Anche una come Ilda Boccassini, che per storia professionale deve avere ormai uno stomaco forte, ha detto in non avere mai visto «un orrore simile in 40 anni di carriera». Eppure la storia merita di essere raccontata, nonostante i conati, perché è una lezione di dolore che andrebbe urlata nelle orecchie a chi pontifica di profughi nullafacenti e che vengono da noi per trovare l'America. Perché prima di sputare sui profughi forse conviene studiare l'orrore. L'inferno porta il nome di Osman Matammud, somalo ventiduenne trafficante di uomini con base a Bani Walid, Libia, dove un centro illegale di raccolta migranti riunisce coloro che cercano di partire (con rotte anche italiane) per scappare dall'inferno. I centri illegali di raccolta migranti sono le basi dei trafficanti che organizzano il viaggio: si resta lì reclusi finché il pagamento non è stato onorato. E le testimonianze riportano alle ferite più profonde della storia: botte, scariche elettriche, bastonate con mazze di ferro, violenze sessuali e omicidi sono all'ordine del giorno. «Se non arrivano i soldi - ha raccontato un testimone - si viene ammazzati di botte davanti a tutti e il cadavere rimane lasciato a terra per giorni per essere un monito per tutt». 7 mila euro costa il viaggio della salvezza (dalla Somalia all’Etiopia poi in Sudan e in Libia fino in Italia) e, tra le tappe, capita incontrare chi come Matammud gestiva una vera e propria "stanza delle torture". «Quasi tutte le notti veniva a violentarmi, per tutto il periodo che sono stata lì», ha raccontato un'altra testimone. Sì perché le indagini su Osman Matammud sono in carico alla Procura di Milano poiché proprio a Milano alcuni profughi l'hanno riconosciuto per strada. Il che ci racconta, tra l'altro, che le vittime di quelle torture, i sopravvissuti sarebbe meglio dire, sono qui, a Milano e nel resto d'Italia, a leccarsi le ferite ascoltando qualcuno che ancora insiste nel dirci che non c'è nessuna guerra, non c'è nessuna povertà, non scappano da nulla. E chissà come ridono a sentire queste cazzate i carcerieri come Osman Matammud. Buon mercoledì.

Anche una come Ilda Boccassini, che per storia professionale deve avere ormai uno stomaco forte, ha detto in non avere mai visto «un orrore simile in 40 anni di carriera». Eppure la storia merita di essere raccontata, nonostante i conati, perché è una lezione di dolore che andrebbe urlata nelle orecchie a chi pontifica di profughi nullafacenti e che vengono da noi per trovare l’America. Perché prima di sputare sui profughi forse conviene studiare l’orrore.

L’inferno porta il nome di Osman Matammud, somalo ventiduenne trafficante di uomini con base a Bani Walid, Libia, dove un centro illegale di raccolta migranti riunisce coloro che cercano di partire (con rotte anche italiane) per scappare dall’inferno. I centri illegali di raccolta migranti sono le basi dei trafficanti che organizzano il viaggio: si resta lì reclusi finché il pagamento non è stato onorato. E le testimonianze riportano alle ferite più profonde della storia: botte, scariche elettriche, bastonate con mazze di ferro, violenze sessuali e omicidi sono all’ordine del giorno. «Se non arrivano i soldi – ha raccontato un testimone – si viene ammazzati di botte davanti a tutti e il cadavere rimane lasciato a terra per giorni per essere un monito per tutt». 7 mila euro costa il viaggio della salvezza (dalla Somalia all’Etiopia poi in Sudan e in Libia fino in Italia) e, tra le tappe, capita incontrare chi come Matammud gestiva una vera e propria “stanza delle torture”. «Quasi tutte le notti veniva a violentarmi, per tutto il periodo che sono stata lì», ha raccontato un’altra testimone.

Sì perché le indagini su Osman Matammud sono in carico alla Procura di Milano poiché proprio a Milano alcuni profughi l’hanno riconosciuto per strada. Il che ci racconta, tra l’altro, che le vittime di quelle torture, i sopravvissuti sarebbe meglio dire, sono qui, a Milano e nel resto d’Italia, a leccarsi le ferite ascoltando qualcuno che ancora insiste nel dirci che non c’è nessuna guerra, non c’è nessuna povertà, non scappano da nulla. E chissà come ridono a sentire queste cazzate i carcerieri come Osman Matammud.

Buon mercoledì.