungheria e altrove fanno quello che fanno migliaia di organizzazioni della società civile in ogni angolo del mondo: cani da guardia della democrazia e protezione delle categorie deboli. E che questo ruolo, se non è svolto come quello di dame di carità che non dicono nulla sulla situazione del Paese non piace a Orban e compagni.

Nel 2014 Orban se la prese con Ong finanziate da un piano del governo norvegese. Lo stesso che aveva premiato Fidesz quando era una banda di studenti che volevano rovesciare il regime filo sovietico. Come cambiano le cose.